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Riti da lockdown: allenarsi come leoni in gabbia

Riti da lockdown: allenarsi come leoni in gabbia

  • Non c’è bisogno del parco o della palestra per evadere dalla nostra «prigione» quotidiana e ritrovare la vera forza. Parola di Paul Wade, 20 anni in carcere duro negli Stati Uniti, che ha scritto un libro su come forgiare il fisico e la mente per sopravvivere (a lungo) in un luogo chiuso.
  • BIG SIX – Gli esercizi fondamentali secondo Paul Wade ex galeotto, ora personal trainer

Chi pensa che l’epica sia finita con Omero o i grandi latini, forse si è perso gli anni Novanta di Jean-Claude Van Damme. Nella sterminata filmografia del palestrato belga c’è un topos ricorrente. Il nostro eroe, di solito nei panni di un soldato o di un combattente della legione straniera o di un mercenario o di qualunque altro personaggio che maneggi armi grosse e potenti, subisce un’evidente ingiustizia e finisce in carcere. O in una cella di bambù nella giungla. O viene chiuso contro la sua volontà nella villa di una gentildonna smisuratamente ricca. Insomma: lo imprigionano. Passano due o tre mesi, ed ecco che, un bel giorno, il robusto soldato/ legionario/ mercenario riesce a liberarsi e saetta fuori dalla sua gabbia in forma smagliante, con i pettorali gonfi, le braccia disegnate con lo scalpello e delle addominali che da sole salvano dall’estinzione le tartarughe marine.

Ora, se dobbiamo credere alla letteratura carceraria, le prigioni non sono esattamente il luogo perfetto per rimettersi in tiro. L’ex criminale americano divenuto scrittore, Edward Bunker, descrive, nell’autobiografia Educazione di una canaglia, l’arredamento della sua cella a Folsom (il carcere del blues di Johnny Cash): «Pareti coperte di graffiti come unica lettura che mi era concessa, il vaso del gabinetto e un lavandino che non era stato lavato da un bel po’ di tempo». Quanto all’alimentazione (fondamentale per chiunque voglia costruirsi un fisico atletico), andava appena un po’ meglio: «Nella Guida Michelin delle prigioni della California, il vitto passato a Folsom è insignito di tre stelle e mezzo, anche se la qualità è un po’ scaduta in questi ultimi anni, dopo che Ryan il Porco è andato in pensione». Non sappiamo che cosa servisse il signor Porco, ma altrove la situazione era perfino più nera: «San Quentin offre il vitto peggiore di tutto il sistema penitenziario, la prigione della Contea di L.A. è senza pari: qui è letteralmente impossibile mangiare per giorni e giorni». Dunque, tornando al caro Van Damme, viene da chiedersi: come è possibile che Jean-Claude, recluso in un luogo immondo, senza uno straccio di manubrio o bilanciere, e per di più mangiando da schifo, sia riuscito a costruire un corpo da statua? Semplice: il belga si sottoponeva a un allenamento estremamente efficace, senza aver bisogno di complicate macchine, pesi o altre amenità da palestra riscaldata.

Più o meno, è lo stesso programma che propone Paul Wade in un interessante libro appena pubblicato da Corbaccio e intitolato Allenamento Alcatraz. Sì, proprio come la prigione. «So tutto della vita dietro le sbarre. Sono stato rinchiuso per la prima volta nella prigione di San Quentin nel 1979 e ho passato 19 dei successivi 23 anni in alcune delle più dure prigioni degli Stati Uniti, tra cui il penitenziario di Angola (la cosiddetta “Fattoria”) e quello di Marion – il buco infernale costruito per sostituire Alcatraz», scrive Wade. «Durante il mio ultimo periodo di reclusione mi sono guadagnato il soprannome di Entrenador (allenatore in spagnolo, ndr) perché tutti i nuovi arrivati venivano da me per sapere come diventare forti nel minor tempo possibile».

Il galeotto Wade si è trasformato in un personal trainer per detenuti. E oggi che ci troviamo reclusi i suoi consigli tornano davvero utili. A dirla tutta, il vecchio Paul non scopre nulla, semplicemente illustra in modo piuttosto semplice «il metodo della “callistenia progressiva”, ovvero l’arte di allenare il corpo umano per massimizzarne lo sviluppo. Al giorno d’oggi» spiega «per “callistenia” si intende un metodo aerobico di allenamento a circuito finalizzato ad accrescere la resistenza muscolare. Fino agli anni Cinquanta, invece, tutti gli atleti più forti al mondo la utilizzavano per costruire massa e forza muscolare, migliorando un po’ alla volta, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, anno dopo anno». Come facilmente intuibile, la callistenia si basa sulle pratiche ginniche della Grecia antica, e consiste in una serie di esercizi da svolgere senza l’ausilio di macchinari o pesi (può essere molto utile una sbarra a cui appendersi). Wade propone sei passi fondali, i cosiddetti «Big Six» (vedere articolo al piede): piegamenti sulle braccia, squat, trazioni al mento, sollevamenti delle gambe, ponte e piegamenti sulle braccia in verticale.

Poiché supponiamo che non dobbiate evitare l’assalto di una banda di motociclisti nel cortile di San Quentin, vi consigliamo con tutto il cuore di limitarvi a tre punti: un po’ di piegamenti (le cosiddette flessioni), le spinte verso l’alto dello squat, le addominali fatte sollevando le gambe. Chi invece godesse di una buona preparazione già prima dell’epidemia, a suo rischio e pericolo può tentare, oggi, di avventurarsi negli esercizi successivi. Ma basta il titolo del capitolo sui sollevamenti delle gambe – Fuoco addominale – per farvi capire che qui non si scherza.

Battute a parte, i consigli di Wade sono ottimi soprattutto per quanto riguarda la tecnica da applicare. Dedicarsi ai piegamenti seguendo le sue indicazioni è senz’altro faticoso, ma anche estremamente redditizio. Lo stesso vale per lo squat, utile agli uomini quanto alle donne. Attenti soltanto ai piegamenti su un braccio solo: di questi tempi non è facile trovare un dentista che ripari i danni. L’importante è tenersi un po’ in forma per scaricare la tensione e far passare le lunghe giornate di isolamento, di strafare non c’è bisogno. Sarà pur vero che Van Damme è un mito, ma gli anni Novanta sono passati da un pezzo, e allo stato attuale anche un po’ di pancetta è socialmente accettata. E se qualcuno ve la rinfaccia, potete sempre dare la colpa alla quarantena e alla cucina grassa del vostro coniuge.

BIG SIX Gli esercizi fondamentali secondo Paul Wade, ex galeotto, ora personal trainer.

1. Piegamenti sulle braccia. Potenziano pettorale (grande e piccolo), deltoide anteriore, tricipiti.

2. Squat. Quadricipiti, muscoli del gluteo, bicipiti femorali, adduttori e abduttori, muscoli delle anche, polpacci, piedi.

3. Trazioni al mento. Grande dorsale (le «ali»), piccolo e grande rotondo, romboide e trapezio, bicipiti, avambracci, mani.

4. Sollevamenti delle gambe. Retto addominale e addominali obliqui (muscoli che sottolineano il girovita), serrato anteriore (il muscolo intercostale), diaframma e muscolo trasverso dell’addome, muscoli della mano, retto femorale e sartorio (quadricipite), muscoli frontali dell’anca.

5. Ponte. Muscoli della colonna vertebrale e della zona lombare, muscoli posteriori dell’anca, bicipite femorale

6. Piegamenti sulle braccia in verticale. Tricipiti, muscoli delle spalle, trapezio, mani, dita, avambracci.

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