Giulio Base: "Parto per l'Isola dei Famosi, poi giro un thriller internazionale"
«L'esclusione di Wanna Marchi? Credo che Mediaset abbia fatto la scelta giusta», spiega il regista
Dai set cinematografici all’Isola dei Famosi 12. Azzardo o scommessa da vincere, è questo il dilemma per Giulio Base, ingaggiato come concorrente del reality show di Canale 5 prodotto da Magnolia, in partenza dal 30 gennaio. Da attore e regista di successo a naufrago nel programma più pop della tivù, ma senza paura di “sporcarsi le mani”. «Vivo l’Isola come una chance per rimettermi in gioco come attore», spiega a Panorama.it a pochi giorni dalla partenza, con la valigia ancora da preparare, un film da girare slittato di qualche mese e un carico di emozioni da metabolizzare.
Scusi caro Base, ma chi glie l’ha fatto fare di accettare l’Isola?
(ride) Mi rimetto in gioco come volto, vado a fare il mio mestiere, niente di più. La mia carriera è sempre stata divisa tra quella dell’attore e quella del regista: ho lavorato di più come regista ma il mio grande sogno era quello di recitare, anche se non ho avuto molta fortuna in questo senso.
Ha detto di sì di pancia o di testa? Il brivido ha prevalso sulla razionalità?
La prima risposta è stata di pancia, di incoscienza: poi è scattata la testa ma a quel punto non potevo più tornare indietro perché avevo firmato. In ogni caso anche la testa forse avrebbe detto di sì.
C’era molta franchezza in quel suo “non ho avuto molta fortuna come attore”. Ha più dato o ricevuto dal suo lavoro?
Ero partito con qualche ambizione in più, sono sincero, e credo di avere una certa attitudine per questo mestiere. Se non è scattato qualcosa forse è anche per colpa mia che non ho spinto al massimo l’acceleratore e da regista so bene che capita a centinaia di attori. Mi aspettavo di più ma non ne faccio un dramma e proprio per questo considero l’Isola come una possibilità per rilanciarmi, per rimettermi in gioco come attore: il fatto che centinaia di persone mi stiano scrivendo sui social in questi giorni mi fa molto piacere.
Ma non c’è il rischio che la sua carriera risenta di questa virata pop?
Solo in Italia alla parola intrattenimento viene data un’accezione negativa. Entertainment, per me che guardo molto agli Stati Uniti dove la macchina dello spettacolo è di una grandezza assoluta, ha un significato positivo. Voglio essere pop e non ho paura delle contaminazioni: non sono tra quelli che fanno lo spettacolo pensando di salvare il mondo.
Veniamo all’Isola 12. Potrà portarsi tre oggetti: ha già fatto la valigia?
È una scelta che va fatta in maniera oculata e in questo momento sono combattuto tra l’affettivo e l’utile. Vorrei in ogni caso portare una coperta che ho da venticinque anni e che mi fu regalata da mia Mamma, che non c’è più.
Di certo non potrà portarsi dietro lo smartphone e sarà dura visto che lei è sempre iperconnesso ed è tra i primi tre al mondo per numero di seguaci su Periscope.
Farò fatica a stare senza telefono perché ci leggo i giornali, ci comunico, mi informo. Il telefono ormai serve per tenersi collegato al mondo.
Niente dirette Periscope dall’Honduras, se ne faccia una ragione. Perché si è appassionato così tanto a questa applicazione?
Ci si appassiona alle cose che funzionano. Per me è un successo incredibile, sento un ricambio di affetto pazzesco ed è adrenalinico parlare con gente collegata in un colpo solo da 45 paesi al mondo. Faccio dirette da 100 mila persone alla volta ed è sconvolgente perché sono numeri da piccolo canale della tivù digitale: quando ho diretto Don Matteo ci sono stati episodi visti da 12-13 milioni di spettatori, ma su Periscope arrivare a 187 mila view, il mio picco massimo, ha avuto un sapore speciale. È come stare dentro una bolla curiosissima e strana.
Come si sta preparando psicologicamente e fisicamente?
Psicologicamente è difficile prepararsi, perché è impossibile sapere come reagirà la testa di fronte alle difficoltà e alla mancanza di cibo. Fisicamente faccio sport e sono anche pronto, poi c’è la questione cibo rispetto alla quale ci sono due scuole di pensiero: ho sentito alcuni nutrizionisti e c’è chi dice “riempiti di grassi”, altri invece di cominciare a ridurre le porzioni. Io di mio già faccio la fame nera per restare in forma, perciò vedremo.
Ha chiesto consigli a qualche ex concorrente?
Ho parlato con alcuni di loro e tutti mi hanno scoraggiato: «è molto peggio di quello che immagini», mi hanno detto. Altro che finzione televisiva.
La spaventa di più la convivenza con un gruppo di sconosciuti o la fame?
Di mio sono molto socievole: ho cambiato spesso città e scuole, sono abituato a stare in mezzo agli altri e l’umanità mi piace, anche quella più distante da me. Mi spaventa di più l’effetto collaterale della fame, il perdere lucidità mentale e restare obnubilato dai morsi della fame.
Sua moglie (la pr Tiziana Rocca, ndr) e i suoi figli che dicono di questo suo “colpo di testa”?
Con mia moglie c’è un bellissimo rapporto e ci confrontiamo sempre rispetto alle questioni di lavoro: lei conosce e sa decrittare il mondo della tivù ed è contenta. Avevo qualche paura per la reazione dei miei figli, per i quali sono l’eroe totale: per loro sono Spielberg e temevo di deluderli, invece ha prevalso l’affetto infantile, mi hanno abbracciato come non hanno mai fatto e non vedono l’ora di guardarmi in tivù.
Capitolo naufraghi. Chi conosce degli altri concorrenti?
Con Massimo Ceccherini ho lavorato, perché ha fatto una parte del mio ultimo film. Con Moreno ho giocato una Partita del cuore, Raz Degan lo conosco da tempo e mi piace il percorso che ha fatto da modello a filosofo giramondo. Conosco da molti anni Nathalie Caldonazzo, Samantha De Grenet ed Eva Grimaldi: ci sono dei signori artisti, c’è gente che macina questo mestiere da decenni, non è un’infornata di fenomeni da baraccone.
Rispetto all’esclusione di Wanna Marchi e della figlia Stefania Nobile che idea si è fatto?
Conosco poco la storia giudiziaria e i loro trascorsi, ma mi pare che la levata di scudi sia stata tale che forse c’era da chiedersi come mai potessero partecipare. Credo che Mediaset abbia fatto la scelta giusta.
Quanto ai suoi progetti lavorativi, ha dovuto rinunciare a qualche impegno per questa avventura da naufrago?
Ho posposto dei progetti. Sarò il regista di un thriller internazionale, ed è la prima volta che mi cimento con questo genere, con un cast mondiale e lo gireremo in Canada: slitterà di qualche mese, anche se magari mi cacciano subito dall’Isola. Ho finito da poco la sceneggiatura di un film che sto dando in lettura: spero di avere presto una risposta.
Il suo grande sogno nel cassetto?
Il mio sogno è Hollywood. Per la verità c’è una storia già pronta da anni che prima o poi spero venga la luce: sono stato quasi vicino a girarla poi per una serie di cose il progetto è slittato. Ma è tra le cose possibili, non è pura utopia.
Ultima curiosità: lei è nel club Mensa, l’associazione globale delle persone con un elevato quoziente intellettivo. Gli altri naufraghi devono temerla?
(ride) Non credo, perché non sono uno stratega. Riconosco al massimo di avere una certa velocità di pensiero.