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La voce libera di Panorama

La voce libera di Panorama

L’editoriale del direttore

Dopo un’inchiesta sulla governance di Generali, Mediobanca ha annullato un’inserzione pubblicitaria. Continueremo a svolgere il nostro mestiere, sapendo che l’unico padrone resta il lettore.


Anni fa il governo D’Alema decise di far comprare all’Enel l’Acquedotto pugliese, il più grande d’Europa, ma anche il più grande colabrodo pubblico del Mezzogiorno, che oltre a spargere acqua da una rete piena di buchi disperdeva in mille rivoli una marea di quattrini. Per il primo post-comunista a Palazzo Chigi era un modo di risolvere un problema in una regione che era anche il suo collegio elettorale, spacciando l’operazione come la creazione di una multi-utility sull’esempio francese e inglese. Ricordo che criticai con asprezza la decisione, che mi pareva chiaramente più dettata da ragioni clientelari che di mercato.

All’epoca, alla guida dell’ente elettrico c’era Franco Tatò, un manager con i fiocchi, che si era fatto le ossa in Germania e anche alla Olivetti e in Fininvest, ma che forse, in quella stagione, riteneva necessario rassegnarsi alle pressioni. Sta di fatto che, a seguito delle critiche, mi arrivò il messaggio che Enel avrebbe sospeso le campagne pubblicitarie sul giornale che dirigevo. In una parola: un ente pubblico reagiva agli articoli con una rappresaglia, usando il manganello delle inserzioni.

Mi critichi? E io ti tolgo un po’ di fatturato. Non so quanto valessero le pagine a pagamento dell’Enel. So che replicai facendo sapere alla persona che mi aveva inviato il messaggio che avrei raccontato in prima pagina la vicenda, rivelando i metodi di un ente controllato dal Tesoro e l’uso disinvolto della pubblicità per «comprare» il consenso della stampa.

Aggiunsi che, oltre a non cantare nel coro dei giornali plaudenti davanti alla «magnifica» operazione, ogni volta che avessi visto su altre testate la pubblicità dell’Enel avrei ricordato ai miei lettori perché sul giornale che dirigevo non ve n’era traccia. Non credo che la mossa di toglierci le inserzioni fosse stata ispirata da Tatò, ma il manager quando venne a sapere della cosa spense qualsiasi intento bellicoso dei suoi e dunque noi potemmo continuare a scrivere liberamente ciò che pensavamo senza pagare dazio per le nostre opinioni.

La storia che vi ho raccontato risale più o meno a una ventina di anni fa, perché i governi del lìder Maximo (ce ne furono due) rimasero in sella per un paio d’anni, fra il 1998 e il 2000. Tuttavia, pur essendo trascorsi due decenni, le cose sono cambiate di poco e c’è ancora chi crede di poter usare il bastone e la carota per addomesticare i giornali. Anzi, con la crisi dell’editoria e le difficoltà di bilancio che incontra la carta stampata, ci sono aziende e istituzioni finanziarie che pensano di poter alzare ancora di più la voce, per mettere a tacere quelle poche rimaste libere.

L’ultimo caso mi è capitato di recente e proprio con Panorama. La scorsa settimana, come sapete, ci siamo occupati della guerra attorno alla più grande compagnia di assicurazione italiana, ossia le Generali. Da mesi è in atto uno scontro per la governance del Leone con protagonisti di peso.

Da un lato ci sono due tra gli imprenditori più liquidi del Paese, ossia Leonardo Del Vecchio, patron di Luxottica, e Francesco Gaetano Caltagirone, padrone di una conglomerata impegnata nelle grandi opere, nel cemento, nella finanza e nei giornali. Dall’altro c’è Mediobanca, ovvero la banca d’affari fondata nel dopoguerra da Enrico Cuccia, oggi amministrata da Alberto Nagel.

Al centro, le Generali, con il suo management e le sue strategie di mercato. Del Vecchio e Caltagirone sono azionisti da tempo della compagnia triestina, ma a comandare, cioè a decidere da chi dev’essere guidata e quali siano i suoi piani di espansione, è Mediobanca, che ha una quota più o meno equivalente a quella detenuta dai due imprenditori.

I quali da tempo scalpitano, perché non sempre condividono le scelte attuate dentro il Leone, ma in piazzetta Cuccia, quartier generale dell’istituto d’affari guidato da Nagel, finora hanno fatto orecchie da mercante. Risultato, dalla sera alla mattina Del Vecchio si è comprato poco meno del 20% di Mediobanca, divenendone il primo azionista e mettendo in discussione anche la governance di quello che un tempo era considerato il salotto buono della finanza. In pratica, si tratta di una guerra che in Piazza Affari, sede della Borsa italiana in cui tutte le società citate sono quotate, non si vedeva dai tempi di quella tra Cuccia, Gardini e Schimberni.

Ovviamente Panorama se n’è occupato, con un’inchiesta di Francesco Bonazzi e un mio editoriale. Il collega, com’e sua consuetudine, ha lavorato in autonomia, scegliendo le proprie fonti e raccontando i fatti per come li ha percepiti, descrivendo i meriti della dirigenza di Generali, ma anche le ragioni di chi ritiene si debba cambiare qualcosa. Evidentemente, avere una posizione in cui si raccontano le tesi di una parte, ma anche quelle della parte avversa, non è piaciuto a chi vorrebbe una narrazione a senso unico e si affanna a far circolare l’immagine di due arzilli vecchietti (Del Vecchio ha 86 anni, Caltagirone 78) che non si rassegnano alla pensione.

Risultato, alla concessionaria che raccoglie la pubblicità per Panorama, l’ufficio stampa di Mediobanca ha comunicato l’annullamento di un’inserzione a seguito della copertina del nostro settimanale. Ovviamente, l’istituto è un ente privato e ha diritto di fare pubblicità dove gli pare, come noi siamo liberi di non farci comprare da nessuno.

Tuttavia, se questo è il metodo di chi si riempie la bocca con il libero mercato, beh gli ricordiamo che non c’è solo quello dei soldi, ma anche quello dell’informazione e per quanto ci riguarda non siamo in vendita. Mediobanca investa pure i suoi soldi altrove, sperando di puntellare un sistema che non serve a pubblicare le notizie, ma a nasconderle. Per parte nostra, continueremo a svolgere il nostro mestiere, sapendo che l’unico padrone di Panorama era e resta il lettore, non un imprenditore e neppure un banchiere.

Ps. Ma la Fnsi, sempre pronta a pubblicare appelli in nome della libertà di stampa, ha nulla da dire? E la Consob, sempre vigile nel controllare che il mercato non sia influenzato da informazioni viziate, ha per caso qualche cosa da obiettare? Si attendono risposte.

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