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Le chiese protestanti attaccano l’Italia

  1. In un’Italia sempre meno cattolica, agli evangelici pentecostali basta un garage per creare il proprio luogo di culto. Ma forti del loro proselitismo riempiono anche stadi e addirittura continenti. Conquisteranno anche noi?
  2. A Milano apre la filiale di Hillsong. Per i fondatori Brian e Bobbie Houston è la Chiesa cristiana contemporanea che attrae Vip e celebrity.


Tutti voi riuniti in questa chiesa, un bell’applauso per Gesù!». È domenica mattina all’auditorium San Fedele, pieno centro di Milano, e quella che va in scena è una messa. O qualcosa del genere. Oltre gli spalti semibui e stracolmi, sul palcoscenico illuminato alla perfezione, svetta un ragazzone rasato e vestito di nero – pantaloni stretti, t-shirt e giubbotto di jeans – perfetta sintesi tra una rockstar e un prete.

Intorno a lui sorride una band che ha appena finito di scaldare il pubblico, o meglio, questa gremitissima assemblea multietnica di fedeli venti-trentenni: ognuno di loro conosce come l’Ave Maria le canzoni pop/rock traboccanti lodi, preghiere, amore per il Signore, suonate finora. Quando il pastore afferra il microfono a due mani e tra una frase e l’altra dice «Io sono unto dal Signore», decine di braccia si alzano al cielo. Qualcuno esclama «Amen!» con grande enfasi. Forse anche sua moglie, seduta in prima fila. Il Duomo di Milano è a cinque minuti da qui ma quanto sono distanti le sue liturgie e il suo profumo d’incenso, quanto le gerarchie vaticane, i due Papi e i pasticci sul celibato… Qui ci troviamo in un Universo parallelo e altrettanto reale: siamo da Hillsong, chiesa evangelica pentecostale, una delle tante moderne interpretazioni della fede a far breccia nel nostro Paese.

«L’Italia è di fronte a un cambiamento epocale» sostiene Paolo Naso, autore del recente “Le religioni sono vie di pace”. Falso! (edito da Laterza) e docente di Scienza politica alla Sapienza di Roma dove coordina il Master in Religioni e mediazione culturale. «Secondo un censimento Istat del 1930 si dichiaravano non cattoliche neanche 150 mila persone, oggi si stima siano 6 milioni, ovvero il 10 per cento della popolazione italiana. È un fenomeno dirompente. Ormai ci sono religioni legate all’immigrazione e provenienti dall’Asia, dagli Stati Uniti, dall’Africa. Ma la cosa più rilevante è che sono gli stessi italiani a dirsi cattolici “à la carte”, il che non è perfettamente corretto sotto il profilo ecclesiale». «L’Italia è il Paese occidentale con la presenza più bassa di minoranze religiose, ma in quanto a pluralismo lo siamo molto: il 72,4 per cento degli italiani, anche se ufficialmente cattolici, è religioso a modo suo» conferma Massimo Introvigne, sociologo e saggista che da 19 anni monitora il mondo della fede dal suo Centro studi sulle nuove religioni, enumerate e spiegate in una enciclopedia costantemente aggiornata sul sito Cesnur.com. «Alla fine solo il 19 per cento è praticante» dice. E si vede, basta affacciarsi nelle nostre chiese. I giovani poi, volatilizzati. Secondo dati Istat, dal 2010 al 2016 si è persa l’osservanza del 30 per cento dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni, che sale al 40 per cento delle ragazze tra i 14 e i 17. Tendenza spirituale che si riflette anche nel vil denaro: negli ultimi sette anni, sono diminuiti di due milioni i contribuenti dell’8 per mille alla Chiesa cattolica.


