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Gladio, delitto Rostagno e traffici di armi: i misteri insoluti di Chinisia

Gladio, delitto Rostagno e traffici di armi: i misteri insoluti di Chinisia

Il nostro collaboratore Sergio Barlocchetti ha appena pubblicato un libro ispirato alla storia dell’enigmatico aeroporto militare siciliano. Vicende oscure, fra le quali l’uccisione del leader di Lotta continua. Di cui Panorama si era già occupato nel 1996.

  • La pista militare al centro di mille intrighi
  • Losche trame fra verità e strumentalizzazioni

    Gladio, delitto Rostagno e traffici di armi: i misteri insoluti di Chinisia
    Il libro ispirato alla base militare siciliana.
    Il libro ispirato alla base militare siciliana.


    Torna a far parlare di sé l’aeroporto dei misteri. Il collaboratore di Panorama Sergio Barlocchetti, ingegnere aerospaziale, pilota di aeroplani e giornalista, ha appena dato alle stempe un romanzo intitolato Chinisia. Ambientata oggigiorno, la storia prende spunto da fatti realmente accaduti tra gli anni Sessanta e Ottanta in Sicilia, all’aeroporto militare di Chinisia, oggi in rovina.

    Situata 16 chilometri a Sud di Trapani, la pista era stata allestita negli anni Trenta come campo di volo della Regia Aeronautica. «Considerato aeroporto segreto, fino all’aprile 1941 era semplicemente un prato, munito solo di manica a vento che segnalava la direzione e l’intensità dei venti» si legge in un articolo pubblicato da Aldo Messina sul mensile trapanese La risacca. «La struttura venne inaugurata nel 1949 come aeroporto militare (…) i voli militari proseguirono fino alla sua definitiva dismissione, alla fine degli anni Settanta».

    In realtà, del tutto dismesso non fu. «Quell’aeroporto non era poi davvero abbandonato» scrive Rino Giacalone sul sito Alqamah – L’informazione libera dei siciliani, in cui racconta dei «traffici segreti che avrebbero riguardato quella struttura, grazie proprio ai servizi segreti». Il giornalista aggiunge poi che «in un’altra indagine le Procura di Trapani e quella di Roma, scoprirono che quell’aeroporto era una delle strutture segrete di Gladio».

    In un altro articolo pubblicato sul sito Antimafia, Giacolone si spiega meglio: «Qui venivano ad esercitarsi gli uomini della Gladio siciliana, la struttura “parallela” della Nato venuta ad insediarsi a Trapani quando il suo “impegno” strategico sulla carta era fronteggiare il “pericolo” comunista. Quando cadde il muro di Berlino, Gladio con il centro Scorpione era già insediato a Trapani dal 1987». Prosegue Giacalone: «A capeggiarlo un “maresciallo” del Sismi, Vincenzo Li Causi, morto ammazzato nel 1993 in Somalia da cosiddetto “fuoco amico” alla vigilia di un suo ritorno a Trapani dove i magistrati volevano sentirlo ancora sugli affari della Gladio trapanese». Negli anni Ottanta, sulla pista sperduta fra arbusti e uliveti sarebbe transitato anche un traffico di armi fra Italia e Somalia. «Una storia mai chiarita che resta sullo sfondo del delitto di Mauro Rostagno» spiega Giacalone.

    Tutte queste storie hanno affascinato Sergio Barlocchetti, che attorno alla ex base dell’Aeronautica militare italiana ha ambientato il suo libro, pubblicato da TraccePerLaMeta edizioni di Milano, 230 pagine, 15 euro. «Nelle estati 2007 e 2008 volai molto sulla Sicilia. La passione per la storia aeronautica aveva spinto me e un mio amico a portare con noi una carta sulla quale avevamo segnato la posizione di piste della seconda guerra mondiale» spiega l’autore. «Milo, Sciacca, Ragusa, Castelvetrano, Pantelleria e naturalmente Chinisia. La presenza dei resti della base ci spinse a visitarla da terra e il luogo mi ha incantato per la sua storia e per il mistero che la circonda, uniti a una bellezza unica, con l’ingresso della base dal quale si ammirano le isole Egadi. Qualche anno dopo, nel 2014-2015, ho lavorato come Flight Test Engineer presso la base militare di Trapani Birgi abitando a poca distanza dal quel luogo». E così è nato il romanzo.
    Chinisia parla anche di Mauro Rostagno. Il sociologo torinese, fra i fondatori di Lotta Continua, venne ammazzato il 26 settembre 1988 a Lenzi di Valderice, a meno di 20 chilometri dall’aeroporto di Chinisia. Da Milano, dove dopo il 1968 aveva aperto il locale Macondo, Rostagno era approdato in Sicilia al termine di una parentesi indiana con gli arancioni del guru Osho. Nel 1981 aveva fondato, proprio a Lenzi, la comunità socioterapeutica Saman, insieme alla sua seconda moglie Chicca Roveri e al controverso ex editore Francesco Cardella.

