La lezione di Ferguson è stata inutile
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La lezione di Ferguson è stata inutile

Un altro nero disarmato ucciso da un poliziotto. È l'ultimo di una lunga serie dopo i fatti del Missouri

In occasione del 50°anniversario della marcia per i diritti civili che ha segnato un punto di svolta nella storia degli afroamericani negli Stati Uniti,  Barack Obama è andato a Selma, per ricordare all'America che molto cammino deve essere ancora fatto.

La rivolta nel Wisconsin
Il riferimento era ai fatti di Ferguson, all'uccisione nella scorsa estate del giovane Michael Brown, alla rivolta della comunità nera del Missouri, al rapporto del Dipartimento della Giustizia sugli abusi e le violenze effettuate dal corpo di polizia del piccolo sobborgo di St Louis. Ma non solo.

Nello stesse ore in cui Obama si recava in Alabama, a centinaia di chilometri di distanza, nel Wisconsin, un altro giovane nero veniva ucciso dalla polizia. Paul Robinson, 19 anni, era disarmato, quando Matt Kenny gli ha sparato. L'agente ha detto di essere stato aggredito. È la versione che viene fornita sempre.

La morte di Paul ha smosso le coscienze. I genitori e i parenti hanno protestato; anche gli amici lo hanno fatto. A loro si sono uniti centinaia di persone. Due giorni dopo la sua uccisione, a Madison, la capitale dello stato, duemila studenti sono scesi in piazza per chiedere giustizia.

Black lives matter
Black Lives Matter, le vite dei neri valgono, è stato lo slogan adottato in questa manifestazione. E'quello coniugato dopo la rivolta (violenta) di Ferguson, dopo le marce pacifiche di protesta per l'assoluzione dell'agente che ha sparato a Michael Brown, dopo i cortei spontanei che i sono svolti a New York quando anche il poliziotto che aveva ucciso nello scorso luglio Eric Garner è stato scagionato per quella morte. Oggi, dopo essere stato usato per mesi in tante altre città americane, risuona anche a Madison

Black Lives Matter. Molti americani l'hanno ascoltato. Ma non tutti. Forse non l'ha sentito l'agente della polizia della contea di Dekalb vicino ad Atlanta chiamato da alcuni abitanti di un condominio perché un giovane nero, completamente nudo, girava per i corridoi dello stabile,  suonando i campanelli di alcuni appartamenti.

Che fosse disarmato, non c'era alcun dubbio. Secondo il poliziotto, dopo averlo fissato dritto negli occhi, il ragazzo avrebbe tentato di aggredirlo. E'stato allora che ha aperto il fuoco e l'ha ucciso. Si chiamava Anthony Hill, aveva 27 anni. E, ovviamente, soffriva di disturbi mentali.

Anthony è solo l'ultimo nome di una lunghissima lista di giovani afroamericani uccisi senza un reale e giustficato motvo da parte di un agente di polizia bianco. Le tensioni razziali che pervadono ancora gli Stati Uniti si sono concentrate proprio su questi episodi. La rivolta seguita alla morte di Michael Brown ha fatto scoprire al grande pubblico quanti fossero stati in passato gli episodi simili a quello accaduto a Ferguson nello scorso agosto.

14 adolescenti neri uccisi in pochi mesi
Sono però forse in pochi a sapere che dopo quel tragico episodio ne sono seguiti tanti altri. Almeno 14 adolescenti neri sono stati uccisi in analoghe circostanze nei mesi seguenti e fino al novembre del 2014. Storie molto simili.

Tamir Rice aveva 12 anni e una pistola giocattolo in mano. E'stato freddato in una notte di novembre a Cleveland. Cameron Tillman, 14 anni, era satto ucciso per lo stesso motivo un paio di mesi prima a Terrebonne, in Louisiana. Dillon McGee di Jackson, in Tennessee, è morto perché si era messo a correre improvvisamente di fianco a una macchina della polizia.

Dopo i fatti di Ferguson è nato una sorta di movimento sociale che ha coinvolto non solo gli afroamericani, ma, trasversalmente, bianchi  ispanici, giovani e vecchi, uomini e donne. Il dibattito sui motivi per cui Michael Brown è stato ucciso ha portato a una sola conclusione: razzismo.

Il tema è stato sviscerato in centinaia di dibattiti televisivi e radiofonici, in decine di articoli e analisi. La polizia è stata messa sotto accusa. Si è difesa, dicendo che di aver agito solo per legittima difesa. Barack Obama è intervenuto, così come hanno fatto i protagonisti ancora viventi della stagione della lotta per i diritti civili dei neri.

Come per la strage di Newtown

Ma, anche in questo caso è accaduto quello che era successo per la questione delle armi dopo la strage di Newtown. Dopo quel massacro, Obama aveva chiesto un giro di vite sul libero possesso di pistole e fucili, aveva chiesto al Congresso di intervenire, c'erano state prese di posizione, petizioni, appelli.

È  nato un movimento d'opinione, ma nella sostanza non è cambiato nulla. Qualche stato ha imposto leggi restrittive, ma per lo più la libertà di avere armi rimane intatta negli Usa. Con tutte le (tragiche) conseguenze del caso. È per questo che molti hanno detto che la lezione di Newtown non era servita a nulla.

Se se guarda agli ultimi fatti di cronaca, si potrebbe pensare che anche la lezione di Ferguson non sia servito a nulla. Ha ragione Obama. Molto cammino deve essere ancora fatto.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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