Valbusa e la crisi dello sci di fondo
L’oro di Torino 2006 spiega perché a Sochi i fondisti azzurri hanno poche speranze di medaglia - Lo speciale di Panorama.it
Domani iniziano i giochi di Sochi 2014 e tra le poche certezze di un’Olimpiade che, tra ritardi organizzativi e preoccupazioni sulla sicurezza, si presenta piena di incognite c’è che difficilmente la spedizione azzurra potrà contare sulle medaglie dei fondisti.
Negli ultimi dieci anni infatti la tradizione dello sci di fondo italiano si è sciolta sotto i colpi di scelte tecniche sbagliate (secondo alcuni) e di un mancato di ricambio generazionale dopo l’uscita di scena dei campioni degli anni ’90 e ‘2000.
Tra di loro c’era anche Fulvio Valbusa, medaglia d’argento a Nagano ’98 e d’oro a Torino 2006, che oggi commenta le gare di Coppa del Mondo per Eurosport (che seguirà la competizioni con approfondimenti quotidiani). A lui chiediamo il perché alle porte dell’Olimpiade russa gli azzurri del fondo hanno poche speranza di conquistare una medaglia.
Allora Valbusa, lo sci di fondo italiano è davvero così in crisi?
“A inizio stagione sembrava che le cose fossero migliorate rispetto agli ultimi anni. Poi invece gli scarsi risultati di Coppa del Mondo hanno confermato la crisi del movimento”.
Gli azzurri hanno qualche speranza di medaglia?
“Onestamente non ne vedo moltissime ma il tracciato di Sochi è davvero durissimo e con dislivelli allucinanti. I 1400 metri di altezza potrebbero giocare a favore degli italiani, maggiormente abituati alle elevate altitudini. La medaglia potrebbe arrivare dalle gare di sprint e magari da un ritrovato Roland Clara… ”
Nessun altro?
“Beh ovviamente il nostro uomo di punta rimane Federico Pellegrino che se dovesse imbeccare la giornata giusta, senza strafare, potrebbe regalarci qualche soddisfazione. In campo femminile invece possiamo sperare in Greta Laurent, giovane dalle potenzialità esagerate, e in Gaia Vueric che mi sembra leggermente maturata e più cattiva di qualche anno fa”.
Quali saranno i nostri avversari più duri?
“Scandinavi e Russi sono di un altro livello. In particolare i padroni di casa si stanno ovviamente preparando al massimo, e in più hanno tanti talenti in grado di andare a podio in tutte le gare”
Cosa è successo negli ultimi dieci anni al fondo italiano?
“Non voglio entrare nel merito del lavoro degli allenatori che penso abbiano dato il massimo, così come gli atleti..”.
Solo questo?
“Purtroppo mancano i talenti. Inoltre pecchiamo dal punto di vista della preparazione dei materiali. Non voglio dire che i nostri skiman non siano bravi ma forse gli manca un po’ di quella esperienza che avevano i grandi skiman italiani del passato e che fanno la fortuna di altre nazioni, vedi la Slovenia..”.
Davvero contano così tanto i materiali?
“Con uno sci al 30% si può essere i più forma del lotto e non riuscire comunque a vincere la gara. Pensate che in Russia si gareggerà vicino al Mar Nero, su un terreno difficilissimo..”.
Se dovessi dare un consiglio ai nostri atleti cosa diresti?
“Gli direi di ritrovare quella fame di vittorie che mi sembra sia andata persa. Parlo della voglia di voler raggiungere un risultato importante a tutti i costi, quella che ti faceva arrivare stremato al traguardo. Oggi vedo ragazzi che arrivano a fine gara e riescono ancora a sostenere le interviste”.
E’ questa la grande differenza con la vostra generazione?
“ Forse siamo stati anche fortunati ad avere grandi allenatori, come Albarello, e campioni da imitare. La voglia di batterci l’un l’altro ci faceva migliorare costantemente. Probabilmente era questo che faceva la differenza”.
Nessun problema allenatori quindi?
“Paradossalmente credo che oggi ci sia un maggiore livello di professionismo ma nonostante questo i risultati sono inferiori. Ci sono rigide tabelle da rispettare, con 20 ore di allenamento fissate per settimana. Forse bisognerebbe iniziare a rispettare meno le tabelle e più la propria fame di vittoria. Se si vuole vincere un’Olimpiade può essere necessario allenarsi anche più 30 ore. Soprattutto per allenare la testa”.
La testa?
“L’aspetto mentale è importantissimo nello sci di fondo e forse viene un po’ trascurato, nonostante i mental coach che oggi i ragazzi hanno a disposizione. Nella mia carriera ho vinto gare in cui non stavo bene ma ho ragionato, tenuto duro, passato momenti di crisi rimanendo agganciato al gruppo di testa. Ecco forse cosa manca davvero ai giovani: passare i momenti in cui sei cotto. In cui ho pensi di non farcela.. E’ in quel momento che si vincono davvero le medaglie”.