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Come prendere un granchio (blu) e guadagnare

Come prendere un granchio (blu) e guadagnare

La moltiplicazione del crostaceo blu arrivato dalle coste americane mette a rischio i nostri allevamenti di vongole e cozze. Il governo lancia un piano d’intervento per contrasto ed aiuto mentre giovani imprenditrici cercano di sfruttare il fenomeno in modo costruttivo. La vera partita è però la salvaguardia della pesca italiana.


Lo scorso 18 agosto, alle 9 del mattino, eravamo al ministero della Sovranità alimentare per un confronto sulla crisi del granchio blu. È stata presa molto sul serio, e adesso (il 6 settembre per chi legge, ndr) ci vediamo di nuovo: abbiamo messo a punto un regolamento per contenere l’emergenza». Manuela Falautano, ricercatrice dell’Ispra – l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – da anni studia le specie aliene al largo delle nostre coste, come il pesce scorpione, e anticipa a Panorama la strategia sull’emergenza ittica della stagione. «Io sono di Sciacca e la pesca è il mio mondo, vorrei contribuire a salvarla, ma per farlo bisogna curare il mare: il Mediterraneo è stressato e la crisi del granchio blu è la manifestazione di una patologia più profonda. È singolare però che il problema sia esploso soltanto quando si sono sentiti gli effetti economici del granchio blu, perché gli allarmi ambientali sono suonati da tempo. Il protocollo in discussione al ministero va in tre direzioni: catturare questi crostacei in modo sostenibile e trasformarli da danno in risorsa, assicurare ai molluschicoltori protezione e sviluppo, indagare le cause e i rimedi biologico-ambientali per contenere la proliferazione. Si può fare».

Arriva perciò un decreto «anti-chele» mentre sono già stati stanziati 2,5 milioni di euro per i primi interventi. L’approccio è quello di ripensare complessivamente il settore ittico; ecco perché capofila è il ministero di Francesco Lollobrigida, che già a Bruxelles si è battuto contro le misure europee che penalizzano i nostri pescatori. L’Italia importa pesce per 3,7 miliardi di euro, a goderne oltre la Spagna sono i Paesi del nord Europa (Norvegia 12,5 per cento, Svezia 9,6, Paesi Bassi 9 e Danimarca 8,5 per cento), su cui l’Unione non pone veti: né sulle reti né sui carburanti.

All’Ispra, comunque, sapevano da anni che il granchio blu era arrivato. La dottoressa Falautano racconta che ci sono avvistamenti a partire dall’immediato Dopoguerra, ma il crostaceo era rimasto confinato in piccole colonie. Dal 2008 ha cominciato a espandersi e la sua abnorme moltiplicazione si è avuta del 2022.

A primavera di quest’anno nelle sacche degli Scardovari, a Goro e lungo le coste adriatiche, gli attacchi agli allevamenti di cozze sono diventati feroci. Anche nella laguna di Orbetello il granchio è andato all’assalto.

Federcopesca ha stimato in almeno 100 milioni di euro «il conto» del pranzo da re che il Callinectes sapidus si è apparecchiato negli allevamenti italiani. Tutta colpa del cambiamento climatico e della pesca forsennata, come sostengono gli eco-ansiosi?

«Non lo sappiamo, né possiamo dirlo con certezza» ragiona Manuela Falautano. «Questo granchio ha un’eccezionale capacità riproduttiva, resiste a sbalzi di temperature cha vanno da 3 ai 31 gradi dell’acqua e a salinità molto ridotta, colonizzando i fiumi alle foci. Nel Delta del Po ha trovato l’habitat perfetto: stava al caldo, con poco sale e disponeva di cibo a volontà. Chi accusa la pesca di aver sterminato i suoi antagonisti va un po’ a spanne. Il granchio ha come “nemici” lo squalo, le tartarughe, i polpi, ma l’unico vero suo antagonista è l’uomo. Bisogna organizzare prelievi coordinati per riportare la situazione alla normalità. Sapendo che il nostro mare è sotto stress: per l’inquinamento, per il cambiamento climatico, per la forte antropizzazione. I gabbiani, per esempio, li mangiano, ma se hanno a disposizione i rifiuti urbani evitano la predazione. Avendo abbassato “le difese immunitarie” del Mediterraneo il granchio blu si è diffuso quasi fosse un virus. Nostro compito all’Ispra è misurare questa “febbre” e indicare come ripristinare l’ecosistema. Pescando i granchi si può fare anche un buon affare. Il crostaceo si definisce sapidus perché è davvero gustoso. Giustamente però i nostri mitilicoltori non si vogliono trasformare in pescatori di granchi: Goro non è certo il Maine dove ci sono i crab-boat che soddisfano l’appetito degli americani».

