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Inchieste

Nella rete dei fin-influencer

Sono seguiti da decine, quando non centinaiadi migliaia di persone in cerca di consigli (ben retribuiti) su come investire. Nella migliore delle ipotesi, i loro sono suggerimenti banali, nella peggiore possono costare assai cari. Inchiesta sul fenomeno del parere online, che interessa anche altre problematiche, per esempio psicologiche...

Un paio di sneaker di moda, i biglietti per un concerto, un oggettino di design, una t-shirt un po’ diversa. Bisognerebbe avere il coraggio di riconoscere che sono queste le cose che si possono acquistare sulle piattaforme social. Di sicuro, non è una buona idea utilizzare Instagram o Facebook per affidare i risparmi a un fin-influencer o, peggio ancora, la nostra salute mentale e la nostra anima a un «fuffa guru». Dispensatori digitali di perle di saggezza come «credi in te stesso» e dispensatori (e dispensatrici) di ricette del tipo «Cinque modi per farla tornare da te»… Se sul primo fronte qualcosa si sta muovendo, con le autorità finanziarie che in Regno Unito e Italia hanno mosso i primi passi proprio nelle ultime settimane, sul fronte degli strizzacervelli da «reel sui social» siamo ancora molto indietro.

Il meccanismo che governa tutti questi sedicenti esperti è il medesimo. Basta seguirne un centinaio per qualche giorno (dopo, sono loro che seguiranno te in ogni stanza della tua casa) e si capisce che la sequenza è sempre la stessa: bisogno/fragilità personale, ricerca, algoritmo, storytelling, clic economy. Questo circolo vizioso utilizza tecniche sempre più veloci, precise, rapide e persuasive nel soddisfare le necessità materiali e spirituali di utenti digitali. Propone investimenti finanziari di ogni tipo, corsi di formazione per fare i trader su qualunque mercato del mondo, ricette per vivere di rendita. «Non servono tanti soldi», ma bisogna «cambiare testa» e «imparare a pensare da ricchi», prescrivono i fin-influencer, i Ferragni dell’Etf e della criptovaluta, come l’Alfio Bardolla in maglioncino arancione, che con il gruppo intitolato a se stesso è addirittura quotato in Borsa e al quale Panorama ha dedicato un’inchiesta sul numero 19 dello scorso 1° maggio.

Con la stessa spirale infernale, sui social cresce in modo vorace il mercato del «benessere mentale» (assai diverso dalla salute mentale), animato da psicologi, veri o presunti, da mental coach, life coach, love coach, global coach, e perfino finte onlus e associazioni che in realtà fanno capo a professionisti a corto di clientela. Santoni e guaritori online che in massima parte promettono di aiutarci a uscire dalla «depressione amorosa» dando un nome e una diagnosi (in remoto) al bastardo/a che ti ha lasciato, o che ti ha bloccato sui social (magari non del tutto a torto). E così, non ci sono più le coppie caratterialmente incompatibili, i bugiardi, i traditori, gli insensibili, i succubi della mamma, gli smidollati, i gelosi, i venali, i deboli, gli imbranati a letto, i banalmente e beatamente stronzi. No, nel mondo dei fuffa guru i rapporti sono tutti «tossici» e i nostri ex sono tutti «narcisisti, borderline, passivo-aggressivi e manipolatori». E mentre questo fast food della psicologia da aperi-cena passa rapidamente all’incasso con PayPal e la nostra carta di credito, inconsapevolmente si prepara il campo alla futura medicalizzazione di Casanova e della monaca di Monza. Di loro ci occuperemo sul prossimo numero. Eppure, quando si tratta delle nostre finanze, è chiaro che scegliere una polizza auto o un mutuo per la casa online può essere un’ottima idea. Difficile, però, che si venda un prodotto già più complesso come una polizza vita, puntando smaccatamente sul bisogno di felicità di ciascuno, sulle ansie, sul desiderio (malsano) di legare una persona a noi o di punire il coniuge. Al massimo, si strizzerà l’occhio sui benefici fiscali e sulla non aggredibilità (relativa) di una certa polizza.

Bardolla, 167 mila follower su Instagram, non vende direttamente azioni, fondi d’investimento, derivati su materie prime o indici, ma insegna indifferentemente come campare di trading o speculare sugli immobili comprandoli alle aste giudiziarie. Che è un po’ come fare contemporaneamente l’enogastronomo e il nutrizionista. Come Panorama ha raccontato, l’uomo in maglioncino arancione suggerisce innanzitutto stati d’animo, consapevolezza, autostima.

Il trentenne Gabriele Galletta, 100 mila follower e sicuramente tra i fin-influencer più seri in circolazione, elargisce buoni consigli («Sui mercati devi imparare a stare fermo»; «Occhio ai prodotti che ti massacrano di commissioni»), ma ogni tanto scivola su reel in cui sostiene che bisogna ottenere «almeno il 12 per cento di rendimento annuo» con l’Etf giusto. E vende uno spreedsheet excel (foglio di calcolo) che ti insegna «a inserire con consapevolezza le obbligazioni nel tuo portafoglio». Galletta però almeno è uno che studia e invita ad approfondire.

