Dai piani per le Europee di Cateno «Scateno» De Luca alle alternative di Stefano Bandecchi, rispettivamente sindaci di Taormina e Terni. Fino a una «new entry» che rompe gli schemi come il comunista trumpista Marco Rizzo. Tutte personalità che godono i favori di un elettorato piccolo e tuttavia compatto. A cui è interessato «qualcuno» che cerca di riposizionarsi al centro.
Il più celebre di tutti è Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, esponente del Pd ma solo all’anagrafe, perché poi, quando c’è da picchiare come un fabbro sul quartier generale dei Dem e sulla classe dirigente del partito, che in sella ci sia Enrico Letta o Elly Schlein, non si tira mai indietro. È lui il nume tutelare di tutti gli «irregolari» d’Italia, esponenti politici e istituzionali difficilmente inquadrabili nel classico schema partitocratico, pronti a spiazzare tutti con battute, dichiarazioni, alleanze, provvedimenti che nessuno si aspetterebbe e che invece contribuiscono ad accrescerne un consenso soprattutto personale.
Con De Luca fa spesso coppia fissa un altro presidente di Regione dem, il pugliese Michele Emiliano, pure lui allergico alla disciplina di partito, uno che se il Pd decide di non allearsi con i Cinque stelle prima protesta e poi non si allinea. Di allinearsi non ne vuole assolutamente sapere un altro De Luca, nome di battesimo Cateno, per gli amici «Scateno» in onore del carattere fumantino, sindaco sicilano in crescendo: prima di Fiumedinisi, poi di Santa Teresa di Riva, poi di Messina e infine, oggi, di Taormina. De Luca si è candidato a presidente della Sicilia, nel 2022, e con un lusinghiero 24 per cento (mezzo milione di voti) è arrivato secondo dietro Renato Schifani del centrodestra e davanti alla portabandiera del centrosinistra, Caterina Chinnici.
Ha fondato un suo partito, Sud chiama Nord, che alle ultime politiche ha eletto due parlamentari, entrambi nei collegi uninominali di Messina: la senatrice Dafne Musolino e il deputato Francesco Gallo, che si sono astenuti sulla fiducia al governo guidato da Giorgia Meloni. La portavoce nazionale del partito è una sorpresa: si tratta dell’ex viceministro cinquestelle all’econonia Laura Castelli, molto attiva negli ultimi mesi con una serie di incontri, colloqui, riunioni, e che ha portato in dote al movimento di De Luca la sua rete di relazioni trasversali oltre a fare da collante anche con il mondo delle imprese.
E i voti di «Scateno» fanno gola a tutti, in particolare a chi teme di non riuscire a superare, alle Europee della prossima primavera, la fatidica soglia di sbarramento del 4 per cento. Avete intuito: i più calorosi spasimanti politici di De Luca sono Matteo Renzi e Carlo Calenda, con i quali il nostro ha avuto, nelle ultime settimane, diversi colloqui riservati. Molto meno riservato l’esito, almeno per quel che riguarda Renzi, al quale De Luca si rivolge con toni apocalittici commentando la proposta di un aggregazione di centro dell’assai ex rottamatore: «Cosa sarebbe» chiede De Luca rivolgendosi direttamente a Renzi, «questo centro? Una nuova maschera dietro la quale proteggersi? Io non ho necessità di formule pirandelliane per nascondermi. Sei abituato male, le fughe in avanti, stile Papeete, con me non funzionano». «La trattativa per le europee», De Luca rampogna Renzi «per fare alla luce del sole un matrimonio d’interessi, si ferma qua. A queste condizioni non ci sto e di sicuro non ho alcuna intenzione di regalarti il 2 per cento di Sud chiama Nord per continuare a farti sopravvivere. Ribadisco un concetto molto importante: per noi il matrimonio d’interessi vale se fatto con il Terzo Polo in versione integrale per come si è presentato alle Politiche, non siamo interessati a singole “fuitine” con Renzi o Calenda, proposte dall’uno o dall’altro».
