Nuove sinergie fra moda e arte
The Guy Bordin Estate
Moda

Nuove sinergie fra moda e arte

Artisti undergound newyorkesi, le stampe pop di Lodola, gli scatti sensuali e provocatori di Guy Bourdin e l'Urbanistica della Moda di Jacopo Ascari

Da sempre legate l’una all’altra, l’arte osserva il mondo della moda e lo reinterpreta e contamina con le sue varie espressioni storiche, concettuali, futuristiche oppure pop, mentre la moda attinge dall’arte la esponenziale capacità di amplificatore creativo dei propri messaggi.

Nel corso del tempo questa continua relazione bilaterale, sentimentale e artistica, ha dato origine allo styling fantasioso dei look, a nuove ispirazioni architettoniche sulle silhouette, a trasposizioni pittoriche del colore, a nuovi anagrammi e slogan, a set e location artistici e a un peregrinare di editoriali e campagne di comunicazione, pensati e realizzati come vere e proprie opere d’arte.

La fusione fra arte e moda incanta anche le culture giovanili, i creatori dei nuovi stili che spezzano la monotonia del vestire classico e moderno e riscrivono così le nuove basi da rielaborare per il futuro.

È quello che ha fatto Louis Vuitton, pur conservandosi fedele alla propria tradizione, nell’aprirsi ad architetti, artisti e designer, come con l’ultimo progetto White Canvas: LV Trainer in Residence, mostra dedicata alla prima collezione di una nuova serie di reinterpretazioni artistiche della sneakers LV Trainer, in collaborazione con Lady Pink, Lee Quiñones e Rammellzee, presentate nello store di Garage Traversi a Milano, durante la Fashion Week.

Il progetto, partito da un'idea dell'ex direttore artistico uomo Virgil Abloh, in collaborazione con Sky Gellatly, coinvolge i tre artisti della scena underground newyorkese, ognuno con il suo gesto: i graffiti hip-hop di Lady Pink, i murales di Lee Quiñones e le opere visive di Rammellzee, reinterpretato postumo.

Presenti anche una installazione multimediale di video-mapping immersivo proiettata su una LV Trainer in versione extra size, immaginata come una tela bianca con alternanza delle animazioni immaginate dagli artisti, e le opere create on site da Lady Pink e Lee Quiñones.

Lee Quinones atelier

Un nuovo tributo all’arte pop è quello della collezione del designer e imprenditore Alessandro Enriquez messa in scena a Palazzo Morando con la complicità dell’artista italiano esponente del Nuovo Futurismo, Marco Lodola. Alle pareti, tutte leitmotiv delle stesse icone, delle enormi riproduzioni in carta da parati firmate Jannelli&Volpi, licenziataria esclusiva nel design anche per Armani/Casa Exclusive e MissoniHome Wallcoverings collections.

Dai disegni di Enriquez nascono le interpretazioni pop di Lodola che evolve le stampe in maestose sculture che puntano sulla gioia di luce e dei colori, in modo da interagire ed emozionare il fruitore. Le installazioni fuse nel materiale plastico illuminato da led o da neon, esprimono la vitalità dell’artista pavese che collabora con Deodato Arte ed espone nei più prestigiosi musei e presso le biennali internazionali.

Il tema moda gravita attorno all’immaginario grafico del Circo Italiano, alle sue trame e colorazioni psichedeliche, a fantasie di cuori, cerchi, cavalli, pennacchi, funi, reti.

Una proposta di look esaltati dalla plasticità del vinile rosso alternato al bianco e nero, da capispalla oversize e unisex, da minigonne oppure longuette e crop t-shirt in paillettes, dagli abiti a tubino e alternati ad chemisier avvitati e le iconiche maxi gonne stampate, abbinate a micro camicie o maglieria impreziosita da tanti bottoni colorati.

Marco Lodola x Alessandro Enriquez

In occasione della settimana della moda di Milano, anche Giorgio Armani accompagna gli ospiti dopo lo show negli spazi di Armani/Silos per inaugurare la mostra Guy Bourdin: Storyteller, visitabile fino al 31 agosto, un omaggio all’opera provocatoria, sexy e sensuale del fotografo francese. Bourdin è stato essenzialmente uno storyteller, capace di racchiudere dei romanzi in un singolo scatto dai colori saturi e dall’affascinante narrativa.

Oltre cento opere scelta da Armani insieme a The Guy Bourdin Estate, dalle più iconiche a quelle meno note, dove viene esaltata la sua inconfondibile idea di composizione.

Ventuno scatti in bianco e nero mostrano la capacità espressiva dell’artista anche con il più semplice dei contrasti, mentre un’altra sezione esplora il suo amore per il cinema e il talento per le campagne pubblicitarie, immaginate come scene del crimine o trame alla Alfred Hitchcock.

