Florence Noiville, "Quella sottile affinità" - La recensione
Riscrivere Lolita dal punto di vista femminile. Florence Noiville, ex brillante economista "salvata dalla letteratura" e sensibile interprete della dinamica bipolare madre-figlia nel romanzo d'esordio La donazione, torna con una novella densa di complicazioni emotive.
Quella sottile affinità ha la struttura di un falso romanzo epistolare. Come una moderna Persefone, Anna segue a ritroso le tracce di un'ombra, sua madre Marie precocemente scomparsa, a partire dal ritrovamento di una vecchia lettera indirizzata a un misterioso H.: una lettera mai spedita. Nella finzione narrativa i brani della lettera si alternano al racconto di Anna in presa diretta, ai suoi incontri con persone da cui apprendiamo diverse versioni dei fatti. Quale sarà la verità? Quale delle vite di Marie corrisponde al vero?
In scene brevi e palpitanti, i quadri esistenziali abbracciano l'intera gamma dei rapporti amorosi. Pagina dopo pagina la bipolarità madre-figlia si frantuma in una miriade di opposti. Amore e morte, giovinezza e vecchiaia, passato e futuro, seduzione e rimorso, arte e vita. Solo provando a ricomporli Anna riuscirà a intravedere la "figura nel tappeto", il nucleo affettivo dell'Io sbriciolato di Marie, interrogandosi nel frattempo sul proprio destino di donna all'interno di un quadro evolutivo che coinvolge quattro generazioni.
Il senso di ansietà cresce con il progressivo disvelamento della "dissoluzione morale", come l'avrebbe chiamata Walter Benjamin, che costituisce il misterioso nocciolo di questo romanzo. Le sue ragioni sono estranee alla rottura delle convenzioni sociali, al deterioramento dei rapporti di parentela, alle forze di attrazione, repulsione e seduzione di stampo maschile e femminile, all'ipnosi che l'arte esercita sulla vita. Tutti questi sono i motivi espliciti, manifesti. Come in una seduta psicoanalitica corale, sono il sedimento della memoria, o forse dell'immaginazione.
Il simbolismo profondo di Quella sottile affinità allude invece a un modo fatale della vita che stringe in una morsa tutti i protagonisti (e per estensione noi tutti). Goethianamente, la parola affinità è correlata infatti al carattere e al destino. Un essere in fuga, dicono gli altri di Marie. Era una ragazza che sentiva di non essere mai al suo posto. A diciassette anni la sorte, più che una scelta, le regalò un chiave per aprire l'abisso: al carismatico professore d'italiano affidò il cuore, il cervello e un corpo in sboccio. Il magico pifferaio la cui parola era un canto: "l'arte che protegge dalla verità che uccide".
Non fu, non è il sesso a scioccare, ma l'innamoramento. A scioccare è il tempo disconnesso, la rinuncia al futuro, il sacrificio della costruzione. Gli appuntamenti mancati. Non aspettare niente. Gli interlocutori di Anna, dalla anziana madre ai vecchi amici della madre, esprimono tutti lo stesso disagio che somiglia al bisogno di una espiazione. Chi può dire che si trattò di una semplice ossessione, di uno sbaglio, una "near life experience", un gioco morboso alla Arendt/Heidegger? È il destino che ci travolge. Tutti in ogni istante possiamo caderne vittima, tutti abbiamo qualcosa da nascondere, tanto è vero che Anna è sfiorata addirittura dall'idea di venire corteggiata da un ex spasimante della madre, che la zia professoressa lascia sottintendere i piaceri dell'adulazione da parte dei suoi studenti.
C'è come un senso di colpa ereditato dalla stessa vita. È il tranello della ripetizione. Aiutami a lasciarti, dice a un certo punto Marie ad H. Aiutami a trovarti, è come se dicesse Anna nel suo dialogo immaginario con la madre. Ma quello che trova al culmine della ricerca è una dolorosa riattivazione della scena primaria, con l'intero parco degli affetti, erotici e parentali, ad attuare le medesime strategie di seduzione e i meccanismi proiettivi di un tempo. Anche i migliori hanno qualcosa da nascondere, perché la vita è fatta di tanti piccoli momenti di ipnosi. Come spiegare altrimenti 7 anni di dipendenza da una persona spazzati via in pochi minuti da un colpo di fulmine?
Quella sottile affinità è, per usare una formula baudelairiana, un libro vero perché immorale. Con spietata levità, costringe a guardare in faccia le verità che ci si affanna a rimuovere con dedizione sacrificale. La passione che ti imprigiona e il desiderio che ti stringe, la miope illusione di purezza e fusione. Ovvero il grande inganno degli amanti, un inganno che profuma di incesto.
Florence Noiville
Quella sottile affinità
Garzanti
168 pp., 14,90 euro