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Carne, i migliori luoghi dove gustarla

Carne, i migliori luoghi dove gustarla

Sono diventati mete di pellegrinaggio perché offrono frollature e tagli provenienti dai migliori allevamenti. viaggio, guidato, nei «templi» della bistecca


Fa bene? Fa male? Se ci si addentra nel tema, c’è il rischio di una guerra di religione, tanto le posizioni sono distanti tra chi mangia carne e chi è diventato vegetariano o vegano. Forse una linea di mezzo – fa bene mangiarne meno, di qualità migliore – mette d’accordo la maggioranza, vegetariani esclusi. Armati di coltello e forchetta, partiamo alla scoperta dei templi per carnivori, che servono tagli pregiati, in ambienti eleganti o più seriali, carichi di energia, valore aggiunto di un ristorante.

A Milano – città sempre più votata ai peccati di gola – ci sono indirizzi collaudati. Come Varrone (fino a non molto tempo fa nell’insegna si leggeva pure «Griglia»), in un quartiere di movida, a un passo dall’ombelico urbano di piazza Gae Aulenti. Patron del locale è Massimo Minutelli, ligure di travolgente entusiasmo con ristoranti a Lucca, e ulteriori progetti sulla piazza milanese: una pizzeria di nuova generazione, ancora top secret. Lo spavaldo motto di Minutelli è «excelencia o muerte», nato durante i viaggi fatti alla ricerca della carne migliore. Mai accontentarsi: la qualità va cercata nel mondo, provata, pagata, selezionata. Bisogna essere di vedute aperte. Non per nulla Varrone ha appena ospitato lo chef Timon Michiels, di Carcasse, indirizzo belga considerato numero uno in Europa nella World’s 101 Best Steak Restaurants. In menu, carni etiche da allevamenti virtuosi: Black Angus dagli Stati Uniti; Wagyu Beef dalle prefetture di Kyoto e Kagoshima (Giappone) o dall’Australia, con ottimale marezzatura (sarebbe il grasso bianco). Poi Cerdo Felix di Joselito e il Buey galiziano dalla Spagna, per tornare in Italia con la Fassona piemontese della Granda.

Un altro ligure, monegasco di adozione, è all’origine del Beefbar milanese, all’interno del Portrait, hotel di lusso della Lungarno Collection (Ferragamo) in corso Venezia, nell’ex seminario arcivescovile. Si chiama Riccardo Giraudi, ceo di Giraudi Group e fondatore del brand Beefbar: venti locali (a Parigi, Londra, Dubai, Monte Carlo) e altri in dirittura d’arrivo. È l’uomo che per primo ha importato il Wagyu in Italia. «Quando solo la carne magra, senza un filo di grasso, era considerata di prima qualità» ricorda l’imprenditore. «Il valore della marezzatura, che dona sapore e preziosità al taglio, non era conosciuto. Non è più così, grazie a noi c’è stata una rivoluzione». Inserito in un contesto sempre in evoluzione (al Portrait è stato appena aperto l’american bar Rumore, su progetto di Giraudi, con scelta esclusiva di Champagne e cocktail sotto la guida della creative director Sara Battaglia), al Beefbar si mangia con gioia, leccandosi le dita.

Lo chef Thierry Paludetto valorizza tagli pregiati, quando non rari, con cotture alla griglia, al vapore, in tempura, al wok. Qualche piatto? Paccheri alla carbonara di manzo, polpette di Wagyu e vitello, Croque Sando (un sontuoso sandwich) al prosciutto di manzo. A Milano la scelta carnivora ha migliaia di adepti tra ristoranti argentini e brasiliani. Ne citiamo due: Don Juan e Barbacoa, effervescenti, affollati di calciatori, e ricordiamo gli indirizzi del Porteño (meriterebbero un ingrandimento, ma non abbiamo tutto lo spazio che vorremmo). Da segnalare locali dallo spirito giovane come quelli del Mannarino, macellerie di quartiere con cucina, idea vincente dei giovani brianzoli Gianmarco Venuto e Filippo Sironi, 13 indirizzi in Italia.

Lasciamo la golosa Milano e andiamo poco distante, a trovare Sergio Motta. Siamo a Inzago Lombardo, dove Motta ha macelleria e ristorante, segnalato dalla Michelin. Sergio – ama esser chiamato per nome – è il re delle lunghe frollature, altrimenti dette Dry Aging: è stato il primo in Italia a praticarle. Le mezzene ci accolgono all’ingresso, nei frigoriferi con vetrina dove si stanno asciugando, anche per mesi, in modo da ottenere una carne che si sciolga in bocca. Gualtiero Marchesi apprezzava il «trattamento Motta», oggi in tanti lo richiedono. Una tendenza, come quella del quinto quarto, ovvero trippe e affini, che valorizza le frattaglie, un tempo cucina povera se non di scarto, adesso proposta da chef blasonati.

Tra i macellai star, spicca Dario Cecchini, forse il butcher più famoso del mondo, da decenni omaggiato e ricercato dai palati fini. Il suo regno originario è nel Chianti fiorentino, a Panzano, con la macelleria e le declinazioni gastronomiche Solo Ciccia, Dario doc, L’Officina della Bistecca. La sua fiorentina è indiscutibile, come un canto della Commedia dantesca. Poi c’è lui, personaggio rustico-chic, seduttivo, dai mustacchi curatissimi. Si esprime anche altrove, non solo in Toscana: per esempio in Franciacorta, con il ristorante Quintale, e presto in una nuova apertura milanese assieme a Francesco Panella, il «Brooklyn Man» che ha deciso di espugnare la metropoli lombarda.

Ma restiamo in Toscana, a Greve in Chianti, dove troviamo la Macelleria Falorni, storica bottega con oltre 200 anni di vita. È gestita dalla famiglia Bencistà Falorni ed è un tempio della cultura gastronomica (e vinicola, grazie a una meravigliosa enoteca) di queste terre baciate da Dio. Carni e salumi toscani, senza divagazioni. Una macelleria-bistrot che ha fatto scuola.

Potevamo non fare un salto in Piemonte, da Oberto? È a Roddi, Cuneo. Chiunque ami la Fassona di razza piemontese (magari sotto forma di tartare, con sopra una pioggia di tartufo bianco d’Alba) gli deve un grato pensiero: è la macelleria artigianale, fondata nel 1965, che l’ha fatta conoscere nel mondo. Oberto non è ristorante, ma fare rifornimento di carne qui non è una cattiva idea. Invece ad Arzignano, nel Vicentino, c’è Damini Macelleria & Affini, prima macelleria in Europa premiata dalla stella Michelin. Giorgio Damini propone Limousine, di capi allevati in Italia, Rubia Gallega spagnola, Wagyu sia dal Giappone sia di produzione nazionale. Una vera festa del palato, con vini di alto lignaggio. Ci fermiamo qui, ben sapendo che il mondo carnivoro è più vasto e che ogni scelta è, appunto, una selezione. Buona bistecca a tutti.

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