Gianni Lettieri, ha risanato Atitech, ora vuole salvare Napoli
Rimessa in sesto l'azienda ex-Alitalia, l'imprenditore si prepara ora a sfidare il sindaco De Magistris
Sei anni fa stava per chiudere, oggi è in attivo, ha cassa positiva e non ha debiti.
“Ma non chiamatelo ‘miracolo’ e basta: Atitech, è un miracolo napoletano”, dice Gianni Lettieri, l’imprenditore che nel 2009 accettò la “mission impossible” di salvare l’ultimo “pezzo” della vecchia Alitalia che la cordata Colaninno non voleva rilevare. Atitech sta a Capodichino, nell’area dell’aeroporto di Napoli, fa manutenzione per tutta la flotta Alitalia a medio raggio e – tra gli altri – per la Mistral Air, ma anche per Air Berlin, Air Arabia, Meridiana.
In questi giorni sta trattando con l’Alenia per crescere ancora, per diventare un polo internazionale di manutenzione degli aerei, assorbendo circa 200 dipendenti e gli impianti dell’azienda del gruppo Finmeccanica a Napoli e, forse, Venezia. Sta negoziando per chiudere accordi con Mosca e Tirana per avviare attività in Russia e in Albania e trattando con Alitalia per gli hangar di Fiumicino. Insomma, dove c’erano macerie c’è un’azienda sana. Che tira. A Napoli.
Nella primavera del 2009, Rocco Sabelli, il roccioso manager cui Colaninno & C. avevano affidato la ristrutturazione della “nuova” Alitalia, disse al governo: “Tutto, ma non Atitech”.
La chiamata di Gianni Letta
E Gianni Letta chiamò Lettieri, all’epoca presidente degli industriali napoletani: “Abbiamo un problema da 600 posti di lavoro a rischio, su Napoli”.
Lettieri aveva creato da due anni Meridie, una finanziaria di investimenti che programmava di rilevare aziende industriali al Sud e l’aveva quotata in Borsa (è tuttora l’unica azienda società della provincia città di Napoli ad essere presente in Piazza Affari).
Lo strumento per intervenire ce l’aveva, e il tempo da dedicare all’impresa anche, perché aveva da poco faticosamente completato un’operazione di disimpegno dalla sua attività precedente, nel tessile.
Era stato anche in quel campo un innovatore, perché partendo da zero aveva costruito il primo stabilimento in Europa a ciclo integrato per produrre una particolare tipologia di tessuti Denim per jeans, il tutto sotto un solo tetto: dalle balle di cotone al tessuto finito, esportando l’80% del prodotto, di cui la metà negli Stati Uniti, patria dei jeans (un po’ come vendere il ghiaccio agli esquimesi).
Poi era successo che durante una visita in Cina, Lettieri aveva visto con i suoi occhi che accelerazione i cinesi stessero imprimendo all’automazione di quelle produzioni, e aveva deciso di uscirne: oramai la battaglia nel tessile cotoniero era solo sui costi di produzione.
Così, aveva collocato in varie mani i suoi impianti e riconvertito in attività immobiliari la sua “Manifatture cotoniere meridionali” di Salerno, ricollocando i dipendenti (salvo quelli dello stabilimento di Calitri, che continua a rimanere un suo cruccio, poiché il gruppo messicano che lo aveva rilevato, dopo qualche tempo chiuse).
Insomma Lettieri chiude l’esperienza nel tessile dopo essere partito a 23 anni, costruendo il primo stabilimento di tintoria industriale nel mezzogiorno con 100 dipendenti; e dopo aver fatto impresa, negli anni successivi, in 3 continenti. Lo scugnizzo che a 19 anni iniziò a lavorare da solo era diventato un imprenditore internazionale di successo.
Dodici milioni di euro
In Atitech la sua cordata Meridie investì 12 milioni di euro, vendette gli hangar a Invitalia, garantendole un buon affitto, e dall’unico aereo che vi aveva trovato dentro in manutenzione oggi si ritrova ad avere sempre pieni tutti gli spazi. Insomma, mentre Alitalia, senza Ethiad, a quest’ora sarebbe fallita, come è fallita Ams (società di manutenzione motori) che è in concordato preventivo, Atitech ce l’ha fatta e da sola, senza aiuti pubblici. Con una ricetta semplice: organico confermato ma taglio dei costi superflui, più produttività e premi in busta ma solo se si fanno utili, efficientamento sull’organizzazione del lavoro, rinegoziazione delle subforniture.
Sarà stato anche per questo che tra ottobre 2014 e febbraio 2015 prima Renzi poi Del Rio con Delrio e poi Lupi hanno voluto visitare l’azienda, cosa fatta precedentemente dai 3 segretari nazionali dei principali sindacati italiani, Camusso, Bonanni e Angeletti. Ai loro occhi, Atitech è la riprova del fatto che anche a Napoli “si può”. Che il deluso anatema di Eduardo De Filippo, “fujtevenne ‘a Napoli”, rivolto ai giovani (scappate via da Napoli) può ancora essere smentito. “Quando ci sono impegno e serietà anche nel Mezzogiorno si possono fare le cose. Atitech è un segno positivo per Napoli e per il Sud", sintetizza Lettieri. Lo stesso Matteo Renzi, a margine della visita in Atitech, dichiarò: “E' una bella storia, che dimostra che il Sud è ricco di problemi e di difficoltà, ma è anche pieno di tante belle realtà che vanno valorizzate di più. Quando ci sono imprenditori capaci e coraggiosi e lavoratori all'altezza noi non abbiamo paura di nessuno".
