«Un altro mondo si dischiude». È un verso di Sandro Penna che si adatta perfettamente a un pomeriggio in corso Buenos Aires a Milano. Una fila di oltre duemila persone attende di entrare da Dmail, il negozio che vende tutto ciò che si possa immaginare. Ma non sono lì per lo scaldaletto elettrico o il mocio in microfibra, bensì per MySecretCase, il più importante shop online, tutto italiano, dedicato al piacere.
L’impero dei sensi e dei sex toys, che ha inaugurato il suo e-commerce nel 2014, ha aperto un corner tra gli stendibiancheria pieghevoli e le torce da campeggio. Ed è stato un successo assoluto. Lussuriose paperelle, ambìti succhia clitoridi, ovetti vibranti, giochini da fare in coppia, anche a distanza (che in questi giorni avete la fortuna di trovare in saldo). Magici gingilli dai nomi allettanti: dall’Uniporno, unicorno dagli usi versatili, al Trottolino amoroso a nove velocità (e vi assicurano che dopo canterete dududadada). L’imprescindibile (di questi tempi agri) Consolador e per gli uomini Tiramisù, l’anello per il pene che promette e poi mantiene.











Sono ormai lontani i tempi dove per comprare un dildone puzzolente chiuso in un blister di plastica (che per aprirlo ci voleva il trinciapollo), ci si doveva recare nei sexy shop di periferia. Dove si entrava come carbonari e ci si trovava immersi tra vetuste videocassette hard e teche polverose di oggettistica pseudo realistica. Alla cassa a sfogliare annoiato una rivista di solito c’era la controfigura di Norman Bates, perlopiù masticante una gomma. Neanche alzava lo sguardo, mentre c’era chi si avventurava nella penombra verso le famigerate e «scivolosissime» stanzette dall’odore di candeggina, dove ci si imboscava a vedere qualche filmino.
Eppure, dietro quelle tendine sporchette aleggiava un senso di mistero. Piaceri sommessi. Una volta, a Roma nello storico sexy shop di via Cavour, un signore agé rimirava ammirato le bambolone gonfiabili. Mica le RealDoll da seimila dollari con le fattezze dell’ex che vi aveva spezzato il cuore. Ma quelle con gli occhioni sbarrati e la bocca aperta. Roba da Umberto D. di Vittorio De Sica. Oggi quell’universo è sparito. Se ti prende la voglia di un giochino erotico non devi fare altro che cercare un’elegante boutique dell’amore, dove accanto alla lingerie di pizzo troverai i nuovi sex toys. Forme astratte, imprevedibili, come oggetti di design da esibire in salotto. Venduti da Sephora e negli store di lusso, raccontati nei blog e immortalati su Instagram. Altro che dildone color carne, sono fluo e confezionati in scatole di raffinato velluto. Bellissimi, funzionanti anche sotto la doccia, più veloci di una Tesla, azionabili con lo smartphone. Insomma, se non hai il succhia clitoride della Lelo o un masturbatore da uomo della Tenga, ditta giapponese leader nella creazione di stimolatori per il pene, allora non sei nessuno.
«Oggi i giovani sono informati e vogliono scegliere. Non li vedono più come oggetti trasgressivi e verso il sesso sono attenti, consapevoli. Forse ne fanno meno, ma cercano una qualità maggiore» assicura Norma Rossetti, geniale fondatrice di MySecretCase. Sui social è seguita da una community di un milione e mezzo di follower e ha visto crescere il fatturato da tre milioni nel 2018 a sei nel 2020 (durante la pandemia l’azienda ha avuto un incremento del 50 per cento), mentre il 2022 l’ha chiuso con 13 milioni di attivo.
Secondo l’Osservatorio Global Sexual Wellness Market, entro il 2026 il settore raggiungerà i 125 miliardi di dollari. «La sex industry sta crescendo in modo esponenziale. Quando abbiamo iniziato sentivamo che era in atto un cambiamento. Eppure, nel 2017, per lanciare uno spot sulle reti Mediaset lavorammo per oltre otto mesi». Poi la spallata l’hanno data i social, continua Rossetti: «Si è iniziato a percepire il piacere come riappropriazione. E ho immaginato un mondo in cui le donne non fossero oggetti sessuali, ma potessero averli tutti».