Le chiese protestanti attaccano l’Italia
Un’assemblea della chiesa pentecostale Hillsong alla Qudos Bank Arena di Sydney, Australia. Raze Razon


Per contro, c’è un’altra chiesa che sta crescendo esponenzialmente, che riesce ad attrarre soldi, che sa coinvolgere sempre più giovani e giovanissimi: il cristianesimo di matrice evangelico-pentecostale-carismatica, seconda fede per velocità di espansione nel mondo dopo l’islam. Sono di derivazione protestante ma del protestantesimo storico stanno facendo strame. Nel 1980 erano il 6 per cento di tutti i cristiani, nel 2015 erano saliti al 25. Secondo l’americano Pulitzer Center si convertono 35 mila persone al giorno. Il numero totale non è certo: qualcuno parla di 300 milioni di credenti globali, altri arrivano a 600 milioni. In Italia? Stanno crescendo anche qui. «Ormai il pentecostalismo conta circa 400 mila italiani cui si devono aggiungere circa 300 mila immigrati» continua Naso. «Un totale di 6-700 mila credenti evangelici di matrice pentecostale che formano un elemento di grandissima rilevanza nel nostro Paese. Prendiamone atto». È un fatto che con l’aumentare dell’immigrazione aumentino i rivoli della fede. Centinaia di chiese che diventano punti di aggregazione per comunità straniere, ma spesso hanno solo un pugno di fedeli sul nostro territorio, dalla statunitense God Eternal Life Ministries, ai filippini della Crusaders of the Divine Church of Christ Philippines Incorporated, alla congolese Chiesa di Gesù Cristo sulla Terra per mezzo del Profeta Simon Kimbangu.

Questi neo-evangelici (i primi pentecostali sono stati definiti a inizio 900 negli Stati Uniti) proclamano la riscoperta di Antico e Nuovo Testamento, le cui parole andrebbero rigorosamente osservate. Si organizzano in comunità più o meno grandi, spesso fai-da-te, ognuna con la sua identità, ognuna con il suo «pastore» a cui non sono richiesti studi ecclesiastici bensì una solida presenza scenica per attrarre l’attenzione dei fedeli e far loro da leader carismatico. Gli stessi studiosi sono divisi nel considerarli o meno delle «sette». Oltre al conformarsi alla Bibbia, questa galassia che copre ogni continente ha come comune denominatore il rifiuto della struttura cattolica, soprattutto la grandissima importanza dello Spirito santo che santifica in vita, fa parlare varie lingue, compie miracoli e libera dal male (qualche pastore aiuta con appositi esorcismi fatti di gesti scenografici e strani intrugli).

Nelle loro preghiere c’è la musica, si canta il Vangelo, si balla, ci si scambiano saluti e abbracci. I pentecostali riempiono le loro chiese (ovvero garage, capannoni, auditorium: vale tutto) e sono spinti da sacerdoti che mescolano il Vangelo con discorsi motivazionali e di leadership, raccomandano il proselitismo e promettono la guarigione, il successo personale, la ricchezza materiale nell’amore per Gesù. E sostanzioso è il contributo economico richiesto ai fedeli, la cosiddetta «decima», il 10 per cento dello stipendio, che non è proprio obbligatorio ma insomma… E questo spiega gli orologi tempestati di diamanti di alcuni pastori americani o, nel loro piccolo, le babbucce deluxe indossate da certi «sacerdoti» di Castel Volturno. Già, la cittadina campana nota come capitale della mafia nigeriana in Italia, dall’Africa importa anche la religione. Una quarantina di chiese dai nomi variopinti sono arrangiate qua e là tra ex capannoni industriali e villette in rovina. Un flusso di denaro proveniente da attività lecite e illecite (spaccio e prostituzione) remunera quei cosiddetti religiosi che, in un pandemonio di cerimonie mistiche con donne in preda a convulsioni, assicurano successo e cure.

In Sudamerica, a colpi di proselitismo il potere evangelico e pentecostale sta erodendo masse di fedeli alla Chiesa cattolica: il 90 per cento dei convertiti arriva da lì. In quanto argentino, Papa Bergoglio lo sa bene, eppure ha deciso per il dialogo, l’ecumenismo, come ha fatto con il mondo musulmano e anche di più, perché qui lo fa evocando l’unità dei cristiani. Ma loro non ricambiano la cortesia. Come dice lo studioso e storico peruviano Luis Pérez Guadalupe «in America latina gli evangelici sono arrivati per rimanere, sono rimasti per crescere e sono cresciuti per conquistare». In Nicaragua sono saliti del 30 per cento mentre i cattolici scendevano del 30. Travasi anche in Costa Rica (19 per cento) e Honduras (29), dove ormai mancano solo sei punti percentuali al sorpasso. «Gli evangelici sono passati dal voler chiudere cinque secoli di dominio religioso cattolico a fare una crociata contro l’egemonia culturale e politica della Chiesa di Roma in Sudamerica» dice ancora Pérez Guadalupe.

