Come erano compilate le classifiche ieri, come funzionano oggi e che numeri bisogna avere per esserci. Due libri fotografano la più recente storia dei gusti degli italiani. Un viaggio nel tempo con un bel po’ di «amarcord». E le tendenze.
Sono i Pink Floyd la colonna sonora preferita della vita degli italiani. Lo dicono i numeri, che per definizione non mentono, quelli delle classifiche di vendita degli ultimi tre decenni. Dall’inizio degli anni Novanta a oggi gli album della band inglese hanno toccato quota 2.243 settimane di presenza nelle chart italiane. In altre parole, significa che grandi classici come The Dark Side of the Moon, The Wall, Animals e Wish You Were Here, tutti pubblicati tra l’inizio e la fine dei Settanta, non sono mai usciti dall’hit parade continuando a vendere settimana dopo settimana con una continuità propria della musica senza tempo: la musica classica. A confermare l’innamoramento dell’Italia per il sound del gruppo di Roger Waters e David Gilmour c’è poi un altro dato non meno clamoroso: The Dark Side of the Moon è il vinile rimasto più a lungo al primo posto in classifica: 45 settimane. Al secondo, David Bowie con Blackstar: 9 settimane.
A fotografare analiticamente le passioni dell’Italia che canta, acquista musica in formato fisico o clicca sulle piattaforme streaming ci sono ora due libri, Top of the Music Album & Vinili e Top of the Music Singoli: raccontano in cifre (dati a cura di Nielsen e GfK) l’ecosistema di Fimi, la Federazione italiana che tutela e promuove le attività dell’industria discografica. Trent’anni di musica in cifre significano novemila album, 10 mila singoli e duemila vinili. Un magma sonoro che include tutto e il contrario di tutto: musica destinata a rimanere per sempre, canzoni usa-e-getta, artisti di lungo corso e meteore già finite nel dimenticatoio. Chi si ricorda, per esempio, della bellissima Goodnight Moon di Shivaree al primo posto nella classifica dei singoli tra il 2000 e il 2001 e poi riportata in auge da Quentin Tarantino che l’ha inserita nella colonna sonora di Kill Bill? O ancora, del successo travolgente delle spagnole Las Ketchup con Asereje nell’estate del 2002? E chi ha memoria del fatto che I bambini fanno «Ooh» di Povia è stata la canzone rimasta per più tempo al primo posto in classifica (20 settimane)? Immergersi nelle pagine dei due volumi Top of the Music è un affascinante viaggio nel tempo, nelle tendenze più o meno passeggere che hanno attraversato il music business (le boyband, il pop-punk, i tormentoni latini, il reggaeton, la trap), ma anche nelle «trattorie» artistiche di cantanti che da decenni mantengono inalterato il loro appeal. Se parliamo di singoli, quelli che una volta erano i 45 giri, Jovanotti batte tutti con 986 settimane di permanenza in classifica.
Dietro di lui, David Guetta (901) e Fedez (851). E Vasco Rossi? Al ventesimo posto con «solo» 526 settimane. Tutt’altra storia se parliamo di album. In questa graduatoria Vasco non ha rivali perché i suoi dischi sono rimasti al primo posto in classifica per la bellezza di 90 settimane. A oggi, questo è forse il numero più sorprendente per la generazione boomer, il disco rimasto più a lungo in vetta alla classifica degli album è Sirio di Lazza. Un dato estremamente significativo e rivoluzionario che introduce il tema del ricambio generazionale nell’area mainstream della musica, ma anche della diversa fruizione dei dischi e delle canzoni. Una volta contavano solo le vendite dei prodotti fisici, adesso i clic in streaming sono determinanti per stabilire le posizioni nella hit parade settimanale.
Centotrenta ascolti in streaming di una singola canzone equivalgono all’acquisto di un brano in download digitale, in altre parole a una copia venduta. Per conteggiare la vendita di un album servono invece 1.300 clic in streaming. Dal gennaio 2018 è stata poi introdotta una regola che vale per tutte le classifiche: vengono conteggiati solo e soltanto gli ascolti «premium», quelli di chi paga l’abbonamento mensile a una piattaforma. Ovvio che la crescita esponenziale degli ascolti «liquidi» sia destinata a cambiare per sempre il volto delle classifiche. I giovani e i giovanissimi cliccano, non acquistano, premiando perlopiù gli artisti vicini alla loro età e alla loro sensibilità musicale. Un esempio per tutti è il rapper Tedua che con il suo ultimo disco, La Divina Commedia, ha fatto incetta di dischi di platino rimanendo fisso al primo posto per 12 settimane consecutive.
In attesa del futuro, la fotografia della fruizione musicale in Italia negli ultimi tre decenni, soprattutto per quanto riguarda gli album, è la rappresentazione più evidente del trionfo dei cantanti «local». Fatta eccezione per i Pink Floyd che non hanno rivali, gli artisti che hanno collezionato più settimane di presenza in classifica sono Vasco Rossi (2.009), Ligabue (1.626), Laura Pausini (1.227), Tiziano Ferro (1.035), Biagio Antonacci (1.033) e Mina (975). All’ottavo posto i Coldplay e soltanto noni i Queen dell’icona delle icone, Freddie Mercury. In un tempo di enormi cambiamenti a livello di volti e generi musicali, l’unico trait d’union tra le hit parade di ieri e quelle del presente/futuro sembra essere la scelta del pubblico italiano di ascoltare quasi esclusivamente musica italiana: lo si evince con certezza ogni settimana dalle classifiche di vendita e da quelle dell’AirPlay radiofonico. Tutto questo, mentre quattro ventenni di Roma, noti come Måneskin, sbancano le chart internazionali e collezionano sold out dall’Europa all’Australia, incoronati da un certo Mick Jagger con un endorsement senza precedenti per un gruppo rock italico: «Sono la più grande rock band del mondo».