Federico Buffa attore a teatro ne "Le Olimpiadi del 1936"
Il giornalista di Sky in palcoscenico a Milano (e in diretta streaming) dal 16 al 18 gennaio: “Un sogno che si realizza”
Un palcoscenico, uno schermo, e un attore. Meglio, un giornalista sportivo tra i più conosciuti dal grande pubblico che per l'occasione ha deciso di raccontare una storia, quella dei Giochi olimpici del 1936, con le parole di chi ha contribuito a scriverla. Federico Buffa, volto noto di Sky, presenterà domani al Teatro Menotti di Milano lo spettacolo “Le Olimpiadi del 1936”. Per lui, abituato a raccogliere consensi via cavo, è una prima assoluta colma di attese. I biglietti per le tre serate previste sono infatti già esauriti da settimane, ma chi è interessato potrà seguire l'evento in diretta streaming sul sito www.federicobuffa.com al prezzo di 9 euro. Lo spettacolo è stato scritto da Emilio Russo ed è diretto da Caterina Spadaro e musicato dal vivo da Alessandro Nidi. Sul palco, con Buffa, ci sarà l'attrice e cantante Cecilia Gragnani. Si spengono le luci: Jesse Owens ha vinto ancora.
Come nasce l'idea dello spettacolo teatrale? E' stato lei a cercare il teatro, oppure è stato il teatro a cercare lei?
“In questo caso, è stato il teatro che ha cercato me. L'idea è partita da Emilio Russo e Caterina Spadaro, che mi hanno proposto di aderire al progetto. Caterina è una delle migliori coach di settore, sapevo che lavorare con lei sarebbe stata un'esperienza impagabile e così è stato. Mi ha insegnato tantissimo”.
Da giornalista e abile divulgatore di storie ad attore: una piccola grande rivoluzione.
“Copernicana. La prima cosa che Caterina mi disse è: 'scordati quanto hai fatto in televisione, non sai nemmeno vagamente cosa significhi fare l'attore. Anzi, avendo tu fatto delle narrazioni televisive, sei tutto da reinventare, perché non sei neanche vergine, sei già sbagliato'. Mi ha tenuto sotto con un training piuttosto intenso cercando di rendermi presentabile. Perché non ci si può improvvisare attore come se nulla fosse. E mi sono presto reso conto che al di là della passione che da sempre ho per il teatro, è un altro mondo. Per mille e più ragioni”.
Eppure, il suo stile narrativo è da sempre molto vicino ai tempi e alle sfumature del teatro.
“L'hanno pensato anche loro. Si sono detti, meglio lavorare con una persona che almeno abbia un'idea di quello che potrebbe significare stare su un palco. Caterina è stata molto gentile con me. Le prime settimane di prove è stata molto tollerante, mi prendeva in giro per portarmi al limite. E io sono stato più che felice di farmi maltrattare da lei”.
Ci sono punti di congiunzione tra “Le Olimpiadi del 1936” e il programma tv “Buffa racconta”?
“Sì, non hanno voluto snaturarmi del tutto. Hanno creato uno spettacolo ibrido, nel quale io interpreto un personaggio realmente esistito, tal Wolgang Fürstner, il capitano della Wehrmacht incaricato di dirigere il villaggio olimpico. Tuttavia, nel corso della rappresentazione, abbandono il personaggio per fare cinque monologhi con un tono però leggermente diverso rispetto a quello che uso in televisione. E' uno spettacolo diviso in due, teatrale e narrativo”.
Una passione, la sua per il teatro, che arriva da lontano.
“Dalla mia infanzia. Mio padre mi portava spesso al teatro nella Milano degli anni Sessanta. Andavamo a vedere spettacoli di cui non avevo una grande comprensione, ma lui mi diceva 'falli tuoi, convivici, vedrai che poi ti piacerà, saranno una ricchezza per te'. Papà conosceva diversi attori e capitava sovente che andassi con lui nei camerini per salutarli e parlare con loro. Era un mondo meraviglioso. Se mi avessero detto che un giorno sarei stato in un camerino tutto mio, non ci avrei creduto. Che dire, chi sta scrivendo i testi della mia vita mi vuole davvero molto bene”.
