Lentezze normative e rischio infiltrazione dei clan. L’incentivo per ristrutturazioni edilizie è una buona misura, ma di difficile attuazione, visto peraltro che i tempi stringono.
Realizzare il «cappotto termico» alla propria abitazione, ristrutturarla con criteri antisismici, installare impianti fotovoltaici per evitare sprechi energetici. Una serie di interventi per ripensare le case e i condomini, dando una spinta all’edilizia, settore in affanno ben prima del Covid. Una bella idea quella del Superbonus al 110%, che garantisce detrazioni addirittura superiori alla spesa.
Una prospettiva allettante, perché chi usa l’incentivo può chiedere all’azienda di ottenere lo sconto in fattura, senza dover pagare nulla al termine del lavoro. Tocca all’azienda recuperare l’importo attraverso il credito d’imposta. Un’altra opzione è la cessione del credito, che prevede il trasferimento del credito, relativo agli interventi sugli edifici, alle banche o ad altri intermediari finanziari. In entrambi i casi servono, comunque, adeguate competenze.
Anche per questo, all’atto pratico, il Superbonus rischia di trasformarsi in un fallimento al 100% o giù di lì, a causa di un ritardo in partenza e di una soffocante stretta burocratica. Il progetto, fortemente voluto dall’ex sottosegretario Riccardo Fraccaro, è stato varato dal Conte 2, senza un’adeguata programmazione e con scarso personale. Non solo: bisogna trovare gli anticorpi contro le possibili infiltrazioni della criminalità organizzata.
L’allarme è stato lanciato per primo dal procuratore capo di Salerno, Giuseppe Borrelli: «La criminalità si sta organizzando per sfruttare i finanziamenti per la ristrutturazione e l’efficientamento energetico degli edifici». Spiega a Panorama Raffaele Trano, eletto con i Cinque stelle e ora deputato di L’Alternativa c’è: «Esiste il rischio concreto che i clan fiutino l’affare. È chiaro che per le organizzazioni criminali questa pandemia, e il suo prolungarsi, si sia trasformata in un’occasione per fagocitare imprese commerciali, ma soprattutto interi complessi immobiliari a un buon prezzo per poi riqualificarli con l’utilizzo del Superbonus 110%».
Tra tanti problemi, lo scopo dell’incentivo è ambizioso: secondo un rapporto della Camera e del centro ricerche Cresme, l’impatto del provvedimento può generare un volume di affari di oltre 8 miliardi di euro; un miliardo e seicento milioni nel 2021 e circa 6 miliardi e mezzo nel 2022. Ma le ultime cifre fornite dal monitoraggio di Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) indicano che a metà marzo sono stati effettuati 6.512 interventi legati al Superbonus per un ammontare di quasi 750 milioni. Una buona accelerazione rispetto al mese precedente.
Ma non è sufficiente. «Fino a oggi i problemi hanno sovrastato i buoni propositi. Purtroppo avevamo avvertito di questa possibilità», afferma il presidente dell’Ance, Gabriele Buia. «La spesa finale rischia di fermarsi a 4 miliardi rispetto ai 6 miliardi e mezzo inizialmente previsti dal governo», aggiunge il numero uno dell’associazione dei costruttori.
La normativa, inizialmente prevista per il 2021, è stata prolungata al 2022. Una durata troppo breve che rischia di far finire il Superbonus nell’archivio delle buone intenzioni prive di effetti. Le pecche non mancano: la deputata grillina, Azzurra Cancelleri, ha riaffermato la necessità di allargare la platea dei beneficiari alle strutture alberghiere: «Sono una fervente sostenitrice della misura, per questo è opportuno allargare i benefici», dice. Il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, ha promesso l’impegno per reperire le risorse necessarie.
I dati sintetizzano il problema della burocrazia. Un’interrogazione presentata dalla deputata di Fratelli d’Italia, Monica Ciaburro, spiega il quadro: il 52,3% ha segnalato il ritardato inizio delle attività a causa di problemi burocratici, mentre il 42,5% indica la mancata risposta di uffici comunali e pubbliche amministrazioni. «La quota di imprese che segnalano la mancata risposta degli uffici pubblici nei Comuni con oltre 10.000 abitanti è del 71,6%, il doppio rispetto al 36,9% rilevato nei comuni al di sotto dei 10.000 abitanti», si legge nell’atto depositato a Montecitorio. Nelle metropoli possono trascorrere mesi prima di avere delle risposte.
Talvolta anche sei mesi. Fabio Vidotto, ingegnere e fondatore del network di professioni Detrazionifacili.it, spiega: «I fabbricati devono essere perfettamente in regola, sia a livello documentale sia esecutivo. Invece ci troviamo di fronte a tantissimi casi di difformità, dalle monofamiliari ai grandi condomini, aprendo un lungo iter burocratico tra pratiche e accessi agli atti nei Comuni».
Il governo aveva stanziato 10 milioni aggiuntivi per l’assunzione di personale, a tempo determinato, per espletare le pratiche del Superbonus 110%.
Ma il ministero della Transizione ecologica, guidato da Roberto Cingolani, ha ammesso l’insufficienza delle risorse. «Ipotizzando un costo medio prevedibile di un contratto di durata annuale di 30-35.000 euro a carico dell’amministrazione comunale, sarebbe possibile al massimo la stipula di circa 300 contratti a fronte di un numero molto maggiore di enti interessati» ha detto la sottosegretaria Ilaria Fontana, rispondendo a un’interrogazione della deputata di Italia viva, Silvia Fregolent.
«La complessità normativa, una serie di vincoli, la farraginosità della macchina della pubblica amministrazione, soprattutto a livello territoriale e amplificata con lo smart working, rischiano di non far sfruttare appieno il grande potenziale dell’incentivo», osserva con Panorama il segretario generale della Cna, Sergio Silvestrini.
La richiesta è quindi netta: un taglio della burocrazia. La deputata Ciaburro osserva: «Con regole chiare attraverso le quali è più semplice avere la trasparenza e la legalità». Come? «Sarebbe necessaria una cabina di regia che coinvolga i ministeri, Agenzia delle entrate e tutti gli attori coinvolti a esprimere pareri, affinché ci sia una sola voce nel dare istruzioni. Bisogna poi prevedere una proroga almeno fino alla fine del 2023 e spero anche che si valuti l’opportunità di rendere strutturale la misura».
La proroga, appunto. Perché il tempo, mai come in questo caso, è denaro: per garantire la ricezione degli incentivi bisogna completare i lavori al 60% entro determinate scadenze. Altrimenti decade una fetta delle agevolazioni, con conseguenze complicate. «Si aprirebbero contenziosi che le imprese non possono sostenere. Anche per questo occorre una proroga» osservano dall’Ance. Altrimenti le buone intenzioni del Superbonus sono destinare ad annegare nel mare magnum della procedure.