Che l’ecumenismo arrendevole di Bergoglio si sia ritorto contro la Chiesa di Roma, lo pensa pure lo storico Roberto de Mattei. «Ci si è illusi che il dialogo con le altre confessioni cristiane potesse essere basato, anziché su un confronto tra posizioni forti, sulla rinuncia alla propria identità». Ne è esempio la lettura che dava Eugenio Scalfari su Repubblica pochi giorni fa: Papa Francesco come il pontefice che lavora all’unificazione, non solo dei cristiani, bensì di tutte le religioni. «Ma il risultato è stato opposto: soprattutto i protestanti hanno interpretato questa automutilazione come una forma di debolezza, che li ha confermati nell’idea di essere loro la vera Chiesa». È stato «un fiasco pastorale, un suicidio della Chiesa cattolica».

Non per niente si sono levate molte proteste, soprattutto dagli Stati Uniti, cui Bergoglio ha risposto senza tentennamenti: «Non ho paura di uno scisma». Ma è proprio dall’altra parte dell’Atlantico che questa «marcia» intracristiana è partita fino a contare chiese pentecostali di milioni di persone (la sola Church of God in Christ conta 6,5 milioni di membri). Ma quelle piccole pullulano. Esiste anche un’organizzazione, la Global Leadership Network, che insegna la leadership spirituale a un esercito di nuovi pastori cristiani: strano mix tra pensiero positivo, un seminario ecclesiastico e un master di public speaking alla Bocconi. In agosto ci sarà un summit online che toccherà 120 Paesi e 405 mila persone (costo individuale: 169 dollari). Per una moltitudine di nuove microchiese che possano a loro volta contaminare e convertire.


Le chiese protestanti attaccano l’Italia
Afp/ Menahem Kahana
Pellegrini cinesi cristiani durante la marcia annuale a Gerusalemme nell’ottobre 2017. Afp/ Menahem Kahana


Di fronte a questa macchina da guerra, il Vaticano sembra aver deposto le armi. Un episodio, più di tanti ragionamenti, lo testimonia. Ce lo riferisce M.B., giovane milanese che ha abbandonato il cattolicesimo («la Chiesa di Roma è una prostituta», sentenzia). Nella chiesa evangelica che frequenta, dove «siamo all’80 per cento italiani, da un po’ di tempo si vedono sempre più cinesi». Ecco: i cinesi, abbandonati dalla Santa Sede e convertiti dagli evangelici. Secondo l’analisi del professor Eric Mader, la donna schiaffeggiata sulla mano da Papa Francesco in piazza San Pietro, lo scorso 31 dicembre, gli avrebbe urlato: «Perché distruggere la fede dei cinesi?». Il riferimento era all’accordo tra Pechino e il Vaticano, da molti considerato come una resa del Pontefice al regime comunista. Ma se Jorge Mario Bergoglio abbandona al suo destino la Chiesa clandestina e china la testa a Xi Jinping, gli evangelici la rialzano. Per esempio, il Movimento del ritorno a Gerusalemme, che era stato spazzato via dal maoismo, ora sta risorgendo anche grazie ai crescenti contatti della Cina con l’Africa. È l’altra faccia del neocolonialismo mandarino: nel continente nero operano 10 mila imprese cinesi e un milione di loro lavoratori. E, come riportato da Asianews, i missionari evangelici africani e di Taiwan si stanno dando da fare per convertirli.

Su questo argomento, Francesco la pensa diversamente. E cammina sul filo di un periglioso equivoco tra conversione e proselitismo. Per lui si tratta di un punto fondamentale: «Non bisogna fare proselitismo» è una frase che ha ripetuto decine di volte. Lo ha detto ad aprile 2019 ai vertici del Pontificio istituto missioni estere, a giugno ai partecipanti al Congresso dei centri per le vocazioni, a ottobre in udienza generale. Lo ha raccomandato anche pochi giorni fa al Dicastero per la comunicazione. Durante il viaggio in Mozambico, tre mesi fa, Bergoglio aveva raccontato questo episodio: «Una signora mi ha avvicinato con un giovane e una giovane. “Santità, vengo dal Sudafrica. Questo ragazzo era indù e si è convertito al cattolicesimo. Questa ragazza era anglicana e si è convertita al cattolicesimo”. Ma me lo ha detto in maniera trionfale, come se avesse fatto una battuta di caccia con il trofeo. Mi sono sentito a disagio e le ho detto: “Signora, evangelizzazione sì, proselitismo no”».

