Dopo aver superato Tesla ed essere diventato il maggior produttore di veicoli elettrici, il marchio Byd vuole conquistare l’intero mercato europeo della nuova mobilità.
Nessuno l’ha sentita arrivare. Per davvero però. Così quando è esploso il caso, gli esperti del settore sono rimasti spiazzati. Nel giro di pochi mesi la casa automobilistica cinese Byd – acronimo inglese per «Build your dreams», costruisci i tuoi sogni – ha messo a segno una serie di colpi che hanno frastornato il mercato. Prima il sorpasso, in termini di vendite globali (526 mila vetture consegnate tra ottobre e dicembre 2023), di Tesla il colosso americano incontrastato padrone dell’automotive elettrico, poi accordi con altre case, progetti di fabbriche in Europa e una raffica di prodotti in tutti i segmenti, competitivi nei prezzi e nella tecnologia. Tra i modelli più venduti, la Byd Seagull in Cina non tocca oggi i novemila euro. Dovrebbe arrivare in Italia a giugno a un prezzo intorno ai 20 mila euro.
È dunque un vero assedio al settore che si avvantaggia della totale ignavia di Bruxelles incapace di contrastare la forza d’urto del marchio asiatico. Bastano alcuni numeri per avere un’idea della velocità di ascesa di Byd. Da un giro d’affari di sei miliardi di euro del 2010 è passata a 53 miliardi del 2022. Nel 2023, le vendite sono aumentate del 73 per cento. In pochi anni è arrivata a dominare il mercato automobilistico del Dragone, il più grande del mondo con i suoi 25 milioni di auto vendute, secondo la stima di AlixPartners per il 2023. In Europa le sue vetture elettriche circolano in 53 Paesi mentre bus e taxi a batteria in oltre 400 città di oltre 70 Paesi.
Approfittando del basso costo della manodopera, del quasi monopolio delle batterie, di fatto non ha concorrenti. Byd ha realizzato una fabbrica in Europa, quella di Komarom, in Ungheria, per gli autobus e ora ne sta costruendo una per sole auto elettriche a Szeged, sempre nel Paese magiaro. Si è parlato di un interesse anche per produrre in Italia. Durante il salone dell’auto di Ginevra, il gruppo ha rivelato di aver parlato con il governo italiano, salvo poi precisare che le discussioni sono state interrotte dopo che la scelta per la prima fabbrica in Ue è caduta sull’Ungheria. Il responsabile di Byd Europa, Michael Shu, ha precisato che la costruzione di un secondo sito «dipenderà dalle vendite». I colloqui rientravano nella strategia portata avanti dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, di aprire a case automobilistiche estere. Tra i contatti ci sarebbero anche brand cinesi.
Per espandersi in Europa, ha adottato una tecnica particolare. Siccome non tutte i veicoli potranno essere assemblati sul posto, cosa c’è di meglio del trasporto via mare con navi cargo in grado di caricare settemila auto a viaggio. Alcune settimane fa ha attraccato la Explorer NO.1, presa in affitto dalla compagnia del miliardario israeliano Eyal Ofer, nei porti di Vlissingen nei Paesi Bassi e Bremerhaven in Germania piena di vetture da smistare. È più di un esperimento. C’è già un progetto di dotarsi di altre sette navi.
Il colosso cinese copre il trasporto su gomma a 360 gradi, dalle auto, ai camion, agli autobus. Questi li vediamo circolare nelle nostre città a Torino, Alessandria, Brescia, Bergamo, Como, Novara, Milano, Cremona, Verona, Rovigo, Ancona e Messina e, a breve, Firenze, Napoli e Taranto. Recentemente si è lanciata anche nel settore delle moto, sempre a batteria, stringendo un accordo con la startup di Singapore ma ora trasferita in Cina, Scorpio, per la realizzazione di una scooter con autonomia di 200 chilometri.La «colonizzazione» avviene attraverso la realizzazione di una rete di concessionari per fornire servizi di vendita e postvendita. In Italia si serve della rete dei concessionari Autotorino, Barchetti e Intergea, posizionati nel Nord, a partire da Milano, Brescia, Verona, Torino e Firenze. Byd si espande anche nel noleggio. È di inizio febbraio l’accordo con Arval, leader nel noleggio a lungo termine. Guarda caso proprio mentre Hertz, ha tagliato gli acquisti di Tesla. Ci si attendono nuove iniziative anche alla luce dell’addio di Apple al progetto di entrare nel mercato dell’auto elettrica per concentrarsi sull’Intelligenza artificiale. Il disimpegno della multinazionale della tecnologia, elimina un potenziale concorrente e lascia più spazio alla casa cinese.
