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La dinastia che ha conquistato l’Europa

La dinastia che ha conquistato l’Europa

La famiglia che guida l’emirato, a partire dall’ex primo ministro Hamad bin Jassim bin Jaber al- Thani, possiede una rete di società con attività nell’intero continente. Panorama la ricostruisce.


La politica europea hanno cercato di comprarla con le valigie piene di soldi per Pier Antonio Panzeri e compagnia. D’altra parte, era l’unica cosa che mancava agli Al-Thani, la famiglia reale del Qatar. Perché tutto il resto, in Europa, se lo sono già comprato. Immobili di lusso, palazzi, catene di alberghi, azioni di società quotate, interi comparti di grandi fondi d’investimento, attività industriali. Un patrimonio enorme ed estremamente parcellizzato, sul quale è possibile fare luce grazie a una serie di documenti che abbiamo potuto consultare.

Il club di calcio del Paris Saint-Germain, il grattacielo Shard di Londra e la partecipazione nel capitale di Deutsche Bank sono solo la parte più visibile del patrimonio controllato da vari membri della dinastia emiratina. Per cercare di misurare davvero questa ricchezza è necessario andare in Lussemburgo, dove hanno sede legale una rete di 140 holding e subholding, alle quali fanno capo altre centinaia di società tra Francia, Italia, Gran Bretagna, Spagna, Germania, Usa e qualunque altro angolo dell’Occidente dove ci sia qualcosa che vale la pena comprare.

Un indirizzo chiave è quello di una palazzina elegante di tre piani in boulevard Roosevelt, nel cuore del Granducato. Di fronte, un giardinetto e lo spazio per parcheggiare due auto. Qui ha sede la Fiduciaire Fernand Faber. E almeno 45 holding che fanno capo a Hamad bin Jassim bin Jaber al -Thani. Ex primo ministro dell’emirato dal 2007 al 2013, ex responsabile della Qatar Investment Authority (il fondo sovrano del Paese, braccio finanziario dell’espansione all’estero), figura di primo piano dell’emirato nel mondo della finanza nonché architetto della crescita dell’influenza dello Stato del Golfo nello scenario internazionale, tanto a livello politico che finanziario. Nei circoli che contano è noto come «Hbj», mentre per la stampa britannica è «l’uomo che ha comprato Londra». Di lui, l’ex emiro Hamad bin Khalifa al-Thani, che ha abdicato nel 2013, avrebbe detto: «Io governo il Paese, ma è lui che lo possiede».

Secondo la rivista Forbes, il suo patrimonio personale ammonterebbe a circa 1,2 miliardi di dollari. Sulla base dell’inchiesta di Panorama, questa cifra è perlomeno sottostimata. Più ragionevole quella, circolata sulla stampa inglese durante i Mondiali, di un patrimonio complessivo degli Al-Thani di 300 miliardi di dollari, che ne fa una delle famiglie più ricche del globo (anche se molto distanziata dai Saud, che regnano in Arabia Saudita).

Il più ricco nella dinastia del Qatar è probabilmente proprio Hbj. A lui fa capo per esempio la Prime Capital SA., cioè la holding delle sue attività in Europa e Usa: a fine 2020 (ultimo dato disponibile) il bilancio annoverava asset per 5,2 miliardi di euro. L’anno precedente, prima dell’impatto delle svalutazioni per il Covid, il valore degli asset arrivava a 6,8 miliardi. All’interno della Prime Capital si trovano altre 75 società controllate integralmente, più le quote di 20 joint venture al 50 per cento, che a cascata controllano beni nei vari Paesi. Come gli hotel di lusso della catena Maybourne, sei alberghi tra Londra, Beverly Hills e la Costa Azzurra. E ancora l’Hotel du Louvre a Parigi, il Martinez sulla Croisette di Cannes, il rinascimentale Four Seasons di Firenze, il Regency Étoile di Parigi, il Sls Brickell di Miami, l’Intercontinental di New York, il The Churchill sempre a Londra.

Poi ci sono gli investimenti immobiliari. Come il palazzo nel cuore di Budapest, patrimonio Unesco, che ospita le boutique di due marchi italiani del lusso. Una serie di edifici commerciali nel cuore di Parigi, Londra e New York, ciascuno dei quali valutabile oltre il centinaio di milioni di euro. E ancora, il gruppo è impegnato nel progetto per la costruzione di un grattacielo a Brooklyn, parte della riqualificazione dell’area di Gowanus. Infine le partecipazioni azionarie. La principale, una quota dello spagnolo Banco Santander, è stata venduta a fine 2020 con alcune decine di milioni di euro di plusvalenza.

Le attività di Hbj oltreoceano hanno usufruito anche dei fondi stanziati dall’amministrazione Usa per far fronte all’emergenza Covid e di un altro bel regalo: quasi 5 milioni di dollari sono stati infatti cancellati nel 2021. Prestiti erogati durante la presidenza di Donald Trump e annullati con quella di Joe Biden. All’Sls Brickell di Miami sono arrivati 1,6 milioni a un tasso dell’1 per cento, rimborsabili in due anni. Un anno dopo, tutta la somma (ammontare e interessi) è stata «condonata». Al Fairmont Coley di Boston, lussuoso albergo d’inizio Novecento, simbolo dell’opulenza cittadina, sono riconosciuti 5,5 milioni sempre al tasso dell’1 per cento per due anni. Nel giugno 2021 è stata la volta di un condono per 3,2 milioni. Non che ci fosse la necessità di salvifici regali. Il bilancio della Prime Capital, depositato pochi giorni fa, precisa che nonostante l’ingente perdita del 2020 (634 milioni di euro), le finanze della holding sono solide e il beneficiario ultimo (cioè Hbj) ha iniettato fondi per 101 milioni di euro.

