Grecia: la rivincita della Cenerentola d'Europa
La bandiera greca sventola sul Partenone battuto dal vento, esibendo i colori nazionali: il blu del cielo e il bianco dei marmi dei templi, simboli per eccellenza della gloria dell'Antica Grecia. Le strade della Plaka e la Ermou, il principale viale pedonale di Atene - direttrici percorse ogni giorno da migliaia di turisti - sono rimaste a lungo deserte a causa di un lockdown che all'inizio doveva essere solo preventivo, ma che in realtà ha salvato il Paese dalla catastrofe sanitaria. Per l'Ellade, in questa tragedia globale, è arrivato il momento di una piccola rivincita. La «Cenerentola d'Europa» è stato uno dei Paesi dove il coronavirus ha avuto effetti più contenuti e che ha gestito meglio l'emergenza. Risultato: i contagiati sono appena 2.650 e i decessi circa 160. Dati che hanno quasi del miracoloso, considerando che la Grecia esce stremata da un decennio di austerity, con tutte le conseguenze dei tagli fatti per ottenere i prestiti da Bruxelles anche sul sistema sanitario nazionale. A questo va aggiunto che la popolazione è fra le più longeve del Vecchio continente, con il 21 per cento delle persone che hanno un'età superiore ai 65 anni.
Il rischio di un disastro nazionale era altissimo e per questo il premier, Kiryakos Mitsotakis, ha introdotto misure di chiusura e di contenimento quando nel Paese erano stati segnalati solo poche decine di casi. Ma l'epidemia infuriava nel resto d'Europa e il governo di Atene ha capito subito il virus non si sarebbe fermato ai confini nazionali. Le scuole sono state chiuse dunque il 10 marzo, e tre giorni dopo è toccato a bar, ristoranti, musei e luoghi di aggregazione. Si è riusciti a raddoppiare i posti in terapia intensiva, portandoli a circa un migliaio - i greci sono circa 10 milioni.
Adesso l'Ellade è già ripartita e l'esecutivo vuole concentrare ogni sforzo sulla stagione estiva, che rappresenta il momento cruciale per l'economia nazionale. Il primo ministro ha dato tutti i dettagli in diretta televisiva. «Dobbiamo essere fieri di come abbiamo affrontato questa emergenza» ha esordito. «Come ne usciremo, però, dipenderà da con quanta disciplina affronteremo questa seconda fase». Sta di fatto che la Grecia ha riaperto con un piano preciso, che in un mese e mezzo e forse anche meno, dovrebbe portarla a essere pienamente operativa. Il 4 maggio è toccato ai negozi della piccola distribuzione, agli artigiani e ai servizi alla persona, che hanno avuto la precedenza sui centri commerciali. Le chiese sono state riaperte per le preghiere individuali ed è stato abolito l'obbligo di notificare i propri spostamenti via sms al ministero dell'Interno (niente moduli di autocertificazione, nella terra dei filosofi).
L'11 maggio è stata la volta dell'istruzione superiore con riapertura di licei e università. Il 17 hanno ripreso le funzioni religiose, purché si rispetti la distanza di sicurezza, mentre il 18 maggio torneranno sui banchi anche gli alunni di medie ed elementari e, soprattutto, riapriranno i siti archeologici e i musei. Il 1° giugno, infine, torneranno a pieno regime bar e ristoranti. Un piano di ripresa graduale, ma con il quale il Paese si prepara a una stagione estiva che spera essere di tutto esaurito, anche perché Atene ha previsto per il 2020 una contrazione del Pil fra il 5 e il 10 per cento. A questo proposito, Mitsotakis sta mettendo a punto una serie di agevolazioni fiscali e incentivi proprio per venire incontro ai settori legati al turismo, per reagire a una crisi post pandemia che farebbe collassare l'economia. E i tempi della riapertura potrebbero essere anche più contenuti.