Alcune aziende hanno colto al volo questo cambiamento culturale: «Hanno cominciato a pensare ai sex toys in modo egualitario a livello di genere. Oggetti che potessero avere a che fare con un’idea di divertimento, esteticamente piacevoli, con materiali di altissimo livello dal punto di vista qualitativo. Pensati sia per le donne che per gli uomini. Tutto questo ha portato anche a una vendita diversa: oggi li troviamo pure in farmacia» riflette la psicoterapeuta e sessuologa della Sisp Valentina Cosmi. «Nelle principali città spagnole ho visitato piccoli supermarket del piacere, luoghi dove anche un adolescente può chiedere informazioni e ricevere aiuto. È un background molto diverso da quello cui siamo stati abituati».
Eppure non tutto è così semplice, come osserva Cristina Tedeschi, ginecologa presso l’Istituto il Baluardo di Genova: «Nei giovani c’è un calo della sessualità. Molti preferiscono affidarsi a un computer e a un sex toy che investire su un rapporto affettivo. La relazione di coppia è sempre più complicata. Nel mio studio arrivano under trenta che hanno paura di fare sesso. Oppure lo vivono in modo consumistico. Come mangiare un hamburger. La componente emotiva è spesso rimossa». Oggi scegliere un Rabbit, il vibratore con cui già nel 1998 si trastullavano le protagoniste di Sex and the City, è semplice come aprire il rubinetto. E vi arriverà a casa in un pacco totalmente anonimo. Ma se ancora c’è bisogno dell’anonimato, sono davvero sdoganati i vibranti oggetti del piacere? «Sicuramente tante cose sono migliorate, ma il cambiamento di massa non è ancora avvenuto. Restano molti tabù. Il pensiero comune è che vada a sostituire un pezzo del corpo e a minare l’autostima del maschio alfa» rispondono Le Sex en Rose, ossia Morena Nerri e Ivano Messinese, celebre coppia di sex blogger. Il loro ultimo libro, Sex Toys (Odoya) è il più completo e serio sull’argomento: «Durante le presentazioni la gente si avvicinava, lo sfogliava, ma poi non lo comprava. I sex toys mettono a disagio. Dire di possederne uno ti espone al giudizio. E per molti maschi viene tuttora percepito come il “mezzuccio per il mezz’uomo”».
Se la generazione dei cinquantenni cresciuti in un’era analogica fatica, le pantere grigie sono più disinibite, vogliono godersela. Verrà un giorno che li vedremo in vendita sui bus turistici che scorrazzano i pensionati in Costiera. Sarà la fine delle batterie di pentole e l’alba di una nuova era. All’orizzonte si staglia un futuro di orgasmi multipli e rapidissimi. Il succhia clitoride, che rimane il più ambito, lo promette a una velocità supersonica, meno di 60 secondi. E c’è anche la versione maschile, Ion, prodotto dalla Arcwave. Quella furbona di Gwyneth Paltrow, dopo la candela aromatizzata alla vagina, ha lanciato un patinatissimo gingillo, Viva la Vulva (un po’ stile Coldplay dell’ex marito Chris Martin). La showgirl Alessia Marcuzzi ha mostrato con orgoglio il suo «arsenale» e l’influencer Gaia Zorzi ha fatto capire che chi fa per sé fa da re. D’altronde l’aveva già detto Woody Allen: «La masturbazione è fare sesso con qualcuno che ami».
Violeta Benini, «divulvatrice» e ostetrica, ha una collezione di oltre 400 esemplari: «Ho iniziato per provarli e consigliarli nella pratica clinica, sia per il piacere che per la riabilitazione. Bisogna conoscere il nostro corpo, esplorare, avere consapevolezza per saperli usare. Per esempio, una forma dritta a siluro non dà piacere. C’è ancora tanta ignoranza, la comunicazione resta tuttora difficile. La narrazione che un oggetto vibrante può sostituire una persona è totalmente sbagliata. E ridicoli sono i meme che inneggiano al vibratore che non ti abbandonerà mai. Il sex toy può avvicinare la coppia, aiutarla a provare più piacere». Secondo la «sesperta» anche i prezzi sono cambiati: «Ormai se ne trovano di buona qualità ed economici». Dal primo sex toy della storia, un fallo turgido di pietra di 20 centimetri, risalente al 28.000 a.C, ritrovato in Germania, di strada ne è stata fatta. Continueremo a trastullarci o è solo una moda che passerà? «Non credo passi, perché il sesso è un bisogno fondamentale, vitale. È come il cibo»