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Il ritorno del maschio alfa

Il ritorno del maschio alfa

Oggi prevale lo stereotipo dell’uomo fragile (e malvagio) e della donna forte (e buona). S’impone un «potere materno» manipolatorio. È ora di mettere ordine tra i ruoli e di riscoprire, soprattutto in tempi così difficili, valori quali il coraggio e la lealtà. Un libro contribuisce utilmente al dibattito.


A un certo punto, nel pieno dell’emergenza coronavirus, si è diffusa una notizia: le donne reagiscono meglio alla malattia, affrontano conseguenze meno gravi rispetto agli uomini. La scrittrice Elena Stancanelli ne ha subito approfittato, su La Stampa, per invocare l’avvento di un «ginocene», cioè di un’era delle donne. «Quando saranno sollevate le misure di restrizione, quando sarà il momento di tornare a lavoro, dovremo occuparci di proteggere e mettere in sicurezza le persone più fragili. Cioè i maschi» ha scritto, immaginando il futuro tutto al femminile come un’era radiosa di pace e armonia, finalmente libera dalla brutale tirannia dell’uomo.

Non è certo la prima volta che si sentono tesi del genere. Anzi, a dirla tutta da qualche anno vanno per la maggiore. Nel discorso pubblico si tendono a valorizzare gli aspetti positivi del femminile, i caratteri luminosi che lo psicologo Erich Neumann attribuiva alla Grande Madre: accoglienza, protettività, dolcezza. Tutte doti che vengono contrapposte alla forza bruta del maschio, al quale è sempre, costantemente associata ogni forma di violenza. Questa insistenza costante – a livello politico, mediatico e artistico – sulla cattiveria maschile e la bontà femminile dovrebbe farci rendere conto che già viviamo in un «ginocene». Le tirate femministe contro il «patriarcato» sono divenute uno stereotipo che fa sorridere, ma a ben vedere l’esistenza di un dominio maschile è da tempo prevalente. Anche se – come aveva notato perfino Karl Marx – il padre è stato da tempo detronizzato.

Il padre, colui che pone limiti e regole, non è stato scacciato tanto dai rivoluzionari progressisti, ma da un altro tipo di rivoluzione: quella capitalista. Il pensatore francese Jean-Claude Michéa ha scritto a questo proposito pagine illuminanti. «Dal XIX secolo tutte le forme “patriarcali” del dominio sono state abbondantemente descritte e ricusate, fino a diventare un luogo comune trito e ritrito della critica sociale e dei gender studies» spiega lo studioso nel saggio L’impero del male minore. «Viceversa non si potrebbe dire altrettanto di quelle forme di assoggettamento e manipolazione del prossimo che trovano il loro modello inconscio nell’influenza materna». Questa “dimenticanza” è particolarmente strana. Infatti proprio nel preciso istante in cui la dinamica delle società moderne cominciava a minare il fondamento culturale degli antichi dispositivi patriarcali – screditando tutti i riferimenti alla legge simbolica a vantaggio dei meccanismi del Diritto e del Mercato – l’attenzione della critica sociale è giunta a focalizzarsi quasi esclusivamente su quest’unica modalità di dominio».

A dominarci, oggi, non è però la Grande Madre buona descritta da Neumann. Ma una Madre Terribile soffocante, oppressiva, che vuol tenere stretti al suo seno i figli (sia i maschi sia le femmine) oltre ogni limite, impedendo loro di affrontare liberamente il proprio destino. Oggi lo Stato è mamma, ci chiude in casa «per il nostro bene», come la madre di Parsifal lo teneva imprigionato nel giardino del castello per impedirgli di diventare un cavaliere. Il potere materno ci spinge a una sottomissione dolce, che subiamo di fatto condividendola. Siamo tutti trasformati in bambini: piccoli perversi, ovviamente, che fanno i capricci quando vogliono un giocattolo (e ne bramiamo sempre di nuovi) e non sono mai del tutto indipendenti.

A che cosa serve tutto ciò? A renderci deboli. Inetti e manipolabili. Per questo motivo si combatte il principio maschile, poiché esso rappresenta la forza, e senza forza siamo burattini facili da schiavizzare. A meno che non riprendiamo in mano il nostro destino. Le donne possono farlo riappropriandosi di un femminile vero e positivo. I maschi possono seguire «la via degli uomini». Così si intitola il primo libro dell’americano Jack Donovan appena pubblicato in Italia dall’editore Passaggio al bosco (con una prefazione del sottoscritto, tanto per essere onesti). «Vir è la parola latina per “uomo”. La parola “virtù” viene dal latino “virtus”. Per i romani delle origini, virtus significava virilità e virilità voleva dire valore guerriero. Dimostrare virtù significava mostrare forza, coraggio e lealtà alla tribù in caso di attacco o di difesa dai nemici di Roma» scrive Donovan. È un personaggio totalmente spaesante, il nostro. Cultore del fisico, pensatore dai toni molto diretti ma non per questo privo di raffinatezza. Omosessuale, ma decisamente ostile ai cliché del mondo gay. Attento al maschile, però rispettoso delle donne. E ovviamente odiato dall’intero universo politically correct. Per far riscoprire ai maschi la loro essenza li riporta a uno stato primordiale, in cui i piccoli gruppi dovevano proteggersi e difendere il territorio (cosa che, in fondo, succede anche oggi, in questa sorta di Fight club diffuso che è il mondo moderno).

«La forma più semplice e culturalmente universale di mascolinità abbia a che fare con il modello di comportamento che gli uomini richiedono gli uni dagli altri durante una sorta di crisi o di lotta in corso. Ho chiamato queste le “virtù tattiche”. Quando stanno lottando per sopravvivere, gli uomini hanno bisogno che ognuno sia forte, coraggioso, competente e leale al gruppo. Quindi le virtù tattiche fondamentali della mascolinità sono Forza, Coraggio, Maestria e Onore. Queste sono virtù amorali, intra-culturali, e sono associate alla mascolinità nei tratti principali di quasi ogni cultura mai esistita. Quando gli uomini osservano un altro uomo e dicono “questo uomo è virile”, solitamente significa che si sta comportando in un modo che ha qualcosa a che fare con quelle virtù fondamentali». Se ci fate caso, tutte le virtù indicate da Donovan oggi sono svilite e osteggiate. Ne ricaviamo uomini svirilizzati, e donne che assumono i lati più deteriori del maschile. E allora forse vale la pena superare i pregiudizi e incamminarsi su questo sentiero maschile antico per riscoprire valori che abbiamo perso e che, specie nel momento della catastrofe, faremmo bene a recuperare, a prescindere dal sesso.

Siate forti, coraggiosi, onorevoli.

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