    Per l’assassinio di Rostagno il capo mafia di Trapani Vincenzo Virga si prese l’ergastolo, condanna poi confermata in appello. Come si legge in un altro articolo pubblicato il 21 marzo 2019 sul sito Antimafia, «di fatto i giudici hanno confermato che il giornalista-sociologo venne eliminato perché, anche attraverso gli schermi della tv privata Rtc, aveva alzato il velo sugli interessi di Cosa nostra a Trapani». La sentenza della Corte di Assise analizza a fondo anche il caso Chinisia.

    E qui entra in scena Panorama. Il 12 dicembre 1996 Valeria Gandus aveva pubblicato sul settimanale (vedi sotto) una storia che la giornalista aveva definito «l’ultima incredibile “verità” sull’omicidio di Mauro Rostagno». Sergio Di Cori, questo il nome del testimone arrivato appositamente dagli Stati Uniti, aveva raccontato a Gianfranco Garofalo, il procuratore capo di Trapani che indagava sulla morte di Rostagno, «una storia romanzesca», secondo quanto scrisse la Gandus. La complicata ricostruzione di Di Cori venne così sintetizzata dalla giornalista: «Un gruppo di potenti donne socialiste affiliate a una setta esoterica. Un colossale traffico d’armi gestito da ex ministri e banchieri del Garofano. Aerei militari che scaricano aiuti per il Terzo mondo e caricano mitragliatrici. Un testimone nascosto fra le frasche con l’amante clandestina. La sua esecuzione per aver visto cose che non doveva vedere…»

    Vecchio amico di Rostagno, Di Cori era stato un redattore dell’Unità negli anni Settanta e nel 1996 era titolare in California di un’agenzia specializzata in giornalismo investigativo. Come scrisse su Repubblica Attilio Bolzoni il 5 dicembre, «la sua deposizione – giudicata “interessante” dai magistrati per alcuni particolari che gli investigatori avrebbero in parte già riscontrato – è entrata ufficialmente l’ 8 ottobre scorso nell’inchiesta giudiziaria sul delitto di Saman». Bolzoni mise però le mani avanti: «L’attendibilità generale del teste è comunque ancora tutta da verificare».

    Ancor più cauta la Gandus: «Quale credito viene dato dalla magistratura a questa storia? La procura di Trapani fa solo sapere che sono in corso accertamenti sul racconto del testimone, ma le indiscrezioni parlano di un certo imbarazzo: il racconto conterrebbe qualche mezza verità e molta fantasia». La giornalista di Panorama riferiva la versione di Di Cori con sense of humour: «I mandanti del delitto sarebbero stati, appunto, importanti esponenti socialisti coinvolti in un traffico d’armi improvvidamente scoperto proprio da un Rostagno che, per l’occasione, indossa i panni di un aitante ma sprovveduto Philip Marlowe».

    Rostagno avrebbe scoperto il traffico durante un incontro clandestino con una donna sposata, per giunta moglie di un generale. «Mentre erano lì, in macchina, Mauro vide un aereo militare, due camion e soldati (…) dalla pancia dell’aereo aveva visto scaricare delle casse, uno dei soldati aveva preso delle mitragliatrici dall’interno della cassa» è la ricostruzione di Di Cori, secondo cui poi Rostagno avrebbe anche filmato una scena degli aerei dove venivano caricate le armi. «Mauro era convinto che si trattasse di un’operazione sporca organizzata direttamente dal governo italiano, coperto dal ministero degli Esteri, e che quel carico d’armi fosse destinato alla Somalia».

    L’intervista a Di Cori suscitò perplessità in Valeria Gandus, che concluse il suo pezzo con una serie di domande: «Che fine ha fatto, tanto per dire, il fantomatico video? Possibile che Rostagno non ne abbia conservato una copia? O che non ne abbia consegnata una a Giovanni Falcone, con il quale, sempre secondo il racconto di Di Cori, avrebbe avuto un incontro? La verità sulla morte di Rostagno, insomma, pare ancora lontana».

    Sulla vicenda, la giornalista di Panorama era poi stata chiamata a deporre come teste in Corte di assise a Trapani nell’ambito del processo per l’omicidio di Rostagno. Come si legge nella sentenza, dopo aver ricostruito gli eventi, la Gandus riferì che «aveva già concordato la pubblicazione con il direttore Monti. Ma vi fu un cambio di direzione e il nuovo direttore di Panorama, Giuliano Ferrara, iniziò a frapporle ostacoli, perché considerava tutta la storia “una roba ridicola”». Aggiunse la giornalista: «Io litigai anche un po’ perché dico “ma insomma questa è la storia, non mettiamo nomi, non facciamo niente però non posso non scrivere che sono coinvolti dei socialisti”. Poi alla fine concordammo e l’articolo uscì».

    Anche se la deposizione di Di Cori pare poco attendibile, la storia della base di Chinisia, che fino a pochi mesi fa ha anche ospitato una tendopoli con i migranti che sbarcavano a Lampedusa, resta enigmatica. Sergio Barlocchetti, per esempio, racconta un episodio che riguarda il fratello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Non si seppe mai che cosa portò nell’aeroporto abbandonato i magistrati di Palermo che indagavano sul viaggio segreto in Sicilia di Giulio Andreotti per incontrare il capomafia Stefano Bontade. Era la primavera del 1980, pochi mesi dopo l’omicidio del presidente della Regione Piersanti Mattarella».