Insomma, sembra che la principale preoccupazione del Papa sia di scongiurare le campagne di reclutamento. Se serve a impedire il proselitismo, è meglio evitare le conversioni: il primato della coscienza è più importante anche della salvezza dell’anima. La Chiesa, dice ancora de Mattei, «ha rinunciato al suo mandato missionario, conferito da Cristo agli apostoli». E dinanzi alla confusione che regna a Roma, le persone reagiscono in due modi: «O si rivolgono all’ortodossia cattolica, o abbracciano la propaganda degli evangelici. Non è un caso se proprio questi ultimi, il 25 gennaio, organizzano il Christian day di Roma. Nel momento in cui la Chiesa cattolica ammaina le bandiere», sono loro a proporsi in Italia come i difensori dell’identità cristiana. Ogni vuoto, prima o poi, deve essere riempito.

Hillsong, la chiesa cristiana contemporanea

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Hillsong

Una «Chiesa cristiana contemporanea». Basterebbe questa descrizione nella prima riga del suo sito a spiegare Hillsong, la propaggine più «giovane» e glam dell’evangelismo pentecostale, ovvero della forma di cristianesimo che va diffondendosi maggiormente nel mondo con le sue «megachurch», organizzazioni religiose che non rispondono a nessuno se non a loro stesse e alla Bibbia.

Quando il pastore australiano Brian Houston la fondò nel 1983 in una periferia di Sydney, metteva insieme pochi fedeli… Oggi sotto il suo controllo c’è un «movimento» (così lo chiamano) di più di 250 mila credenti e 1.100 chiese nella sola Australia, cui aggiungere migliaia di chiese nelle più importanti città in 23 Paesi del mondo. C’è anche in Italia, a Milano: le sue funzioni religiose, chiamate «service» in inglese (la lingua franca; accanto al pastore poi c’è un membro locale dell’organizzazione che traduce in contemporanea) si tengono la domenica alle 11, all’auditorium San Fedele in via Hoepli (ingresso libero). Sì, un auditorium trasformato in luogo di culto e per questo da loro chiamato «chiesa».

Si entra come si può entrare a un convegno (con il benvenuto dato da solerti ragazzi dello staff), e ci si sente trasportati in un altro universo: luci soffuse, il palco illuminato come per uno show, la musica onnipresente. Il giovane pastore locale si chiama John Borefelt, è svedese, e come si confà a questa chiesa ha un approccio molto informale. Indossa abiti molto cool nelle sfumature del nero e parla con la medesima disinvoltura della guarigione dei fedeli grazie al potere dello Spirito santo e della figata di avere il suo amico e connazionale Zlatan Ibrahimović in città, dopo lo sbarco al Milan. Scherza e prega, incitando la platea, stracolma, a interagire, a conoscersi anche solo con una stretta di mano o un abbraccio (versione moderna dello «scambiatevi un segno di pace» cattolico). E i suoi «Amen» sono quasi vagamente interlocutori, come dire «Ok?». E là sotto, i fedeli, «Amen!». I sermoni sono un crescendo di pathos accentuato dalla band, esattamente come a quei concerti in cui il cantante parla con la massa di fan e le sue parole accompagnate dalla musica diventano sempre più appassionate, e la musica sempre più alta, raggiungendo un climax verbale e sonoro.