Stando a fonti ateniesi, che si mantengono comunque molto caute, se i dati sui contagi saranno positivi dal 25 maggio ci si potrà muovere all'interno del Paese, che vuole dire dare inizio al periodo più importante per le isole, anticipando quindi anche il via libera per bar e ristoranti. Da metà giugno in poi potrebbe anche essere già possibile prenotare soggiorni per le vacanze. Una possibilità, tuttavia, che non riguarderà tutti. L'obiettivo di Atene è quello di «certificare» la sicurezza del turismo sulle splendide coste elleniche dal punto di vista sanitario. Ecco perché l'ingresso ai visitatori dall'estero sarà riservato solo chi arriva da Paesi con tasso epidemico particolarmente basso o, meglio, che si saranno lasciati l'incubo Covid-19 alle spalle. È una gestione considerata esemplare da molti osservatori internazionali, che Mytsotakis userà come elemento di propaganda interna, ma anche per offrire alla comunità internazionale l'immagine di una nuova Grecia, più moderna e aperta al mondo.
C'è un altro aspetto da considerare, che potrebbe avere giocato indirettamente a favore dei greci. «Dieci anni di austerity» spiega a PanoramaDimitry Katsicas, docente di economia all'università di Atene, «ci hanno insegnato a vivere in una situazione di costante emergenza. Credo che dal punto di vista psicologico, l'introduzione del lockdown sia stato percepito come essenziale per non trovarsi in una situazione più seria successivamente. E anche questo spiega la grandissima disciplina che i greci hanno dimostrato in una simile circostanza. Siamo un popolo che ha imparato quando il sacrificio personale è necessario o inevitabile».
Un destino molto diverso da quello della vicina Turchia, anch'essa prossima alla riapertura, ma dove il contagio da Covid-19 ha avuto un esito ben più grave, con 130 mila persone colpite e un totale di circa 3.500 decessi. Atene, però, deve affrontare con cautela anche all'emergenza migranti. Con l'estate di sicuro riprenderanno anche gli sbarchi di migranti sulle isole elleniche, provenienti dalle coste turche. Nel fine settimana del 1° maggio, la guardia costiera della Mezzaluna ha denunciato il respingimento da parte di quella greca di un gommone su cui c'erano 48 persone. Lungo il confine di terra - dove lo scorso febbraio si erano ammassati in 15 mila per entrare nell'Unione europea - si sono sentiti colpi di arma da fuoco, presumibilmente sparati della polizia di Atene che cercava di bloccare un tentativo di ingresso illegale nel Paese.
Alcuni media ellenici hanno accusato le autorità turche di spingere migranti malati da coronavirus oltre la frontiera. Insinuazioni pesanti; d'altra parte i centri per rifugiati sono i luoghi più a rischio della Grecia per due motivi. Innanzitutto, il sovraffollamento e le condizioni igieniche precarie che sono luogo ideale per una rapida diffusione del virus. Il Paese ha messo in quarantena quattro centri, due a pochi chilometri dalla capitale e altrettanti sulle isole di Lesbo e Samo. L'emergenza sanitaria, però, ne ha provocata una seconda che riguarda la sicurezza. All'interno di molti campi per rifugiati ci sono state rivolte che la polizia ha fatto fatica a sedare. Molto spesso si tratta di scontri fra etnie diverse che si trovano all'interno di questi spazi ristretti, dove non ci sono solo siriani che scappano dalla guerra, ma anche afghani, pakistani, iracheni e centinaia di persone provenienti dal Nord Africa.
A Lesbo si sono verificati anche vari scontri con la popolazione. Già esasperati dalla povertà dovuta alla crisi economica, gli 80 mila abitanti sopportano ormai con difficoltà i 14 mila migranti arrivati sull'isola. La scommessa della Grecia ora è questa: potrebbe essere un'estate di riscatto, solo però se il Paese riuscirà a mantenere la guardia alta.