Che ci sia la possibilità di contenere la proliferazione della specie con i prelievi lo dimostrano proprio gli Stati Uniti, i quali hanno limitato le catture e in Alaska l’hanno addirittura vietate. Al punto che Mariscadores, un’impresa formata da cinque ragazze riminesi tutte laureate – da chi è ingegnere a chi è biologa marina passando per economiste, comunicatrici e cuoche antropologhe – ha organizzato la prima spedizione in Florida di un container da 15 tonnellate di crostacei semilavorati pescati proprio a Goro.

Le stesse giovani imprenditrici animano anche Blueat, la pescheria sostenibile, una start-up di successo dovuto a buona lungimiranza. Tutto è partito nel 2021 a Rimini da un’idea di Carlotta Santolini, biologa marina. Lei ha riunito altre quattro compagne d’immersione e di passione marina – Alice Pari, Giulia Ricci, Ilaria Cappuccini e Matilda Banchetti – con il dichiarato intento di «fare impresa, ma contemporaneamente contribuire a salvaguardare l’ambiente, la società di chi lavora in mare e per esso, con una particolare attenzione a quelle donne che purtroppo ancora oggi sono invisibili e sottopagate nella “blue economy”». Il granchio blu è stato il loro propellente.

Nel 2022 si è cominciato a discutere della presenza di questo ospite non gradito – arrivato dal Nordamerica nelle stive delle navi con le acque di sentina – che a chi fa pesca con la vongolara regala solo gusci spezzati e a chi alleva cozze lascia giusto le briciole del guscio.

Ecco che per sfruttare l’alieno con le chele di forbice Blueat si è ingegnata. Ilaria ha messo a punto le ricette, Matilda ha ottimizzato il progetto, Giulia ha studiato il mercato, Alice ha cercato i finanziamenti e Carlotta si è lanciata. Producono sugo pronto bianco e rosso con il granchio, vendono la polpa sia lavorata a mano sia a macchina, commercializzano i mezzi crostacei e quelli interi surgelati. Il business è dunque partito.

Santolini ha confermato che adesso, con l’altra attività di Mariscadores, è disponibile ad acquistare tutta la quantità di granchio blu pescato nell’Adriatico e Jonio. Il prezzo comincia a farsi interessante: la media è sui 10 euro a chilo, considerando che solo il 30 per cento è commestibile, il resto è corazza che viene però avviata all’industria che ne fa base per cosmetici, medicinali, composti chimici.

Così l’emergenza granchio. Ma il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Lollobrigida, ha in mente di superare la crisi rilanciando la pesca. In luglio a San Benedetto del Tronto, nelle Marche, i pescherecci italiani si sono ritrovati sotto le bandiere di Coldiretti per una clamorosa manifestazione. Stanno protestando contro l’Europa che vuole vietare le reti a strascico mentre in Mediterraneo tutte le «barche della costa sud e orientale fanno man bassa con i giapponesi che arrivano a predare i tonni per il loro mercato».

In Italia negli ultimi 30 anni abbiamo perduto il 40 per cento della flotta peschereccia. Dipendiamo dalle importazioni per oltre l’80 per cento e solo quest’anno faremo un ulteriore più 2,5. Per questo il ministro, il 27 giugno, scorso ha votato contro il piano Ue: «Abbiamo il dovere di tutelare un nostro settore». Che a questo punto comprende anche il granchio blu.

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