    «La storia di Chinisia è ancora piena di misteri» conclude Barlocchetti, «e su questa si innesta la trama di fantasia del mio romanzo, con lo scopo di mantenere viva la memoria su fatti mai chiariti della nostra storia recente».



    Assassinio Rostagno: tra Cardella e la dea Kalì​ – LE SERIE STORICHE DI PANORAMA​

    Un gruppo di potenti donne socialiste affiliate a una setta esoterica. Un colossale traffico d’armi gestito da ex ministri e banchieri del Garofano. Aerei militari che scaricano aiuti per il Terzo mondo e caricano mitragliatrici. Un testimone nascosto fra le frasche con l’amante clandestina. La sua esecuzione per aver visto cose che non doveva vedere…

    È la trama di una spy-story all’italiana? Il copione di uno spettacolo di cabaret «noir»? No, sono gli ingredienti dell’ultima incredibile «verità» sull’omicidio di Mauro Rostagno, ex leader di Lotta continua ucciso otto anni fa a colpi di lupara a pochi passi dalla comunità terapeutica Saman che aveva fondato vicino a Trapani con Francesco Cardella. Non bastavano le polemiche innescate dall’arresto, l’estate scorsa, di Chicca Roveri, la vedova di Rostagno accusata di concorso in omicidio, e da alcuni ex membri della comunità, indicati come esecutori materiali, tutti poi scarcerati per decisione della stessa Procura o per intervento del Tribunale della libertà.

    Un nuovo testimone è tomato apposta dagli Usa per dire la sua sul mistero: Sergio Di Cori, 46 anni, giornalista. A Gianfranco Garofalo, titolare dell’inchiesta, Di Cori ha raccontato una storia romanzesca. La deposizione, avvenuta ai primi di settembre, sarebbe dovuta rimanere segreta, ma Di Cori ne ha gia raccontato il contenuto a diverse persone. Anche Panorama ha incontrato il giornalista. E il mensile Re Nudo esce addirittura nei prossimi giomi con un dossier di 10 pagine a firma dello stesso Di Cori: vi si legge, nemmeno troppo fra le righe, che i mandanti del delitto sarebbero stati, appunto, importanti esponenti socialisti coinvolti in un traffico d’armi improvvidamente scoperto proprio da un Rostagno che, per l’occasione, indossa i panni di un aitante ma sprovveduto Philip Marlowe.

    La scoperta del Iosco traffico sarebbe infatti avvenuta fortuitamente, nel marzo del 1988, durante un incontro clandestino con una donna sposata: Rostagno e la signora si amavano in macchina, nascosti dalle alte frasche di un campo incolto non Iontano da Trapani, quando un aereo atterrò sulla pista di un aeroporto ormai abbandonato. Intanto sul luogo convergevano alcuni mezzi militari dai quali uomini in tuta mimetica scaricavano casse poi scambiate con altre contenute neli’aereo.

    Che cosa c’era in quelle casse? Armi, secondo il racconto di Di Cori. Destinate, sempre secondo lui, alia Somalia. Ma il risvolto piu fantascientifico della vicenda è che di un’operazione analoga esisterebbe – o meglio sarebbe esistito – un video girato personalmente da Rostagno, tomato piu volte nello stesso luogo con lo scopo di documentare il traffico. Sarebbe stato proprio questo video, arrivato (tramite Cardella?) negli uffici socialisti di via del Corso, a decretare la condanna a morte di Rostagno.

    Quale credito viene dato dalla magistratura a questa storia? La procura di Trapani fa solo sapere che sono in corso accertamenti sul racconto del testimone, ma le indiscrezioni parlano di un certo imbarazzo: il racconto conterrebbe qualche mezza verità e molta fantasia. Il testo pubblicato da Re Nudo, poi, contiene qualche dettaglio, come dire?, esilarante. Di Cori attribuisce notevole importanza all’influenza della setta «sufi» cui gran parte delle donne socialiste romane degli anni Ottanta avrebbero aderito cadendo in «uno stato generale di delirio di onnipotenza» e finendo «col credere, ma sul serio, di essere una specie di reincamazione di antiche divinita orientali».

    Difficile immaginarsi Margherita Boniver come una dea Kalì reincarnata. Anche sugli aspetti più hard della vicenda, le cose non sono chiare. Che fine ha fatto, tanto per dire, il fantomatico video? Possibile che Rostagno non ne abbia conservato una copia? O che non ne abbia consegnata una a Giovanni Falcone, con il quale, sempre secondo il racconto di Di Cori, avrebbe avuto un incontro? La verita sulla morte di Rostagno, insomma, pare ancora lontana. Certo più del luogo in cui Cardella, latitante chissà dove, si gode il patrimonio accumulate con l’allegra gestione di Saman.


    Valeria Gandus

    PUBBLICATO IL 12 DICEMBRE 1996


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