Lonely Planet: le guide a un bivio
Economia

Lonely Planet: le guide a un bivio

Dubbi sul futuro della celebre guida dopo l’acquisizione da parte del miliardario americano Brad Kelley che ristruttura e pensa ai mezzi digitali

Lonely Planet è la guida di viaggio più popolare al mondo. Ma presto potrebbe diventare un ricordo del Novecento. Bbc, che l’aveva rilevata dai fondatori nel 2007, l’ha venduta la scorsa primavera al miliardario americano Brad Kelley, il quarto più grande proprietario terriero degli Stati Uniti, a cui fanno capo 1,7 milioni di acri fra Texas, Florida e New Mexico. Con una fortuna stimata in 1,9 miliardi di dollari, Kelley si è guadagnato un titolo  nella classifica di Forbes.com, vendendo sigarette low cost prima e puntando sull’immobiliare poi, ma è anche noto all'attenzione dei media per le sue scelte filantropiche a tutela della biodiversità.

Adesso, dopo aver staccato un assegno da 75 milioni di dollari, Lonely Planet è entrata a far parte di NC2 Media , società editrice specializzata nella creazione di contenuto digitale e nella sua distribuzione attraverso le nuove tecnologie, con sede nel Tennessee, di cui Kelley è il primo azionista. Il suo amministratore delegato, riferisce il Guardian , si chiama Daniel Houghton, ha 24 anni e ha appena finito l’università. Soprattutto, non era ancora nato quando, nel 1972, Tony e Maureen Wheeler, al termine di un viaggio che dal Regno Unito li ha portati attraverso l’Europa, l’Asia e fino in Australia (dove poi si sono trasferiti), hanno dato vita a una guida di viaggio per chi si metteva per strada con pochi soldi in tasca e molta voglia di avventura. E’ da queste radici che un business familiare si è trasformato fino a diventare un impero editoriale. A fine 2010, al marchio Lonely Planet facevano capo 500 titoli in otto lingue, programmi tv, un magazine, applicazioni mobile e siti web.

Molto è rimasto della storia di Lonely Planet nell’headquarter di Melbourne: il clima amichevole della redazione, i duecento autori che continuano a viaggiare come saccopelisti, la comunità per cui Lonely Planet non è solo un marchio, ma un cimelio che, sporco e spiegazzato, testimonia dalla libreria di casa l’avventura compiuta. Secondo Skift.com, sito di news dedicate al viaggio, le operazioni della redazione digitale dovrebbero essere spostate da Melbourne - dove lavorano 250 dipendenti dei 450 dipendenti - al Tennessee, mentre l’ufficio editing e produzione dovrebbe essere centralizzato a Londra. A quanto pare , ci sarebbero fra 70 ed 80 esuberi, visto che la nuova formula, secondo il management, potrebbe creare nuovi posti di lavoro. La notizia ha fatto il giro del mondo, perchè in ballo non c'è "solo" la scomparsa o la radicale trasformazione di un marchio che ha fatto la storia di alcune generazioni, ma c'è anche il fatto che, se chiude la “Lonely”, se ne va anche un certo concetto di viaggio. Come dimostra la lunga lista di commenti degli affezionati su Twitter (#lpmemories ), il senso di perdita non può venire colmato in alcun modo da gallerie virtuali e consigli di viaggio su TripAdvisor, Google o Facebook. Soprattutto, è difficile immaginarsi in viaggio in India con un iPad al posto di una Lonely. 

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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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