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Pusher di cittadinanza

Pusher di cittadinanza

Da inchieste e arresti in tutta Italia emerge che della misura assistenziale voluta dai Cinque stelle beneficiano sia gli spacciatori sia i clienti. Che acquistano la droga e pagano all’arrivo del bonus.


Spacciatori organizzati e pusher da quasi due anni ormai hanno scelto una nuova, comoda copertura: il reddito di cittadinanza. D’altra parte, i propagandati controlli dell’Inps sembrano aver creato attorno ai percettori della misura di assistenza grillina una sorta di «comfort zone» nella quale è possibile muoversi senza dare troppo nell’occhio. Il pusher con reddito di cittadinanza, sapendo che i condannati per gravi reati non hanno diritto a questa misura, sente di essere passato già sotto un metal detector e ritiene che sia più difficile pensare a lui come a un delinquente. Per molti al momento della domanda è bastato omettere la dichiarazione con le condanne per delitti che inibiscono l’accesso alla misura di sostegno economico (che parte dai 780 euro e oggi viene riscosso da 2 milioni e 419 mila cittadini). Così, insieme agli euro dei contribuenti italiani da poter investire nell’approvvigionamento di stupefacenti, lo spacciatore «sotto copertura» riceve anche una sorta di badge da cittadino al di sopra di ogni sospetto.


I dati dell'Istat disegnano un'Italia a due facce sul Reddito di Cittadinanza
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Il caso più eclatante risale a un anno fa, quando gli uomini del nucleo antidroga della Guardia di finanza sono entrati nel fortino soprannominato «Ciampa di cavallo» a Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, un non luogo popolato famiglie di etnia rom, trasferite lì dal campo di Scordovillo, il più esteso del Sud Italia. Tra i 19 arrestati, comandati da una donna cinquantenne che dal carcere impartiva le direttive alla banda, otto percepivano il reddito di cittadinanza (quattro destinatari diretti e altri quattro componenti di famiglie che beneficiavano della misura) nonostante il giro d’affari milionario, risultato della vendita di cocaina ed eroina ai tossicodipendenti autorizzati a entrare nel «fortino». L‘incidenza del reddito di cittadinanza per numero di abitanti è molto alta in Calabria, che conta tre province in cima alla classifica: Crotone al primo posto (ex aequo con Napoli) con il 16,4 per cento, Reggio Calabria al sesto posto (dopo Palermo, Caserta, Catania e Siracusa) con l’11,7 per cento, e Catanzaro al decimo (dopo Trapani e Caltanissetta) con l’11 per cento.

Anche la Sicilia garantisce sorprese nello spaccio organizzato da percettori del bonus. A Floridia, nel Siracusano, un falso povero disponeva di una Porsche Macan nuova di zecca. La spesa, però, la faceva con la tessera del reddito grillino. Durante un controllo nella sua abitazione, i finanzieri hanno scoperto nella cappa della cucina aveva nascosto 327 dosi di cocaina e un migliaio di euro in contanti.

A Ragusa, invece, altri due spacciatori avevano scelto la cesta della biancheria per occultare coca e proventi del traffico illecito. I libri di favole per bambini sono stati preferiti dal pusher con reddito di cittadinanza beccato a Torre Annunziata (Napoli): tra le pagine avevo sistemato 30 mila euro in banconote da cento.

A Scafati, in provincia di Salerno, una donna, soprannominata la «dama del crack», in pieno lockdown riforniva i clienti che, in caso di controllo delle forze dell’ordine, fingevano di recarsi in farmacia o al supermercato, certi di non destare sospetti. Poi, però, facevano sempre una puntatina dalla signora di Scafati o dai suoi due collaboratori. Ai primi controlli è risultato subito che tutti e tre percepivano il reddito di cittadinanza. La procura ha notificato a tutti un divieto di dimora nella provincia di Salerno. Una segnalazione all’Inps, poi, dovrebbe aver bloccato l’erogazione del reddito.

A incassare l’emolumento-bandiera dei Cinque stelle ce l’ha fatta addirittura un’intera banda di narcotrafficanti calabresi trapiantati ad Aosta. Ne godevano nove dei dieci arrestati, che poi facevano affari rifornendo la valle di eroina e cocaina. Un giro che fruttava, hanno stimato gli investigatori, fino a 70 mila euro al mese. A capo dell’organizzazione, un sessantottenne originario di San Luca (Reggio Calabria), pluripregiudicato e fino alla fine del 2018 sottoposto a sorveglianza speciale, già condannato per una operazione sui canali calabresi del narcotraffico con la Colombia. Era l’unico della gang a non incassare il reddito di cittadinanza.

E si arriva a Trento, dove un pluripregiudicato ha costruito nella sua abitazione una serra per marijuana. È risultato beneficiario del reddito grillino e pure assegnatario di un alloggio pubblico Itea a canone minimo. Bonus cumulati anche per uno spacciatore riminese arrestato il 13 settembre scorso: è risultato essere titolare di pensione d’invalidità e reddito di cittadinanza. Come a Roma, dove nel quartiere di Torvergata una famiglia di pusher che per lo Stato era indigente, oltre a ricevere il contributo pentastellato, pagava per un alloggio comunale di 100 metri quadri, ristrutturato in sobrio «stile Gomorra», otto euro al mese. I finanzieri entrati nell’appartamento hanno trovato una smart tv da 80 pollici ed eleganti divani e poltrone Chesterfield. Fuori, anche un parco auto di tutto rispetto.

A Marene, in provincia di Cuneo, lo spacciatore ha cercato invece di nascondersi proprio dietro al bonus dichiarando, quando è stato fermato dai carabinieri, «ho il reddito di cittadinanza». Ma non è bastato: aveva in tasca un panetto di hashish da un chilo ed è stato arrestato. Ad Arenzano, nel genovese, lo spacciatore con bonus di cittadinanza era pure armato come un killer: durante una perquisizione gli sono state trovate due pistole a tamburo, di cui una rubata, e 350 proiettili. Nel 2008, coinvolto in una rissa, aveva pestato un diciannovenne albanese fino a provocarne il coma.

Condannato per tentato omicidio, era riuscito a ottenere il reddito di cittadinanza dichiarando di essere residente nel Comune, ma senza fissa dimora. Abitava però a casa dei genitori e investiva il bonus statale nell’acquisto di stupefacenti da rivendere ai tossici del quartiere.

Anche ad Avellino, dove due settimane fa è stata sgominata una banda di spacciatori, i soldi del reddito assistenziale finivano nel mercato della droga. Ma questa volta erano i tossicodipendenti a pagare con il bonus, ottenendo credito proprio grazie a esso. Non avendo denaro contante – è emerso dalle intercettazioni – si impegnavano a pagare le dosi al momento dell’accredito dei 780 euro da parte dell’Inps. «Ti pago appena mi ricaricano» garantivano al telefono ai loro spacciatori. E i pusher erano certi che, grazie allo Stato, i soldi sarebbero arrivati.

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