Ci sono tour operator che organizzano viaggi «senza smartphone» immersi nella natura. Perché, dicono gli esperti, allontanarsi per un po’ dalla tecnologia equivale a riavvicinarsi a sé stessi.
La mano cerca istintintivamente in una tasca. Non trova nulla. Allora passa affannosamente all’altra. Niente. Il volto si vela di un malcelato disappunto e la sensazione di stizza viene trattenuta a stento. È la classica scena di chi cerca il proprio telefono nel corso di un viaggio digital detox, una breve vacanza lontano dalla tecnologia, in cui ci si separa volontariamente da smartphone e computer. Spesso chi partecipa si dimentica di aver fatto voto di non usare il cellulare e di averlo riposto giudiziosamente in una cassettina, salvo poi pentirsene, rendendosi conto di quanto è difficile rinunciare a guardare le mail e gli aggiornamenti dei social. Eppure molti sostengono che ogni tanto faccia bene prendersi una pausa dalla tecnologia, disconnettendosi, offrendosi un sofferto weekend offline. Pare, dato che non tutti sono d’accordo, tenuto conto che oggi separarsi dal mondo della rete può essere anche percepito come una forzatura. Questione di punti di vista. Certo è che negli ultimi anni si sono affermate nuove definizioni, come «unplugged travel», cioè «viaggio scollegato», e il cartello «Abbiamo il wi-fi» comincia a essere sostituito dall’inedito «wi-fi free zone», ovvero zona libera da wi-fi, nessuna copertura di rete gratuita come tentazione.
Chi vuole tornare indietro di qualche decennio e staccare la spina per un po’ ha a disposizione una serie di proposte di viaggio. In genere si tratta di parentesi offline nella natura, per vivere a ritmi più lenti, riscoprendo la bellezza dei boschi, i profumi delle foreste e i colori del mare, contrapposti a tutto ciò che è più o meno virtuale. Momenti per recuperare l’armonia con l’ambiente circostante, dedicandosi ad attività slow, come corsi di yoga e laboratori artigianali, traversate in kayak, sedute rigeneranti in una spa, tenendo ben lontano l’inseparabile smartphone, croce e delizia del nostro tempo. Con il digital detox tourism, che si è conquistato il titolo di nuova forma di viaggio, al pari dell’ecoturismo o della staycation, si vive a un’altra velocità e ci si estrania dall’universo composito di Facebook e di Tik Tok, restringendo drasticamente il numero di relazioni, interagendo con una decina di persone – quelle presenti fisicamente sul posto – e non più con le migliaia di amici e conoscenti attivi sui social.
Il vantaggio è che è tutto vero, e i cinque sensi sono gratificati. Lo svantaggio è che c’è meno da vedere e scoprire, ma è l’eterna questione dei pro e contro del digitale. È l’atteggiamento di chi ritiene che allontanarsi per un po’ dalla tecnologia equivalga a riavvicinarsi a sé stessi. «Disconnetersi per riconnettersi» come recita lo slogan di Camp Grounded, un pionieristico summer camp senza telefoni organizzato in California. D’altra parte è una richiesta lecita, soprattutto se si pensa che in vari Paesi dell’Unione Europea si parla di diritto alla disconnessione (in Italia la questione è stata considerata in un decreto del 2021 poi convertito in legge, dove si cita il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche).
Ecco allora che si affronta questa difficile prova programmando un viaggio più o meno lontano. C’è chi segue la tendenza, e magari prenota sull’isola disabitata di Ulko-Tammio, nel Parco nazionale del golfo orientale della Finlandia, un piccolo paradiso naturale dove si fa birdwatching e dove è vietato l’uso di cellulari. Oppure, più prudentemente, si comincia con un paio di giorni in Italia, non lontano da casa. Chi sceglie di stare un po’ in astinenza dalla tecnologia è particolarmente motivato. Lo sa Gavino Puggioni, uno dei fondatori di Logout Livenow, tour operator specializzato in viaggi digital detox. «Chi partecipa ha maturato una nuova consapevolezza e vuole migliorare il proprio rapporto con la tecnologia. È determinato a vivere questa esperienza, pronto a fare a meno di continui messaggi e notifiche. La prima motivazione è il bisogno di staccare».
Logout Livenow propone una serie di mete. All’inizio le destinazioni erano in Sardegna, poi negli ultimi due anni si sono aggiunti tour in Veneto, Toscana e Lombardia. «C’è un bisogno crescente di staccarsi per un po’ dalla tecnologia», continua Puggioni. «Noi proponiamo viaggi da uno a cinque giorni, e ciò che rende unica l’esperienza è la presenza di un coach di benessere digitale, un esperto che ti guida in ogni momento, evitando il rischio che i partecipanti si sentano isolati. Chi partecipa a questi viaggi offline in genere ha dai 30 ai 45 anni, ma talvolta si organizzano tour con dei ragazzi, che spesso sentono giovamento». Decisamente più scettico è Alessio Carciofi, autore del libro Digital detox, docente in Marketing & Digital Wellbeing. «Il digital detox è ancora una chimera e dal punto di vista del business ancora non c’è». Carciofi, che già nel 2017 aveva organizzato un tour digital detox per I Viaggi dell’Elefante, non è per un approccio drastico: la separazione dalla tecnologia è comunque un’esperienza momentanea. Dopo qualche giorno offline si ritorna ad essere connessi, quindi bisogna lavorare in profondità, pensare a un nuovo tipo di viaggio in cui la tecnologia magari non sia più predominante.
«Il nostro rapporto con la tecnologia oscilla tra il piacere e il dolore, e alla gente va bene così», nota Carciofi. «Il digital detox non dovrebbe togliere la tecnologia, ma aggiungere l’umanità. E privare la gente del cellulare non è la soluzione migliore, è come togliere la ChatGPT ai ragazzi. Per questo motivo sono più interessato al cosiddetto transformative travel. I nuovi turisti post-covid e soprattutto quelli della generazione Z cercano nuove esperienze che permettano di cambiare il proprio stile di vita, e sono attratti dai viaggi legati al benessere mentale e al turismo del sonno (all’insegna del relax totale), che rappresentano un mercato interessante. Oggi come lusso si cercano il silenzio, la natura, la possibilità di riconnetersi con noi stessi». E forse tutto questo può succedere sia mentre si scorrono i post dei social sia mentre ci si cimenta con una sessione di pittura con gli acquarelli. L’importante è vivere.