Lettieri però adesso, a 58 anni, ha in corso una nuova sfida. Non gli basta più l’azienda. Ha contratto un virus: risanare Napoli. E pretende di estendere alla sua città la logica di rivincita che l’ha premiato in azienda.
Un libro autobiografico
Il cosiddetto “give back”: ridare alla terra che gli ha permesso di crescere un po’ di quel che ha avuto, spiega. L’“imprenditore-scugnizzo” (Edizioni Iuppiter), come si è definito in un libro autobiografico (sottolineando di essere nato nel famigerato popolare quartiere della Duchesca, regno storico delle truffe e del “gioco delle tre carte”), fa già politica civica, in realtà: è oggi il capo dell’opposizione alla giunta De Magistris nel consiglio comunale di Napoli, dopo aver sfidato l’ex pm De Magistris quattro anni fa e averlo anche surclassato al primo turno, con il 43,7% dei voti. Successivamente al ballottaggio, Lettieri ha mantenuto la promessa di restare in consiglio, cosa mai successa prima a Napoli. Ma al prossimo turno vuol riprovarci ed ha molte più carte in mano da giocare. Oggi, in piena era post-partitica, la strada di Lettieri sarà quella di una sua lista sostenuta da chi ci sta. È a capo di un insieme di movimenti civici raggruppati sotto la sigla “Prima Napoli” (che raccoglie oltre 60 associazioni indipendenti), animati dall’associazione Fare Città (imprenditori, intellettuali, professionisti, docenti universitari) e dal think tank under 35 Giovani in corsa.
Solo buone soluzioni
Il mantra di Lettieri è: “Non esistono soluzioni di destra o di sinistra, ma solo buone soluzioni per la città”. Un Guazzaloca napoletano. Non a caso, intellettuali di sinistra come il direttore del Corriere del Mezzogiorno Antonio Polito lo stimano e lo sostengono (“La borghesia napoletana ha la responsabilità di non essersi fatta classe dirigente, di essersi ritirata e rinserrata, di essersi astenuta. Almeno Lettieri questo non l'ha fatto”).
Tra pochi giorni due artisti non certo di destra come Peppe Barra e Peppe Lanzetta presenteranno con lui in teatro la sua biografia. Mentre Enzo Avitabile, cantautore e sassofonista, dice di Lettieri: “Oggi io credo solo negli uomini e Gianni è una persona che va oltre le definizioni e le comitive, non agisce per slogan, ha dei valori e va avanti con quelli. Ho con lui un rapporto di alta coscienza, che significa che sono le opere e i fatti che devono parlare per le persone, non il contrario e lui ne è l’esempio”.
Imprenditori napoletani eccellenti come Carlo Pontecorvo (Ferrarelle) o Maurizio Marinella ma anche industriali del nord e della destra, come Alberto Bombassei e Riccardo Illy, si sono apertamente schierati a suo sostegno, anzi il re della cravatta ha annunciato di rinunciare a candidarsi per sostenere Lettieri, che peraltro ha presieduto per anni gli industriali napoletani, caratterizzando la sua gestione con una serie innumerevole di iniziative antiracket e anticamorra. La lotta alla criminalità è una costante nella vita dell’imprenditore e a questo tema ha dedicato un intero capitolo della sua autobiografia, raccontando di come, da giovanissimo imprenditore, subì un tentativo di estorsione, prontamente denunciato.
“La camorra campa su chi si mostra debole – scrive Lettieri nel suo libro - bela o balbetta davanti alle sue minacce; se ci fosse maggiore fermezza nelle risposte a certe sue malevole richieste, non potrebbe proliferare. Naturalmente per farle intorno terra bruciata, c’è bisogno di opportunità sociali e di coraggio, che da imprenditore ho cercato sempre di tener presente, occupandomi anche del sociale”.
Apprezzamento di Napolitano
Il consenso attorno alla sfida politica di Lettieri è insomma “bipartisan” e socialmente trasversale, anche se a lui sta molto a cuore l’apprezzamento personale manifestatogli dal presidente emerito Giorgio Napolitano, che gli scrisse qualche tempo fa: “Apprezzo vivamente il suo impegno per Napoli”.
“Il mio futuro è legato a questa sfida su Napoli”, conclude Lettieri. “E’ chiaro che se passa si presenta un progetto serio per la città, io ci sto. Non mi rassegno al declino di questa mia città. Quando penso che abbiamo tanta gente bravissima non posso accettare mi sento frustrato al pensiero che non si riesca tutti insieme a risolvere i nostri problemi. Bisogna riavviare a Napoli un percorso delle regole e della legalità. Non significherebbe ingessare la città. Al contrario, è il modo giusto, l’unico, per farla rivivere”.