Hbj compare anche nelle inchieste giornalistiche finanziarie, sia nei Pandora Papers sia nei Panama Papers. Da questi ultimi è saltato fuori il suo yacht, Al Mirqab, valutato oltre 300 milioni di dollari e di solito ormeggiato a Maiorca, isole Baleari, Spagna. In un hotel riconducibile agli Al-Thani, l’Intercontinental, alloggiò Trump in occasione della visita dell’allora presidente statunitense a Londra, nel 2019. Il conto per la Casa Bianca: 1,2 milioni di dollari. La catena fa capo a Hamad bin Khalifa al-Thani, l’ex emiro del Qatar. Anche lui ha il centro dei suoi affari personali in Lussemburgo, presso la fiduciaria Faber. E anche in questo caso il focus è su immobiliare e hotel di lusso.

La sua holding si chiama Regis Investment e possiede asset totali per 4,2 miliardi (il dato più recente disponibile è del 2020). Nel corso del 2020, tramite la Regis l’ex emiro ha aggiunto al suo portafoglio il Baglioni Hotel Regina di via Veneto: uno dei più noti e lussuosi alberghi della nostra capitale, valutato da solo 170 milioni di euro nel bilancio della holding lussemburghese. E all’ex emiro fanno capo, tramite una diversa catena di holding, i marchi del lusso Balmain e Valentino.

Per capire quanto sia vasto e parcellizzato il patrimonio degli Al-Thani è però necessario spostarsi ad Annemasse, cittadina francese che è di fatto un sobborgo della svizzera Ginevra. Al numero 6 di rue du Parc, un palazzo di vetro e acciaio in una zona centrale della città, sono registrate 459 di società. Accanto ad attività di ogni tipo – dalle costruzioni alla derattizzazione, studi d’ingegneria, agenzie pubblicitarie, attività commerciali – si trovano quattro società immobiliari riconducibili agli Al-Thani. Controllate da due diverse holding lussemburghesi – Fantasia Holding e Androlding -, custodiscono ciascuna asset immobiliari di pregio in Francia. Uno chalet nell’esclusiva stazione alpina di Megève, una palazzina a Evian e due palazzi nel cuore di Parigi. Secondo le nostre ricerche, fanno parte del patrimonio personale dello sceicco Hassan bin Khaled al-Thani, già direttore dell’ufficio dell’Emiro del Qatar.

La capitale francese d’altra parte è una delle mete preferite della famiglia reale dell’emirato. Tramite un’altra catena di holding lussemburghesi si arriva a due prestigiose e super-sorvegliate residenze nell’esclusivo 16esimo arrondissement, la prima a pochi passi del Trocadéro, la seconda non distante. In un’altra società della stessa catena di holding c’è invece un allevamento di purosangue in Normandia, una delle passioni della dinastia del Golfo. Passando dagli investimenti personali a quelli statali, l’immobiliare resta centrale e il cuore degli investimenti è ancora in Lussemburgo. In questo caso dal Granducato si arriva anche in Italia. A Milano, nel centro direzionale di Milanofiori, dove il Palazzo D è riconducibile alla Banca centrale del Qatar.

Poi ci sono gli investimenti finanziari. Nell’ottobre scorso, la famiglia Percassi è tornata al 100 per cento della catena di negozi di cosmetici Kiko, ricomprando il 38 per cento del capitale dal fondo di private equity Peninsula. Lo aveva venduto quattro anni prima, nel 2018, per circa 80 milioni di euro. Secondo quanto abbiamo ricostruito, i principali sottoscrittori del veicolo dei fondi Peninsula che ha effettuato l’operazione, denominato P1 Scs, erano membri della famiglia Al-Thani.

Nel capitolo degli investimenti finanziari figurano anche quelli nei fondi Cifc. Si tratta di un gestore americano di hedge fund con oltre 37 miliardi di euro di asset in gestione. In almeno due fondi della famiglia Cifc la maggior parte dei capitali arrivava nel 2020 dal Qatar.

L’Italia si incontra anche cercando le persone di fiducia degli Al-Thani per gestire il proprio tesoro. Nelle settimane scorse abbiamo raccontato sul quotidiano La Verità come due dei gestori dello sterminato patrimonio familiare siano Michela Faissola e Francesco Fabiani. Quest’ultimo ha gestito per anni il patrimonio personale in Svizzera di Carlo De Benedetti. La figura chiave è però Faissola, ex top manager di Deutsche Bank, condannato in primo grado e poi assolto in appello per il suo ruolo nella vicenda Monte dei Paschi di Siena. Dal 2018 gestisce la Dilmon, cassaforte degli investimenti della famiglia reale qatarina. Dalla Dilmon si arriva a una piccola società di consulenza londinese, Centricus, nata dopo una serie di acquisizioni – per centinaia di milioni di euro ciascuna – fatte dalla Fab Ltd fondata da Faissola.

La Centricus è anche l’ennesima prova della forza finanziaria degli Al-Thani e della loro pervasività negli affari europei a tutti i livelli. Nel 2021, nel pieno delle polemiche con grandi club di calcio per il progetto della Superlega, sul tavolo della Fifa arriva una proposta da sei miliardi di euro per rilanciare la Champions League. Il mittente era appunto la Centricus, che si contrapponeva così a Jp Morgan, finanziatore del progetto della Superlega. Come poteva una piccola società come Centricus sfidare un colosso della finanza globale come Jp Morgan? Semplice, con i soldi degli Al-Thani.

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