I soldati italiani in missione all'estero: quanti e dove sono
Europa, Medio Oriente, Africa e Asia: ecco tutti i fronti in cui sono impegnati i nostri militari
All'indomani dalle polemiche sull'impiego delle forze italiani a Sirte, in Libia, una panoramica sulla loro presenza nel mondo.
Europa
Nei Balcani sono in corso diverse missioni, risultato della riorganizzazione e ridimensionamento delle forze Nato, che a partire dal 2003 è stata sostituita dall’UE in alcuni compiti (soprattutto di polizia, monitoraggio e consulenza).
In Bosnia Herzegovina opera la European Union Force Althea (che succede alle missioni Nato Sfor e Ifor). In Kosovo sono presenti Eulex (European Union Rule of Law Mission in Kosovo) e Kfor-Joint Enterprise della Nato.
Nei Balcani occidentali e in Georgia è attiva la Missione di Monitoraggio dell’Unione Europea (Eumm) che contribuisce alla normalizzazione dell’area.
A Cipro opera dal 1964 la Unficyp (United Nations Peacekeeping force in Cyprus), la cui missione fu modificata nel 1974 dopo il tentato di colpo di Stato da parte dei greco-ciprioti appoggiati da Atene, scatenando l’intervento della Turchia. Il nuovo mandato prevedeva la supervisione del cessate-il-fuoco. Qui l’Italia svolge funzioni di polizia.
A Malta le nostre forze armate sono presenti con la MICCD (Missione Italiana di Collaborazione nel Campo della Difesa) e nel Mediterraneo con la Active Endeavour con le altre forze navali della Nato.
Africa
L’Italia è presente in LIbia, a Sirte, con la missione segreta autorizzata dal governo e guidata dall’Aise (il servizio segreto esterno), contro lo Stato Islamico: impiega uomini del Reggimento Col Moschin, del gruppo operativo incursori del Comsubin, del gruppo intervento speciale dei carabinieri e incursori dell’aeronautica militare.
Nel Corno d’Africa è presente con Eucap Nestor (European Union Regional Maritime Capacity Building for the Horn of Africa and the Western Indian Ocean); in Somalia con la missione europea di addestramento Eutm, assegnata dal febbraio del 2014 al comando italiano; nel Darfur con Unamid (African Union/United Nations Hybrid operation in Darfur); in Mali con Minusma (United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission) e con la più recente Eutm (European Union Training Mission); in Sud Sudan con Unmiss (United Nations Mission in South Sudan); in Niger con Eucap Sahel e in Repubblica Centrafricana con la più recente missione EUFOR.
In Marocco, dal 1991 l’Italia è presente invece con la missione Minurso (United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara).
Dal 2008 la nostra Marina partecipa anche alle operazioni Atalanta (Ue) e Ocean Shield (Nato) per contrastare la pirateria al largo delle coste somale, in aggiunta alla Eutm Somalia, che però ha sede in Uganda
In Nord Africa, oltre alla missione in Marocco, l’Italia è presente anche in Egitto con l’Mfo (Multinational Force and Observers) istituita nel 1978 nel Sinai per supervisionare il mantenimento della pace tra Egitto e Israele.
Una particolarità è rappresentata poi dal contributo delle forze armate italiane per il controllo del valico di Rafah, uno dei principali e più critici punti di confine e di accesso tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, dove c’è un solo militare italiano nella missione di assistenza alle autorità palestinesi nella gestione del traffico del valico (Eubam Rafah).
Medio Oriente
Qui i nostri soldati portano avanti la seconda missione più grande dell’Italia all’estero: Unifil in Libano, attualmente sotto il comando italiano. A guidarla è il Generale Luciano Portolano (subentrato al Generale Paolo Serra nel luglio 2014). L'obiettivo è stabilizzare l’area sud del Libano, dove opera Hezbollah e dove il nostro contingente opera in stretto coordinamento con le forze armate libanesi.
