Baldinini per le nuove generazioni: «Così tramandiamo il nostro heritage»
È un cammino lungo 112 anni quello che ha resto Baldinini uno dei nomi più riconoscibili del made in Italy. L’azienda nasce infatti nel 1910 a San Mauro Pascoli - dove ancora oggi ha sede - da Giuseppe Pollini e dal nonno paterno di Gimmi Baldinini. Al brand si deve la creazione del primo sabot, l’attualissimo e iconico “clog”, che segnerà la svolta e l’avvio della produzione industriale dall’anima artigianale che ancora oggi lo contraddistingue.
Baldinini ha infatti saputo superare con successo l’impercettibile confine che separa l’arte dall’artigianato, «trasformando i materiali in emozioni». Oggi, il brand made in Italy, diventa un modella da seguire per la salvaguardia del patrimonio stilistico e artigianale delle imprese dell’industria calzaturiera e rende fruibile la cultura del «made in Italy» alle nuove generazioni, anche grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna che, insieme a Baldinini, ha creato un archivio storico con oltre 3000 calzature.
Gimmi Baldinini, founder & presidente di Baldinini, ha raccontato a Panorama come si è sviluppata questa partnership virtuosa, riflettendo sull’importanza di salvaguardare questo incredibile patrimonio di conoscenza per le prossime generazioni.
Gimmi Baldinini
Come è nata la collaborazione tra Baldinini e l’Università di Bologna?
L’azienda voleva valorizzare il suo archivio storico, fatto di pezzi unici che hanno contribuito a costruire storia della moda. Questa volontà ha incontrato il progetto di ricerca sul tema degli Archivi della moda condotto nel 2012 dall’Università di Bologna tramite la professoressa Elisa Tosi Brandi.
Cosa mi può raccontare sul progetto?
Il progetto è stato entusiasmante e ha permesso di raccogliere e ordinare i modelli storici dell’azienda. È stato realizzato uno studio della storia di Baldinini e un primo riordino dell'archivio storico relativo al prodotto.
In un primo momento sono stati ordinati i campioni fisici e in un secondo momento, grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Beni Culturali dell'Università di Bologna, Campus di Ravenna, è stato realizzato un database digitale dell'archivio prodotto ed è stato avviato anche il riordino di altri segmenti di archivio come, per esempio, i cataloghi pubblicitari e le riviste. Il database è stato progettato e testato costantemente grazie a una collaborazione attiva fra i referenti dell'archivio della nostra azienda e ricercatori universitari.
Quanto è importante creare un archivio, anche digitale, per un’azienda storica come la sua?
L'archivio è la memoria aziendale e rafforza l'identità del marchio, ma è anche uno strumento cui si fa riferimento per nuove creazioni, come fonte di ispirazione, come luogo da cui attingere testimonianze sulla storia dell'azienda da esibire in uno showroom, in una mostra, oppure in un progetto pubblicitario. Se è digitale è di più facile fruizione perché può essere consultato da più reparti aziendali al fine di individuare la/le calzatura/e di interesse.
Cosa possiamo fare tutti noi per valorizzare un patrimonio così ricco come quello della moda?
Continuare a investire in risorse umane che gestiscano e alimentino costantemente l'archivio storico, che si mantiene vivo attraverso la selezione di quanto viene prodotto oggi. Il rischio della dispersione nelle imprese di moda è molto elevato.
Abbiamo inoltre deciso di condividere i risultati di questo progetto con il pubblico attraverso la realizzazione di un museo aziendale e di progetti digitali tramite i social media.
Quale linguaggio è il più efficace per tramandare le tradizioni alle nuove generazioni?
Il linguaggio più efficace oggi è sicuramente quello che fa capo al digitale, che permette la diffusione di immagini di archivio con i consumatori, studenti e appassionati di moda.
Anche la realizzazione di un museo fisico, dove sia possibile vedere l’evoluzione delle creazioni realizzate nel corso degli anni, è sicuramente un’esperienza immersiva ed emozionante.