Decreto Salva-Banche, le cose da sapere
Salvataggio senza aiuti di stato e risparmiatori beffati. Pregi e difetti delle misure adottate a favore di Banca Marche, Etruria, CariChieti e CariFe
Scampato fallimento per tutti e 4 gli istituti di credito e migliaia di risparmiatori ancora appesi a un filo. Sono questi, in sintesi, gli effetti del Decreto Salva-Banche, cioè il provvedimento con cui il governo ha deciso di porre rimedio alla crisi profonda di Banca delle Marche, Banca Etruria, CariChieti e CariFerrara. Si tratta di 4 istituti di credito regionali che erano da tempo sull'orlo della bancarotta, con i bilanci pieni di sofferenze. Il decreto del governo li ha salvati dal fallimento ma ha lasciato dietro di sé un lungo strascico di polemiche, per gli effetti che ha avuto sulle tasche di migliaia di risparmiatori. Ma ecco, di seguito, una panoramica su come si è arrivati alla situazione odierna e sui contenuti del Decreto Salva-Banche.
Il crack
Crediti facili agli amici degli amici, che hanno riempito i bilanci di sofferenze, per un totale di 8,5 miliardi di euro. E' questa in sostanza la causa di tutti e 4 i crack delle banche regionali, che da tempo erano commissariate da Bankitalia e che poi, quando la situazione è apparsa insanabile, sono state salvate in extremis dal governo. Per correre ai ripari, l'esecutivo ha dovuto emanare un provvedimento ad hoc, architettando un'0perazione complessa che risultasse compatibile con le norme europee.
Le nuove banche e la bad bank
Peril salvataggio, c'è stata la creazione di 4 nuovi istituti-ponte che hanno ereditato dalle vecchie banche soltanto le attività “in salute”, oltre naturalmente alle filiali e ai dipendenti. Contemporaneamente, si è decisa la costituzione di una bad bank comune, cioè di un'unica società in cui sono confluiti invece i crediti deteriorati di tutti e 4 i vecchi istituti, che verranno poi messi in liquidazione.
Nessun aiuto di stato
L'operazione di salvataggio ha un valore complessivo di 3,6 miliardi di euro, ma avviene senza che vi sia lo stanziamento diretto di soldi pubblici. Le risorse sono infatti prese da un Fondo di Risoluzione, creato in base alle norme europee e alimentato dai contributi di tutte le banche italiane.
La Cdp fa da garante
Una volta risanate, le nuove banche create con il salvataggio verranno vendute e il ricavato verrà retrocesso al Fondo di Risoluzione, cioè andrà a beneficio degli altri istituti che hanno contribuito al salvataggio. La Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) svolgerà il ruolo di garante nel caso di incapienza del Fondo di Risoluzione, cioè nel caso in cui le risorse non fossero sufficienti a completare l'operazione.
Risparmiatori sul lastrico
Purtroppo, l'operazione del governo ha salvato i dipendenti delle 4 banche, i correntisti e gli obbligazionisti ordinari ma ha lasciato nei guai migliaia di risparmiatori: circa 130mila azionisti e poco più di 10.500 clienti che ne avevano sottoscritto i bond subordinati. Si tratta di titoli che espongono i risparmiatori a un grado di rischio molto elevato, simile a quello assunto di chi acquista un'azione. In caso di fallimento della banca emittente, infatti, i titolari delle obbligazioni subordinate sono considerati dei creditori di serie B, i cui diritti patrimoniali possono essere soddisfatti soltanto dopo aver risarcito altri soggetti come appunto i dipendenti, i correntisti o i sottoscrittori dei bond ordinari.
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Il no dell'Europa
Il governo avrebbe voluto salvare i titolari di obbligazioni subordinate attingendo anche al Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd). Si tratta di un organismo che già esiste e che serve per garantire i soldi depositati dai risparmiatori sui conti correnti, quando una banca fallisce. L'Europa si è opposta però a questo provvedimento considerandolo una sorta di aiuto di stato. In base alle nuove regole approvate dall'Ue pochi mesi fa, il costo dei salvataggi bancari non può più ricadere sulle spalle dei contribuenti, cioè della collettività.
Il fondo di solidarietà
Per indennizzare migliaia di risparmiatori vittime del crack, nonostante i paletti di Bruxelles, il governo ha scelto allora una soluzione di compromesso. Ha creato un fondo di solidarietà da 100 milioni di euro, le cuirisorse verranno attinte dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd). I risarcimenti andranno soltanto a chi ha comprato le obbligazioni subordinate delle banche (non le azioni), purché si tratti di persone fisiche oppure diimprenditori titolari di ditte individuali (compresi gli agricoltori).
Indennizzi parziali
Poiché la cifra complessiva investita dagli obbligazionisti nei titoli subordinati dei 4 istituti è pari a circa 350 milioni di euro, molto più delle risorse del Fondo di Solidarietà, i rimborsi saranno dunque molto parziali. Una corsia preferenziale nei risarcimenti vi sarà probabilmente per i piccoli risparmiatori che hanno investito la maggior parte del proprio patrimonio nelle obbligazioni subordinate. Si tratta di circa mille persone in tutto, con una esposizione totale di 27 milioni di euro.
Davanti all'arbitro
Per ottenere i rimborsi, bisognerà presentare un'apposita domanda, con tutta la documentazione sull'investimento effettuato. A stabilire se il risparmiatore ha diritto o meno al risarcimento saranno degli arbitri, nominati da un decreto del presidente del consiglio, su proposta del Ministero dell'Economia, tra persone di comprovata imparzialità, indipendenza, professionalità ed onorabilità.
I punti da chiarire
Ci sono diversi punti ancora da chiarire nelle misure varate dal governo a favore dei risparmiatori. Spetta infatti a un decreto del Ministero dell'Economia (da emanare entro 90 giorni) il compito di definire nel dettaglio i criteri con cui verranno scelti i beneficiari dei rimborsi e le modalità di erogazione delle somme di denaro. Di sicuro, gli indennizzi andranno ai clienti che sono stati raggirati e convinti a comprare i bond subordinati, senza essere stati informati bene dei rischi. Non si sa ancora, però, chi svolgerà il ruolo di controparte dei risparmiatori di fronte all'arbitro: saranno le nuove banche nate dopo il salvataggio o la bad bank che ha ereditato le attività in sofferenza dai vecchi istituti?
Associazioni sul piede di guerra
La soluzione dell'arbitrato non piace ovviamente a molte associazioni dei consumatori che vogliono dare battaglia in tribunale contro i responsabili del crack. Su questo fronte,si stanno muovendo parecchie associazioni come l'Adusbef, la Federconsumatori, il Codacons e il sindacato di tutela dei risparmiatori Siti, che stanno raccogliendo già la documentazione dagli azionisti e dagli obbligazionisti.