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Manifestazioni pro Gaza, momento di ipocrisia globale

Manifestazioni pro Gaza, momento di ipocrisia globale

Le manifestazioni per Gaza sono migliaia nel mondo. Intanto si scordano le stragi di civili commesse dagli autocrati.


Le piazze ipocrite dell’Occidente accusano Israele per il «genocidio dei civili palestinesi», e per il disastro umanitario dell’evacuazione da Gaza, ma dimenticano tutto il resto. Dallo scorso 8 ottobre, quando Benjamin Netanyahu ha dichiarato guerra ai terroristi di Hamas per stanarli dalla Striscia, non c’è stato giorno in cui non si sia vista una città del mondo riempirsi di migliaia di manifestanti. Armed conflict location & event data (Acled), un’organizzazione non-profit americana che da anni analizza le situazioni di conflitto globale, ha stimato che in un solo mese – dall’8 ottobre al 7 novembre – le proteste contro Israele siano state «almeno 3.700 in 100 Paesi, per una quota del 38 per cento di tutte le manifestazioni andate in scena nello stesso periodo nell’intero mondo occidentale». I contestatori anti-Israele hanno agito soprattutto in Medio Oriente e in Africa, con 1.700 proteste, ma bandiere con la stella di David sono bruciate ovunque, negli Stati Uniti come in Germania.

Le «anime belle» dell’odio antisionista agitano lo spettro dei 15 mila civili palestinesi che Tsahal, l’esercito israeliano, avrebbe ucciso a Gaza prima della tregua di fine novembre. Non ne hanno dubbio: anche se a fornire la contabilità dei morti sono sempre i sanguinari terroristi di Hamas, nessuno osa metterne in dubbio l’improbabilissima buona fede. Del resto, i contestatori sminuiscono come fosse un falso storico perfino l’origine del conflitto: dimenticano che Israele ha reagito al massacro di 1.500 suoi civili (fatte le debite proporzioni sui rispettivi abitanti, è come se in Italia in un giorno fossero state uccise 960 mila persone) e al rapimento di altri 250. Per le piazze, o parte di esse, c’è del falso e neanche i video contano.

Gli antisionisti che manifestano in Occidente contro Israele sono ipocriti anche perché dimenticano consapevolmente di protestare contro le decine di migliaia di innocenti che intanto le autocrazie uccidono in altre parti del mondo. In Ucraina i morti civili causati dall’invasione decretata il 24 febbraio 2022 da Vladimir Putin sono stati «oltre 10 mila» fino allo scorso 21 novembre, e a certificarlo non è stata Hamas, ma le Nazioni Unite. Che calcolano «almeno 563 bambini ucraini uccisi» e un totale di «quasi 20 mila feriti gravi». Per non parlare dei morti tra i militari russi e ucraini, che si stima possano avere superato i 500 mila.

Un’altra colpevole, orrenda strage. Eppure nessuno in Occidente brucia bandiere russe, né fantocci con la faccia di Zar Vladimir. E nessuno nota il paradosso raccapricciante che vede lo stesso Putin accusare impunemente Israele: per lo «scioccante sterminio della popolazione civile a Gaza», proprio mentre il suo esercito continua a massacrare civili nel cuore dell’Europa. Oltre all’Ucraina, poi, i soldati russi da 12 anni uccidono anche in Siria, assieme a quelli del dittatore Bashar al Assad, non per nulla detto il «macellaio», spingendo oltre ogni limite la sanguinosa guerra civile che il suo regime ha avviato nel 2011. Nel solo mese di ottobre l’agenzia dell’Onu per gli affari umanitari in Siria ha calcolato 70 morti civili (tra cui moltissimi bambini), 349 feriti e 120 mila nuovi sfollati per la recrudescenza degli attacchi russi.

Intanto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan dice che «La Turchia si oppone al massacro di innocenti inermi nella città di Gaza». Però le sue truppe hanno sterminato civili in Siria (commettendo crimini di guerra, secondo Amnesty International) e le ostilità continuano. Eppure per loro nessuno protesta, in Occidente. I civili siriani e ucraini, evidentemente, sono come gli uiguri, i cinesi di religione islamica massacrati a migliaia da Xi Jinping: carne da macello, da sacrificare per «un mondo migliore». Migliore per i dittatori, ovviamente. n

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