Nelle adozioni c’è una forma straordinaria di «com-passione»: i genitori che vogliono condividere il futuro con un bambino spesso problematico. È tempo di aiutare chi compie questo grande gesto con una legge più adeguata.
In un tempo che vede i bambini ostaggio degli errori dei grandi, in un tempo in cui il numero dei minori lasciati a sé stessi aumenta, ebbene, in questo tempo, nel 2023, sono arrivati solo 291 bambini adottati in confronto ai 1.295 del 2013. Non c’è dubbio che ci siano fattori esterni a rendere particolarmente difficile l’individuazione dei piccoli da adottare, addirittura alcuni Paesi hanno chiuso definitivamente alle adozioni internazionali. È il caso dell’Etiopia, della Cambogia e dei Paesi in guerra come l’Ucraina e la Federazione Russa, Stati che avrebbero bisogno eccome di questo prezioso istituto. D’altra parte, sarebbe ora di rivedere i criteri che permettono di accedere all’adozione in quanto la legge italiana n. 184 risale ormai al 1983, cioè ben a quarant’anni fa.
Molte cose sono cambiate e sono aumentati, nel frattempo, anche i costi che la famiglia deve sostenere per ottenere l’adozione di questi bambini: sono cresciuti a tal punto che sono diventati, per molte famiglie ben intenzionate, scoraggianti. Il governo ha dichiarato che vorrebbe metter mano alla questione e vedremo di che cosa si tratta; ma due cose le sappiamo già e consistono nell’eliminare il requisito dei tre anni di matrimonio e nell’innalzare dai 45 ai 50 anni l’età per accogliere un bimbo di pochi mesi. In Italia il tempo medio che intercorre tra la dichiarazione di disponibilità all’adozione e l’autorizzazione all’ingresso in Italia del minorenne è di quattro anni e quattro mesi (dato del 2022, in cui sono stati accolti 698 minorenni).
Il vicepresidente della Commissione adozione internazionale, Vincenzo Starita, parlando dei bambini cosiddetti «special needs» cioè con bisogni speciali dati dalla loro condizione fisica, psicologica o comportamentale, ha affermato che: «Sono il 65 per cento del totale dei minori adottabili. Quello su cui stiamo lavorando è la formazione, cerchiamo cioè di rendere le famiglie italiane consapevoli che oggi la disponibilità che abbiamo a livello internazionale riguarda bambini un po’ più grandi e con qualche problematica».
Queste osservazioni del vicepresidente Starita svelano il vero senso dell’adozione che va in direzione contraria rispetto all’andamento della cultura di oggi in cui si disegna in modo artificiale, in particolare su internet, il tipo di persona ideale – soprattutto fisicamente – e poi si ricorre alla banca del seme dove vengono mostrate le varie tipologie e si sceglie la più «trendy». È qualcosa di mostruoso.
L’adozione, viceversa, è un atto di «com-passione»: ossia un atto nel quale coloro disponibili ad adottare un bambino lo fanno nella coscienza che quel piccolo, 65 casi su 100, avrà dei problemi, oltre a quelli naturalmente legati al processo adottivo. Le famiglie richiedenti compiono dunque un gesto di benevolenza, appunto di «com-passione», di vivere cioè il pathos dell’accoglienza nel buio più completo. Un passo nel vuoto che descrive il livello di volontà, di disponibilità, di amore col quale viene compiuto.
In una società nella quale si pensa di poter comprare tutto, anche i bambini da adottare (e talora succede), in cui si pensa di comprare la bellezza e di sfuggire alla socialità naturale per rifugiarsi in quella merda che è la socialità virtuale, ebbene, consola che in questa stessa società, ci siano fari di umanità. Illumina più un faro simile che la maggioranza, la stragrande maggioranza, dei post.
Per questo non si capisce perché, a livello nazionale, continuiamo a essere fermi alla legge del 1983. Non sono passati quarant’anni, ne sono passati cento, proprio perché nel mezzo è scoppiato il fenomeno di internet, quello dei social, con la tendenza suddetta a preferire l’irrealtà sulla realtà, a preferire l’artificiale al naturale, a preferire la post o transumanità all’umanità naturale.
Tanti o pochi che siano, problematici o meno, al mondo ci sono bambini che soffrono per mancanza di amore, di calore, di un abbraccio, elemento essenziale nello stato evolutivo della personalità e per qualche cavillo di legge, per qualche pigrizia legislativa, lasciamo questi minori al loro destino. È un dato sconfortante che il numero delle coppie richiedenti in Italia sia molto alto e di gran lunga superiore alle adozioni che vengono portate a termine ogni anno. Lo definirei uno spreco di umanità. n
© riproduzione riservata