«Questa mostra conferma la mia volontà di fare di Armani/Silos un centro di cultura fotografica contemporanea, includendo ciò che è prossimo al mondo Armani, ma anche ciò che ne è lontano. A prima vista, Guy Bourdin non è un autore a me vicino: il suo era un linguaggio netto, grafico, forte. Nella sua opera quel che si percepisce subito, in superficie, è la provocazione, ma quello che mi colpisce, e che ho voluto mettere in risalto, sono piuttosto la sua libertà creativa, la sua capacità narrativa e il suo grande amore per il cinema. Bourdin non seguiva la corrente e non scendeva a compromessi: un tratto nel quale mi riconosco io stesso, credo non ci sia un altro modo per lasciare un segno nell’immaginario collettivo» dichiara Giorgio Armani.

Come antitesi, infatti, l’arte non passa mai di moda e dunque fornisce, con questo magico allineamento fra le due, la più grande musa che permette agli stilisti e ai brand di aggiornare continuamente quel guardaroba composto di abiti e accessori del quotidiano.

Giorgio Armani presso Armani/Silos per la mostra 'Guy Bourdin:Storyteller'

In occasione della settimana della moda di Milano, anche Giorgio Armani accompagna gli ospiti dopo lo show negli spazi di Armani/Silos per inaugurare la mostra Guy Bourdin: Storyteller, visitabile fino al 31 agosto, un omaggio all’opera provocatoria, sexy e sensuale del fotografo francese. Bourdin è stato essenzialmente uno storyteller, capace di racchiudere dei romanzi in un singolo scatto dai colori saturi e dall’affascinante narrativa.

Oltre cento opere scelta da Armani insieme a The Guy Bourdin Estate, dalle più iconiche a quelle meno note, dove viene esaltata la sua inconfondibile idea di composizione.

Ventuno scatti in bianco e nero mostrano la capacità espressiva dell’artista anche con il più semplice dei contrasti, mentre un’altra sezione esplora il suo amore per il cinema e il talento per le campagne pubblicitarie, immaginate come scene del crimine o trame alla Alfred Hitchcock.

«Questa mostra conferma la mia volontà di fare di Armani/Silos un centro di cultura fotografica contemporanea, includendo ciò che è prossimo al mondo Armani, ma anche ciò che ne è lontano. A prima vista, Guy Bourdin non è un autore a me vicino: il suo era un linguaggio netto, grafico, forte. Nella sua opera quel che si percepisce subito, in superficie, è la provocazione, ma quello che mi colpisce, e che ho voluto mettere in risalto, sono piuttosto la sua libertà creativa, la sua capacità narrativa e il suo grande amore per il cinema. Bourdin non seguiva la corrente e non scendeva a compromessi: un tratto nel quale mi riconosco io stesso, credo non ci sia un altro modo per lasciare un segno nell’immaginario collettivo» dichiara Giorgio Armani.

Come antitesi, infatti, l’arte non passa mai di moda e dunque fornisce, con questo magico allineamento fra le due, la più grande musa che permette agli stilisti e ai brand di aggiornare continuamente quel guardaroba composto di abiti e accessori del quotidiano.

«Made in Milan – Urbanistica Della Moda» apre il primo capitolo di una retrospettiva che mette in scena importanti stilisti rappresentativi di Milano a partire dagli anni Settanta, reinterpretati artisticamente dalle illustrazioni di Jacopo Ascari, unendo il loro stile alle architetture della città. Gianni Versace, Gianfranco Ferrè, Mila Schön, Krizia, Ottavio e Rosita Missoni e Giorgio Armani hanno ognuno un grande quadro a tutta altezza: le vetrine de La Rinascente dialogano con due outfit del 1971 e 1972 dei Missoni mentre via Gesù rappresenta lo storico quartier generale di Versace accostato a due rari abiti couture (uno 1984 in maglia metallica e l’altro in pelle ricamata del 1997), entrambi provenienti dalla Collezione di Franco Jacassi| Vintage Delirium.

L’artwork di Palazzo Ferré in via Pontaccio e lo storico Spazio Krizia di via Manin sono accostati a degli abiti da sera d’alta moda (1988/89 di Gianfranco Ferré e un tipico vestito animalier di Krizia anni Novanta), tratti rispettivamente dalla Fondazione Ferrè e da Modateca Deanna. Il disegno con le storiche vetrine di Mila Schön in via Montenapoleone è accostato a due abiti iconici, il primo con i tagli di Lucio Fontana e il secondo, un classico abito a righe bianche-nere.

L’architettura di Tadao Ando usata per dare carattere al Teatro Armani e alla storica sede di via Borgonuovo dialoga con due vestiti da sera firmati dallo stilista negli anni 2000 (dall’archivio Modateca Deanna).