La musica dunque è fondamentale per Hillsong, forse è l’arma più potente del suo arsenale spirituale. Si stima che le sue canzoni siano ascoltate da 50 milioni di persone nel mondo, in 60 lingue. Musica cristiana accattivante, che sposa melodie pop/rock contemporanee a parole di devozione incondizionata, più volte in vetta alle classifiche dei dischi più ascoltati grazie alle sue due band principali, Hillsong Worship (47 album pubblicati, 1,3 milioni di follower sul solo Instagram) e Hillsong United (17 album, 2,3 milioni di follower sul solo Instagram). Mentre nelle nostre chiese sempre più vuote si canta «Osanna nell’alto dei Cieli» accompagnati da organi meravigliosamente antichi, questa macchina da guerra provvista di batteria, chitarra elettrica e basso seduce Millennial e nativi digitali con Oceans, brano arrivato a 160 milioni di ascolti su Spotify, e People, l’album più venduto degli Stati Uniti nella settimana della sua uscita, aprile 2019.

È proprio in Nord America che Hillsong sta conoscendo una crescita notevole, anche grazie al fatto che diverse celebrities del mondo anglofono ne sono state attratte e fanno – volenti o nolenti – da testimonial. La cantante Selena Gomez, per esempio, così come le varie Kardashian (Kourtney e Kendall, con la sorellastra Kylie Jenner: modelle, it girl e imprenditrici). Quello che ha fatto più rumore è stata l’affiliazione di Justin Bieber, recentemente battezzato nella vasca da bagno di un famoso giocatore di Basket dal pastore-star statunitense Carl Lentz, uno che va in giro indossando Saint Laurent e Vuitton (il voto di povertà non è previsto in questa chiesa che chiede la donazione del 10 per cento dello stipendio ai suoi credenti). Altri personaggi affascinati da Hillsong sono Hailey Baldwin (figlia di Alec e moglie di Bieber), ma anche l’attore di Guardiani della Galassia Chris Pratt (con sua moglie Katherine Schwarzenegger, figlia di Arnold), star del basket come Tyson Chandler e Kevin Durant, ma anche celebrities del calibro di Vanessa Hudgens, Nick Jonas, Hailee Steinfeld e, pare, Bono degli U2.

Se riusciranno ad avere successo anche da noi è difficile dirlo. Al momento muovono qualche migliaio di persone, spesso stranieri di passaggio, chi arriva a Milano per lavoro. E c’è il fatto che l’Italia rimane un Paese fortemente cattolico, con circa 300 diverse comunità di matrice protestante corrispondenti allo 0,5 per cento della popolazione nazionale, cui va aggiunto il dato degli stranieri (gli immigrati protestanti sono il 4,4 per cento del totale, contro il 33 per cento dei musulmani). Come dice Massimo Introvigne, fondatore e direttore del Cesnur (Centro studi sulle nuove religioni), «Da noi l’80 per cento delle persone si dichiara cattolico, il che lascia alle altre religioni una delle percentuale più basse d’Europa. Mentre parlando più in generale, ricordiamoci che nel mondo il cattolicesimo sta crescendo: perde in Europa e Americhe ma aumenta in Asia e in Africa. Quindi da un punto di vista quantitativo, se anche in Italia il cattolicesimo finisse, a livello mondiale cambierebbe pochissimo. Certo, però, farebbe impressione. Come in Francia, dove il cattolicesimo è quasi sparito mentre un tempo era la figlia primogenita della Chiesa».

Dunque è con un altro dato i che dobbiamo fare i conti: il 72,4 per cento degli italiani – per quanto «cattolico» – ha idee poco chiare in tema di spiritualità e religione. Ognuno se la costruisce a modo suo. In tanti non vanno a Messa (lo fa solo il 19 per cento) e la loro fede è piena di «distrazioni», credendo anche un po’ a questo un po’ a quello, mentre si dedicano alle questioni materiali. Viene da pensare che potrebbe essere terreno fertile per un proselitismo 2.0, che nel nome di quanto già ci appartiene (Sacre scritture e Spirito santo), e prospettando la riscoperta dei valori (una nuova purezza, una nuova etica), portino alla gemmazione di chiese pentecostali. Come ha detto in uno degli ultimi sermoni il pastore di Hillsong Milano, John Borefelt, prima di accomiatare i fedeli: «Andate e portate la vostra luce fuori da qui. Abbiamo bisogno di ogni persona. Se vogliamo vivere questa vita da chiamati, e raggiungere ogni italiano in nome di Gesù, abbiamo bisogno di voi. Tra poco parto per Roma, pregate per me. Amen».

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