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L'Europa cerca leader

Fatta eccezione per Angela Merkel, c'è carenza di figure carismatiche. A partire da Theresa May, astro ormai in declino

Quante volte abbiamo assistito nella storia allo spettacolo triste e patetico di un leader che cade, si incarta, non riesce più a risollevarsi e ogni cosa che fa conferma che la sua immagine sta diventando sempre più opaca, la sua forza sta svanendo, la sua fortuna lo ha abbandonato?

Il leader che non riesce più a farsene andare bene una è destinato alla sconfitta. È per questo che il discorso tenuto dal premierTheresa Mayal Congresso dei Tories, i conservatori britannici, segna il suo inevitabile tramonto. La sua leadership è appannata, il carisma abortito, la sua immagine di forza inesorabilmente minata.

Non riesce neppure, la May, a tirare fuori la voce per parlare, cerca in ogni modo di apparire sciolta, disinvolta. E invece, tira il collo come la tartaruga nella sua corazza, quasi singhiozzando. La raucedine non le dà tregua. Alle sue spalle cascano le lettere della scenografia. Un comico le consegna un modulo di licenziamento.

Il pensiero va alla parabola mesta di altri capi di Stato e di governo tormentati dalla sfortuna e dalle gaffe. Gerald Ford, per esempio, il presidente americano degli anni ’70 che ricordiamo per la caduta ai piedi della scaletta dell’aereo presidenziale, goffo come un orso lui che aveva una mole e una robustezza da lottatore, tenuto su dalle bodyguard.

E Jimmy Carter, il mangiatore di noccioline del Sud, l’ex governatore della Georgia, affossato dal fallito blitz americano nel deserto dell’Iran ai tempi della crisi dei diplomatici con Teheran.

Basta poco per apparire perdenti, inadeguati, deboli, agli occhi di un popolo che vorrebbe vedere sempre il proprio leader come un supereroe in grado di uscire integro e vincitore da ogni situazione. Un condottiero.  

Paradossalmente, Silvio Berlusconi ha legato la sua forza di leader anche al sangue sulla faccia quando fu colpito dalla statuetta della Madonnina e invece di salire sull’automobile dove lo spingevano gli uomini della scorta, affrontò la folla e mostrò la ferita. La leadership ha qualcosa di sacrale e insieme di fortuito. E la May, purtroppo per lei, non nasce leader.

Angela Merkel lo è diventata col tempo, grazie proprio alla sua figura dimessa e semplice che rispecchia l’etica di un popolo. Altri devono la loro forza al carattere, all’oratoria, al coraggio del “politicamentre scorretto”.

Non sono leader Rajoy, Gentiloni e la May. Il primo guida un governo di minoranza, gli altri due sono diventati primi ministri grazie agli errori e alle dimissioni dei predecessori. Jeremy Corbin, il nuovo astro laburista, ha invece i tratti potenziali del tribuno del popolo. Peccato che carattere, forza e fortuna siano slegati dalle qualità che ci vogliono per governare un paese. O dalla bontà delle idee.

Siamo sempre in attesa, in Europa, di nuovi leader che siano mediaticamente sexy ma anche affidabili, forti, rappresentativi. Il punto è che ci stanchiamo presto di tutti. Ci annoiamo di chiunque prenda in mano le redini di un governo. Non facciamo sconti a nessuno e usiamo e sprechiamo gli aspiranti capi con la rapidità con la quale cambiamo canale alla Tv. Passano i leader uno dopo l’altro. Illuminati improbabilmente dai riflettori della cronaca, sono stelle cadenti che tornano subito nell’ombra, farfalle notturne che non durano. Prepensionati. Sotto a chi tocca.   

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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