I metodi diventano decisamente spicci, e soprattutto privi di qualsiasi analisi finanziaria, quando ci si imbatte in Big Luca, al secolo Luca De Stefani, trentenne d’assalto con 48 mila follower che si definisce «l’online marketing advisor più pagato del mondo». Vi può dare dritte su tutto, da come fondare la nuova Microsoft a come scalare Tesla di Elon Musk. Big Luca ci tiene a far sapere che «una giornata con me costa 20 mila euro». Lui è il Ruinart, la Veuve Clicquot del money coaching e sostiene che se avete solo 3 mila euro in banca («come tutti, all’inizio, come me») «dovete investirli tutti in formazione, comprare corsi».

Anche Big Luca, che mostra di vivere come un rapper, ha il problema delle donne: «Vuoi sapere come gestire la tua relazione quando sei diventato un imprenditore? Vuoi sapere quale dev’essere il ruolo della donna?». Dài, stupiscici Big Luca, tu che posti i video in piscina e dal jet privato che affitti «a 18 mila euro a tratta». Ecco la sintesi di quello che sarà un coaching a pagamento (diciamo in generale alcune migliaia di euro, ma questi esperti contano più sulla quantità di «clienti» ai quali offrono la stessa consulenza): «Quando avrete fatto il grano, fatene il c... che vi pare e non sentitevi in debito con la famiglia».

De Stefani è uno dei sei fin-influencer sui quali l’Antitrust ha appena aperto un’istruttoria per pubblicità occulta. Tra questi, merita una citazione l’aitante Davide Caiazzo, 66 mila follower e svariati profili. Si definisce «la persona più ascoltata su Linkedin» nega decisamente di far parte di una categoria di persone che, parole sue, «vende corsi per diventare ricchi o difendere i patrimoni dalle Autorità, e sta a Dubai o Londra», o fa pubblicità ingannevoli. Continua Caiazzo: «Io sono l’unico di questi che sta in Italia, sono un avvocato, mi sono cancellato dall’albo solo perché sono diventato imprenditore e insegno come stare su Linkedin».

Guardando i suoi video, gli slogan sono innocenti, banali: «Non permettere a nessuno di dirti che non puoi farcela»; «La libertà vera è seguire i propri sogni, non le aspettative degli altri» e altra roba da biscotti della fortuna.

C’è anche un virilissimo «Mollare non è un’opzione», sparato mentre partecipava a Global Soccer Awards della Italpreziosi, fasciato in uno sgargiante doppio petto verde su cui nessuna Autorità di vigilanza potrà mai intervenire.

Se torniamo alla finanza, senza fare pubblicità a nessuno perché qui siamo in zona «casinò online», le decine e decine di profili di fin-influencer che l’algoritmo ci ha proposto sono di due categorie. Nella prima, ci sono «money guru» che giocano sulle frustrazioni del dipendente, promettendogli di cambiare vita, prima ancora che di guadagnare. Poi si parte con la propaganda più o meno rozza contro «l’impiegato di banca sfigato che vuol venderti un prodotto finanziario, un fondo d’investimento, un Btp». Per capire il livello dei fin-influencer, su Facebook e Instagram il problema dei conflitti d’interesse nell’industria del risparmio gestito non esiste. Esistono solo bancari «sfigati» e «banche sfruttatrici» e la complessità di un prodotto finanziario strutturato non esiste. Dopo aver spacciato scenari in cui «lo Stato italiano è fallito» e «le pensioni non saranno pagate», anziché proporre di andare alla Posta e comprare buoni fruttiferi, i nostri super guru orientano verso il trading online, le criptovalute, i «derivati» più imperscrutabili. Nella seconda categoria, invece, siamo direttamente alla truffa: ogni giorno decine di pagine social invitano a investire quel prodotto, pubblicando messaggi ingannevoli con fotografie di governatori centrali, super manager e finanzieri famosi, senza scriverne il nome, usati come testimonial subliminali. Questi sono criminali e i fin-influencer invece non lo sono, ma è triste notare come gli slogan pubblicitari usati per carpire i clic e la nostra carta di credito siano simili. Siamo al trash del trash, ma può costare caro.

Il mese scorso anche la Consob è intervenuta sul fenomeno consiglieri finanziari online, dopo che ha visto muoversi nel Regno Unito i colleghi della Financial conduct authority (Fca). Come spiega quest’ultima, tutti gli accertamenti mirano «a proteggere il pubblico dall’affidarsi ai consigli di individui che non sono soggetti a regole, non sono qualificati e non sono affidabili». «Unregulated, unqualified and unaccountable». Chiamiamolo «memo delle tre U». Queste tre paroline bisognerebbe scriversele su un post-it e appiccicarle sotto lo schermo del computer per quando ci si imbatte in un fin-influencer. Ma non solo in lui...

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Francesco Bonazzi