G8 genova 2001
Assalto ad un mezzo dei Carabinieri al G8 di Genova del 21 luglio 2001 (P.Blackmore/Gamma/Getty Images)
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20 anni fa il G8 di Genova, che non è servito a nulla

Nel luglio del 2001 le violenze, la devastazione, Carlo Giuliani, la Diaz. Che non hanno fermato la globalizzazione, anzi

La prima cosa che salta all'occhio, lampante come non mai, è che chi 20 anni fa a Genova manifestava contro la globalizzazione ha perso. Siamo infatti nel pieno di una pandemia, mondiale, a dimostrarci con una forza devastante come il mondo oggi sia uno ed unico. Per di più con tutte le differenze e le ingiustizie sociali contestate allora e sempre più evidenti. Insomma, un fallimento. Quelle migliaia di facinorosi che hanno devastato e saccheggiato non sono riusciti a creare un'idea, a formare un leader, nemmeno una Greta Thunberg qualsiasi.

Ma a vent'anni da quei giorni assurdi, violenti, illegali, indimenticabili è inevitabile affidarsi ai ricordi. Ognuno ovviamente metterà l'accento sulla cosa che più lo ha segnato, ognuno cercherà di tirare l'acqua dalla propria parte come in ogni guerra, perché guerra è stata. Una tre giorni di violenza che in Italia non si vedeva da decenni e che forse non si rivedrà più. Una città, Genova, devastata, trasformata in campo di battaglia con la Zona Rossa da conquistare a tutti i costi o da proteggere a tutti i costi, come se fosse una caccia al tesoro dell'Oratorio feriale. E per molti di gioco si trattava.

Basti pensare ai ragazzi dei centro sociali di Milano, tra i più agguerriti, partiti il mercoledì in treno dalla Stazione Garibaldi alle 18 ed arrivati dopo mille peripezie, cambi di tragitto, stop improvvisi, a Genova alle 4 del mattino alla Stazione di Porta Principe. Sulle carrozze scene da gita scolastica: carte, chitarre, canne, carezze. Non sapevano cosa li aspettava (chi li guidava e li incitava invece si), non sapevano uscendo assonnati da quella stazione che non sarebbero mai più stati così vicini a quella Zona Rossa. Nemmeno la guardarono, data la stanchezza e la voglia di andare a dormire nella tendopoli dello stadio Carlini. Il giovedì passò con la gente al mare ed una prima manifestazione, pacifica, minuscola. Ma il venerdì all'alba tutto cambiò.

Scontri a Genova durante il vertice del G8. (Ansa)

Attorno alla cancellata una lunga doppia fila di container posizionati nella notte trasformò le via ed i carruggi in qualcosa di mai visto. Poche ore dopo il primo contatto con i Black Block, visti assaltare un benzinaio alle 9 del mattino alla caccia della benzina per le molotov e dei cubetti di porfido da usare avremmo capito poco dopo per cosa.

Alle 11 il primo botto, da quel momento un susseguirsi sempre più violento di azioni: auto distrutte, vetrine spaccate, banche assaltate, cassonetti dati alle fiamme; e le prime risposte di Polizia e Carabinieri. Il resto è storia; fino alle 17 chi era in strada non poteva non piangere. I lacrimogeni venivano scaricati dai furgoni e sparati in aria decine alla volta. Dall'altra parte pietre, bottiglie, sassi bastoni. La cariche erano una dopo l'altra. I decibel insopportabili. Fino allo sparo in Piazza Alimonda, un rumore diverso, nuovo da tutti gli altri, che tutto fermò lasciando sulla strada, morto, Carlo Giuliani. Unica vittima (ed è un miracolo) di quei giorni. Vittima, sia chiaro, non martire come alcuni vorrebbero raccontare oggi come allora.

Il silenzio di quella sera e di quella notte fu surreale ma non impedì il ripetersi degli scontri il pomeriggio successivo, fino alla Scuola Diaz, una delle macchie più profonde e forse indelebili dello Stato.

Sono passati vent'anni. I ragazzi di allora sono oggi adulti, gli adulti di allora sono anziani, preoccupati più dal Covid che da altro. Tutti ad affrontare un'unica domanda: a cosa sono serviti quei giorni? Scoprendo che la risposta: nulla, semplicemente nulla.

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Andrea Soglio