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La triste fine del vaccino italiano contro il Covid

La triste fine del vaccino italiano contro il Covid

Era il 30 agosto quando un trionfante Zingaretti annunciava dallo Spallanzani di Roma il via alla sperimentazione del vaccino contro il Covid tutto italiano, in collaborazione con Reithera. Da allora nessuna notizia e nemmeno un ordine di acquisto da parte del governo


Che fine ha fatto il vaccino italiano ReiThera quello annunciato da Zingaretti lo scorso 30 agosto, giornata del primo test della Fase 1 sul primo volontario? La sperimentazione finanziata dal Ministero della Ricerca Scientifica e con 8 milioni di euro dalla Regione Lazio e dal Ministero della Salute ancora in fase di sperimentazione all’Istituto Spallanzani di Roma e presso l’Ospedale GB Rossi di Verona sembra essere al palo.

Ad una settimana dalla somministrazione anche in Italia delle prime dosi di vaccino di Pfizer-Biontech che partirà con il Vaccine Day europeo il 27 dicembre, il commissario Arcuri ha annunciato alcuni problemi, un ritardo nell’arrivo dei vaccini ordinati. Le 202 milioni previste per l’Italia: “non arriveranno più in 15 mesi ma in 21 mesi perché Sanofi, che doveva darci 40 milioni di dosi nel terzo e quarto trimestre del 2021 ha un ritardo.” Ma nella lista dei vaccini acquistati di quello Made in Italy non si fa alcuna menzione.


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«Molti volontari hanno firmato come volontari per la seconda fase della sperimentazione ReiThera ma attendono i vaccini approvati dall’Ema. Io ero pronto; poi hanno cominciato con i primi rinvii di una settimana, poi di due. Poi il nulla; non l’ho ancora fatto e in ospedale mi hanno comunicato che faranno quello Pfizer quindi esco dalla sperimentazione» – ci riferisce un operatore sanitario

Quanti volontari avranno preso la stessa decisione? La somministrazione di un altro vaccino alla popolazione potrebbe compromettere o far modificare la sperimentazione di ReiThera? Quando si arriverà alla terza fase che prevede la partecipazione di un’importante fetta della popolazione? È etico privare questi soggetti di un vaccino già efficace per la sperimentazione di un altro? Soprattutto: che senso ha proseguire con la sperimentazione di un vaccino se sul mercato a breve ce ne saranno diversi già pronti e validati?

Lo abbiamo chiesto direttamente allo Spallanzani, al suo direttore scientifico Giuseppe Ippolito. L’ospedale dopo avere chiesto una mail ufficiale con la specifica richiesta non ci ha risposto, così dopo due giorni li abbiamo ricontattati telefonicamente e la risposta è stata che la Regione Lazio ha investito nel progetto e quindi è la Regione che deve rispondere alle domande, non loro.

Contattato l’assessorato alla sanità della Regione Lazio ci hanno fatto sapere che avrebbero chiesto allo Spallanzani a che punto é la ricerca ma ad oggi non ci hanno fatto sapere nulla. Il solito palleggio di responsabilità che lascia aperto ogni dubbio.

Reithera avrebbe da poco concluso la fase 1 della sperimentazione effettuata su 90 volontari sani, divisi in due fasce di età: la prima 18-55 anni e l’altra 65- 85 anni. I due gruppi sono stati divisi in tre sotto-unità di studio composte ciascuna da 15 volontari, i quali hanno ricevuto una delle tre dosi scalari del vaccino. L’obiettivo principale dello studio è valutare la sicurezza e la tollerabilità di GRAd-COV2 e selezionare una dose di vaccino per ulteriori indagini in uno studio di fase 2/3. L’obiettivo secondario è valutare la capacità del vaccino di indurre risposte immunitarie (anticorpi e cellule T) contro il nuovo coronavirus SARS-CoV-2 nei volontari. Nei prossimi mesi è previsto l’inizio di uno studio internazionale di fase 2/3 più ampio, in attesa dei risultati intermedi positivi di sicurezza e immunogenicità dello studio di fase 1.

«L’efficacia dei farmaci e dei vaccini necessita di uno studio randomizzato» ci spiega un medico del Lazio. Questo tipo di studio consiste nel confrontare nel tempo due fette della popolazione. Ad una viene somministrato il farmaco e all’altra viene dato o un placebo (quando non ci sono già farmaci di provata efficacia) oppure il farmaco di riferimento (in questo caso sarebbe un vaccino già approvato). Ogni studio deve passare da un comitato etico che lo approva, pena la non realizzabilità dello studio. Se uno studio in corso è stato approvato contro placebo perché all’inizio non c’era un farmaco di riferimento ma successivamente questo diventa disponibile perché immesso nel mercato, teoricamente ci sono due possibilità:

1- lo studio si ferma perché diventato non etico

2- si modifica dando il farmaco di riferimento,a questo richiede una modifica molto importante di tutto lo studio allungando anche i tempi e il numero di soggetti da arruolare.

Questo discorso è ancora più cruciale quando si parla di vaccini, in cui diventa capitale per la salute di tutti che la maggior parte delle persone facciano un vaccino efficace per ottenere una immunità di gregge a livello di popolazione. Ovvero diventa assolutamente non etico chiedere a dei volontari di prendere un placebo in presenza di un vaccino efficace soprattutto quando il vaccino disponibile è quello più efficace della storia della vaccinazione come quello Pfizer. In poche parole gli sperimentatori e/o il comitato etico che ha autorizzato uno studio con placebo, dovrebbero intervenire per fermare lo studio e eventualmente farlo modificare di conseguenza. Nel caso del SARS-CoV-2 in realtà in Europa attualmente non c’è alcun vaccino autorizzato per cui va ancora bene. Ma non appena sarà cominciata la distribuzione del vaccino anticovid qualunque ricerca dovrebbe prevedere il confronto tra il nuovo vaccino e quello/i già in commercio.

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