Commenta Jacopo Ascari, illustratore e creative director: «Con le tavole realizzate per la mostra mi sono dato l’ambizioso l’obiettivo di raccontare la tensione verso il futuro che caratterizza quei luoghi di Milano dove la Moda si è fatta grande, sfruttando quell’essere incubatore unico al mondo per l’affermarsi delle Arti che oggi caratterizzano la città. Nel riflettere sul rapporto tra Milano e la Moda non ho voluto rappresentare luoghi semplicemente statici, ma due realtà che si plasmano a vicenda in coaguli di nodi intrecciati e nuove idee».

Mauro Galligari, direttore della comunicazione di Camera Showroom Milano, dichiara: «Chi lavora nella moda, può farlo in due modi. C’è chi guarda solo al fatturato, alle vendite, in pratica ai numeri che il sistema vuole sempre in crescita. Oppure svolgere un lavoro guardando soprattutto alla parte creativa, cercando di innovare e provando ad inventare cose nuove. Questo secondo modo più artistico, ha permesso alla moda quel continuo rinnovarsi nel suo percorso, grazie a persone visionarie e soprattutto coraggiose; alcune delle quali hanno avuto successo ed hanno sviluppato nel loro divenire anche il business. Lavorare e lasciare il proprio segno creativo o la propria visione, credo sia una delle cose più meravigliose che si possono fare».

Come antitesi, infatti, l’arte non passa mai di moda e dunque fornisce, con questo magico allineamento fra le due, la più grande musa che permette agli stilisti e ai brand di aggiornare continuamente quel guardaroba composto di abiti e accessori del quotidiano.

'Made in Milan - Urbanistica della Moda' - illustrazioni di Jacopo Ascari

«Made in Milan – Urbanistica Della Moda» apre il primo capitolo di una retrospettiva che mette in scena importanti stilisti rappresentativi di Milano a partire dagli anni Settanta, reinterpretati artisticamente dalle illustrazioni di Jacopo Ascari, unendo il loro stile alle architetture della città. Gianni Versace, Gianfranco Ferrè, Mila Schön, Krizia, Ottavio e Rosita Missoni e Giorgio Armani hanno ognuno un grande quadro a tutta altezza: le vetrine de La Rinascente dialogano con due outfit del 1971 e 1972 dei Missoni mentre via Gesù rappresenta lo storico quartier generale di Versace accostato a due rari abiti couture (uno 1984 in maglia metallica e l’altro in pelle ricamata del 1997), entrambi provenienti dalla Collezione di Franco Jacassi| Vintage Delirium.

L’artwork di Palazzo Ferré in via Pontaccio e lo storico Spazio Krizia di via Manin sono accostati a degli abiti da sera d’alta moda (1988/89 di Gianfranco Ferré e un tipico vestito animalier di Krizia anni Novanta), tratti rispettivamente dalla Fondazione Ferrè e da Modateca Deanna. Il disegno con le storiche vetrine di Mila Schön in via Montenapoleone è accostato a due abiti iconici, il primo con i tagli di Lucio Fontana e il secondo, un classico abito a righe bianche-nere.

L’architettura di Tadao Ando usata per dare carattere al Teatro Armani e alla storica sede di via Borgonuovo dialoga con due vestiti da sera firmati dallo stilista negli anni 2000 (dall’archivio Modateca Deanna).

Commenta Jacopo Ascari, illustratore e creative director: «Con le tavole realizzate per la mostra mi sono dato l’ambizioso l’obiettivo di raccontare la tensione verso il futuro che caratterizza quei luoghi di Milano dove la Moda si è fatta grande, sfruttando quell’essere incubatore unico al mondo per l’affermarsi delle Arti che oggi caratterizzano la città. Nel riflettere sul rapporto tra Milano e la Moda non ho voluto rappresentare luoghi semplicemente statici, ma due realtà che si plasmano a vicenda in coaguli di nodi intrecciati e nuove idee».

Mauro Galligari, direttore della comunicazione di Camera Showroom Milano, dichiara: «Chi lavora nella moda, può farlo in due modi. C’è chi guarda solo al fatturato, alle vendite, in pratica ai numeri che il sistema vuole sempre in crescita. Oppure svolgere un lavoro guardando soprattutto alla parte creativa, cercando di innovare e provando ad inventare cose nuove. Questo secondo modo più artistico, ha permesso alla moda quel continuo rinnovarsi nel suo percorso, grazie a persone visionarie e soprattutto coraggiose; alcune delle quali hanno avuto successo ed hanno sviluppato nel loro divenire anche il business. Lavorare e lasciare il proprio segno creativo o la propria visione, credo sia una delle cose più meravigliose che si possono fare».

Come antitesi, infatti, l’arte non passa mai di moda e dunque fornisce, con questo magico allineamento fra le due, la più grande musa che permette agli stilisti e ai brand di aggiornare continuamente quel guardaroba composto di abiti e accessori del quotidiano.

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Barbara Tassara