Sempre in Medio Oriente, l’Italia ha una task force aerea negli Emirati Arabi, un avamposto in Cisgiordania a Hebron (Tiph2), una task force aerea in Iraq e alcuni ufficiali negli avamposti della Middle East-Untso (United Nations Truce Supervision Organization). L’Italia guida, inoltre, l’operazione Eunavfor Med contro gli scafisti nelle acque del Mediterraneo centrale, con la portaerei Cavour al comando dell’ammiraglio Enrico Credendino.
Iraq
Da metà dicembre 2015, con l’invio di altri 450 soldati italiani a difesa dei lavori sulla grande diga di Mosul - infrastruttura centrale i cui lavori di ristrutturazione sono stati affidati alla ditta italiana Trevi di Cesena – è salito a oltre un migliaio di soldati, tra addestratori e dispositivi di sorveglianza armata, il numero dei nostri effettivi in Iraq.
La principale operazione che vede impegnati i soldati italiani in Iraq è denominata Prima Parthica, la missione militare del nostro Paese più costosa all’estero, per la quale sono stati investiti complessivamente 200 milioni di euro nel 2015.
Prima Parthica è iniziata il 14 ottobre del 2014, quattro mesi dopo la presa di Mosul da parte dello Stato Islamico. Obiettivo dell’operazione è fornire supporto operativo alle forze di sicurezza irachene, formare i soldati delle forze armate e gli agenti di polizia, contribuire alla messa in sicurezza dei confini nazionali. Per l’operazione, l’Italia schiera il contingente europeo più numeroso per l’addestramento delle forze locali. A Baghdad sono impegnati 100 carabinieri.
Mentre a Erbil, zona curda, finora sono presenti 200 addestratori italiani per la formazione di oltre 2 mila peshmerga curdi sui 5 mila totali formati dai trainer europei. Il programma di addestramento su cui punta l’Italia prevede: azioni tattiche nei centri abitati, procedure per disinnescare ordigni rudimentali, tiro diretto di precisione con armi portatili (corso sniper), messa in sicurezza di caserme e campi di addestramento, utilizzo di mortai, comunicazioni via radio. Gli addestramenti vedono coinvolti circa 30 ufficiali curdi, istruiti anche sulle procedure e sulle metodologie dell’intelligence militare. Dunque, oltre all’addestramento di truppe, i nostri militari avranno ora anche compiti di sorveglianza armata.
Asia
Oltre alla missione tra India e Pakistan Unmogip (United Nations Military Observer Group in India and Pakistan), istituita nel 1949 per supervisionare il cessate-il-fuoco tra Pakistan e India nello Stato di Jammu e Kashmir, in Asia Centrale il ministero della Difesa ha dispiegato militari in Afghanistan. Qui il nostro Paese ha impiegato sinora il suo contingente più numeroso, sebbene alla fine nel 2014 sia iniziato il lento ritiro del contingente Isaf (International Security Assistance Force) della Nato.
In Afghanistan sono stati già chiusi i Prt (Provincial Reconstruction Team) e diversi avamposti Fob (Forward Operating Base), tra cui la Fob Ice nella valle del Gulistan e Dimonios a Farah. L’ultima a essere dismessa nel novembre 2013 è stata la Fob Tobruk a Bala Baluk, in uno dei distretti in cui l’intensità degli scontri con i talebani si è fatta sentire più che altrove.
Anche Camp Arena, a Herat, è in fase di smobilitazione. Qui in questo momento si trovano ancora più di 500 soldati italiani, di cui una settantina svolgono compiti di addestramento delle forze di sicurezza afghane nell’ambito della nuova missione Resolute Support, subentrata all’inizio del 2015 a Isaf.
L’Italia ha accolto la richiesta degli Stati Uniti di mantenere ancora per alcuni mesi le proprie truppe in Afghanistan oltre il termine previsto dell’ottobre 2015, mentre gli Stati Uniti porteranno avanti la missione almeno fino a tutto il 2016.