È un testa a testa tra le due case automobilistiche, diverse anche nelle figure dei loro creatori. Così sovraesposto Elon Musk, così riservato Wang Chuanfu. Dell’imprenditore si hanno infatti scarne notizie. Umili origini, famiglia contadina, rimane orfano quando non aveva ancora iniziato le scuole superiori. Di lui si occupano il fratello e la sorella maggiore, come ha riportato un servizio della Cnn, costruito su testimonianze di chi lo ha conosciuto nella giovinezza e durante gli studi nei quali eccelle subito. Dopo la laurea in chimica alla Central south industrial university of technology di Changsha, importante centro culturale della provincia di Hunan, si sposta a Pechino per conseguire un master sulle batterie di cui intuisce il potenziale nell’applicazione alle tecnologie. Davanti a sé avrebbe una carriera nell’amministrazione pubblica come vice-supervisore del Beijing nonferrous research institute, istituto di ricerca governativo, ma non si accontenta. Non a caso Byd è l’acronimo di Build your dreams, costruisci i tuoi sogni. Pensa in grande e grazie a un prestito di alcuni parenti di circa 300 mila dollari, prende in affitto un edificio di duemila metri quadrati. È lì che comincia a produrre batterie ricaricabili.
L’obiettivo è di competere con i prodotti giapponesi la cui importazione è all’epoca molto costosa, a causa dei dazi, e ha tempi di consegna lunghi. Wang studia i brevetti Sony, smonta le batterie per capirne i segreti e poterle riprodurre, ma in meglio. Nel 2002, uno studio condotto dalla Harvard business school incorona la Byd come uno dei primi quattro produttori mondiali di batterie ricaricabili e il più grande di tutta la Cina. Da quel momento tutti i maggiori marchi di cellulari diventano suoi clienti. Da lui fanno la fila Motorola e Nokia per primi, poi Apple e Samsung. Oggi è al vertice nella classifica mondiale del settore.
L’ascesa nell’automotive comincia nel 2003 con l’acquisto della licenza di un produttore locale fallito, Qinchuan Machinery Works. All’inizio i modelli sono simili a quelli della vecchia azienda, ma presto sterza. Il primo modello sviluppato completamente in casa è la F3, ma una delle tappe più importanti nella storia di Byd Auto è lo sviluppo di F3DM, primo modello ibrido plug-in. Non è un successo, ne vende appena 48 esemplari, ma segnerà il futuro del gruppo. Wang punta subito sull’elettrico partendo dalla posizione di vantaggio che gli viene dalla leadership nelle batterie. Diventa il produttore automobilistico con la più grande integrazione verticale al mondo. Ovvero è in grado di realizzare in modo autonomo gran parte dei componenti base delle proprie auto, utilizzando pochissimi fornitori.
Questo è il suo punto di forza. Anche la finanza si interessa a lui. Nel 2008 la Berkshire Hathaway di Warren Buffett investe in Byd 232 milioni di dollari. Oggi quel pacchetto azionario vale più di sette miliardi di dollari. Nel frattempo la ricchezza di Wang Chuanfu è lievitata a circa 24 miliardi di dollari. Difficile pensare che dietro questa potenza di fuoco non ci sia lo «zampino» del governo di Pechino. Tant’è che la Commissione europea ha avviato un’indagine anche su altre due case cinesi, Geely e SAIC. Grazie a generosi sussidi pubblici, i costi di assemblaggio vengono notevolmente ridotti e le aziende sono in grado di vendere il proprio prodotto a un prezzo inferiore in media del 20 per cento rispetto alle loro equivalenti assemblate nell’Ue. Secondo le stime di Bruxelles, marchi come Byd, Nio e Xpeng, hanno già conquistato l’8 per cento del mercato europeo delle auto elettriche, rispetto al 4 per cento del 2021, e potrebbero arrivare al 15 per cento nel 2025. Ce n’è abbastanza per preoccuparsi molto.