Preoccupato per il debutto?
“Da un paio di settimane ho un criceto nella testa che corre sulla ruota. Sì, non nascondo di essere preoccupato. Perché le prove sono una cosa, lo spettacolo un'altra. Ho il terrore che a un certo punto mi venga un black-out. Ho solo un vantaggio: sono l'unico che parlerà sul palcoscenico, per cui se dovessi sbagliare non metto nei guai nessun altro. Confido nel fatto che il pubblico abbia la grazia di comprendere che io non sono nemmeno un absolute beginner, ma molto di più. E poi, potrò contare sull'aiuto di un maestro musicale di una bravura infinita, che mi fa sentire come Arbeloa accanto alle stelle del Real Madrid. Come dire, se la squadra vince, non è certo per me. Se dovessi sbagliare, lui farà in modo nasconderlo con il suo accompagnamento musicale e questo mi dà grande sicurezza”.
A Berlino, nel '36, si è scritta la storia. Si può dire che è stata l'edizione dei Giochi in cui lo sport ha dimostrato per la prima volta tutta la sua forza evocativa?
“Assolutamente, sì. E' il motivo per cui è così affascinante l'Olimpiade di Berlino. L'intersecarsi delle vite umane con il contesto storico è irripetibile, per fortuna non succederà mai più una cosa del genere. Per sottolineare questa unicità ho scelto di raccontare la storia di due oppressioni, quella di Jesse Owens, un afroamericano che vince quattro ori e non riceve dal presidente degli Stati Uniti nemmeno un telegramma di felicitazioni, e quella di Sohn Kee-chung, un maratoneta coreano costretto a correre sotto la bandiera giapponese. La loro è stata una battaglia magnifica contro tutto e contro tutti”.
Vista l'ottima risposta del pubblico al botteghino, ha pensato alla possibilità di proporre lo spettacolo in giro per l'Italia?
“E' notizia di ieri: mi hanno chiesto di fare una tournée nella prossima stagione teatrale e io ho detto sì, perché per me è un sogno che si realizza. Tante volte mi nascondo dietro le quinte per vedere lo spettacolo che prende forma. Io non so fare niente e non sono nessuno, mentre le persone che mi accompagnano sono straordinarie. Cerco di rubare quanto più possibile da loro, perché hanno tantissimo da insegnarmi. Lo ammetto: il fatto che mi sia stata offerta la possibilità di fare l'attore è per me insieme ragione di gioia e di preoccupazione. Ma come si fa a fare l'attore davvero? Cosa mangia l'attore, come si rilassa?”.
Ha detto che recitare in teatro era nella lista delle dieci cose che avrebbe voluto fare nella vita. Il prossimo traguardo?
“Cerco di dividere la mia esistenza in parti quindicennali. Nella prima, sono stato un avvocato. Nella seconda, un giornalista sportivo. Nella terza, che quindici anni non potrà durare perché non avrò la lucidità psico-fisica così a lungo, sarei felice fosse un'esperienza di questo tipo. Mi piacerebbe capire se riesco a trovare un modo per fare l'attore in maniera accettabile”.
Al termine delle tre serate in teatro, tornerà su Sky da sabato 14 febbraio con “Buffa racconta” per dare conto dell'esperienza fuori e dentro il campo di campioni del calcio come Best, Cruyff, Puskas e Rivera. Niente sarà più come prima, probabilmente nemmeno lei.
“Finisco domenica sera e lunedì pomeriggio parto per Amsterdam per preparare la storia di Cruyff. Temo che i tecnici con i quali sono abituato a lavorare si rivarranno sulla produzione chiedendo per quanto dovranno avere a che fare con il 'Gassman dell'Esselunga'. Credo e in parte anche spero che dopo questa esperienza sul palcoscenico sarò una persona diversa. Vedremo cosa succederà, io francamente non lo so. Sono un privilegiato, perché faccio le cose che mi piace fare ed è un regalo che non ha prezzo”.