Sindaco ma perché si arrabbia? «Non hanno capito» dice Cateno De Luca a Panorama «che faccio sul serio per le Europee. E cosa più importante: non hanno ancora ben chiaro che io sono pronto anche ad andare da solo. Voglio aggregare tutte le realtà civiche da Sud a Nord che vorranno sposare questo progetto che punta tutto sulla buona amministrazione. Io non apprezzo le alchimie di palazzo, e non posso stare a perdere del tempo: ai primi di novembre parto con la campagna elettorale in vista di quelle elezioni. Chi c’è, c’è». Ecco che «Scateno» tesse la sua tela: è stato in Puglia dove ha incontrato Emiliano, non esclude di sostenere con una lista, se si dovesse ricandidare a governatore della Campania per il terzo mandato, il suo quasi omonimo Vincenzo De Luca. Ha costanti contatti telefonici con Letizia Moratti, e ha incontrato pure l’ex ministro leghista Roberto Castelli, in rotta con Matteo Salvini.
Un altro irregolare doc è Stefano Bandecchi, sindaco di Terni, leader di Alternativa popolare, che alle recenti elezioni amministrative ha sconfitto centrodestra e centrosinistra. Imprenditore nato a Livorno, presidente della Ternana, fondatore dell’Università Niccolò Cusano, Bandecchi ha un passato da sostenitore del Msi ma ha scelto la strada del centro. «Sono convinto che oggi in Italia destra e sinistra siano molto più simili di quello che si possa pensare» dice Bandecchi a Panorama. «Non hanno una visione completa, lucida e lungimirante e lo dimostrano gli anni che hanno passato in un’altalena isterica fra un governo e l’altro, creando vere lacune economiche e sociali che hanno solo sacrificato crescita e sviluppo». «Alla nostra nazione» sovraneggia il sindaco di Terni «occorre una visione nonché una classe dirigente competente e all’altezza delle grandi responsabilità che devono essere portate avanti per il bene dei cittadini e per un disegno collettivo europeo. Alternativa popolare, il partito di cui sono coordinatore nazionale e in cui credo, può fare la differenza grazie ai suoi valori liberali ed europeisti e grazie alla storica appartenenza al Ppe, offrendo una casa politica a coloro che ne hanno bisogno e che non si sentono rappresentati. Proponiamo un centro vero in cui credere e in cui riconoscersi».
Già, Il centro. Croce e delizia di decine di esponenti politici passati, presenti e futuri, sembra più un luogo dello spirito che un progetto politico che in Italia possa davvero raggiungere il successo elettorale. Bandecchi però non si arrende, anzi rilancia: «Io voglio investire tutte le energie in uno schieramento di centro autentico» conferma, «forte, strutturato e competitivo. Vogliamo misurarci su temi cruciali come la denatalità e, quindi, la situazione disastrosa in cui versa il Paese a causa del numero di nascite sempre più basso, che sta portando l’Italia a un invecchiamento progressivo e a un pericolosissimo spopolamento». Sindaco come Cateno De Luca e Stefano Bandecchi è pure l’inossidabile Clemente Mastella, altro outsider della politica che non si lascia irreggimentare in partiti e schieramenti. Mastella è stato due volte ministro: del Lavoro con Silvio Berlusconi e della Giustizia con Romano Prodi. Se esiste un centro, lo troverete nella cucina della sua casa di Benevento, regno della moglie Sandra Lonardo, ex senatrice e maga dei fornelli.
Ex sindaco, irregolare di sinistra, è anche Luigi De Magistris, ex magistrato che subito dopo il decennio da primo cittadino di Napoli, nel 2021 si è candidato alla presidenza della Regione Calabria: sfida persa, «Giggino ’a manetta», il suo soprannome dei tempi d’oro, non è riuscito neanche a entrare in Consiglio regionale. Ma non si è arreso: alle politiche del 2022 ha presentato una aggregazione di sinistra, Unione popolare, che però non è riuscita a eleggere neanche un parlamentare, superando di poco l’1 per cento alla Camera e al Senato. Ci riproverà?
Dall’estrema, anzi estremissima sinistra arriva invece Marco Rizzo, presidente (onorario) del Partito comunista, che alle scorse politiche ha dato vita a un’alleanza delle cosiddette forze «antisistema» insieme, tra gli altri, al leader di Ancora Italia Francesco Toscano. La lista, Italia sovrana e popolare, non è entrata in parlamento, avendo ottenuto poco più dell’1 per cento dei voti. Rizzo, Toscano e i loro fedelissimi però non hanno gettato la spugna. Anzi, hanno fondato un altro movimento: Democrazia sovrana popolare. Le loro tesi sono spesso in controtendenza con la politica «mainstream». Ha dichiarato di recente che alle presidenziali Usa voterebbe per Donald Trump «turandosi il naso», perché «lui può far finire la guerra». Un comunista trumpista. Più irregolare di così...