Il «ritocchino» condiziona i più giovani (prima però gli adulti)
Gli interventi estetici che finiscono in dramma a causa dell’incapacità di chi li pratica, alzano il velo su una piaga sociale da ricondurre a modelli sbagliati. Che, indistintamente, riguarda tutti.
È un’autentica dipendenza e si chiama «cosmeticoressia»: si tratta della insopprimibile necessità del ritocco (chirurgia estetica) e sta minando, senza esagerazioni, l’identità di una generazione di adolescenti e preadolescenti. Non può essere morta invano Margaret, la ragazza siciliana rimasta vittima di un intervento subìto in uno studio estetico trovato su TikTok.
Sono frotte di ragazzine all’inseguimento di modelli estetici imposti dai social più ancora che dalla pubblicità. I social, infatti, sono più pervasivi e, oltre a ciò, attirano queste giovani sensibilità attraverso la messa in rete di simulazioni varie che fanno vedere il prima e il dopo, quel dopo che è ciò che sognano, che idealizzano e che, talora, sfortunatamente, in luoghi non adatti, perseguono quelle stesse ragazzine. I numeri di questo fenomeno sono letteralmente agghiaccianti.
Secondo uno studio di mUp Research e Bilendi, negli ultimi due anni, 7,3 milioni di italiani si sarebbero sottoposti ad almeno un intervento estetico, quota che sale al 30 per cento tra i giovani sotto i 25 anni. Le fiale di filler riempitivo delle labbra sono armai in vendita su internet a 300 euro circa ognuna nonostante i medici sconsiglino vivamente questi «ritocchini» fatti in casa, in centri non autorizzati o addirittura dal parrucchiere.
Su 124 studi di medicina estetica ispezionati quest’anno dai Nuclei antisofisticazione e sanità dei Carabinieri, i Nas, la metà era irregolare - ci informa la rubrica «Specchio» della Stampa -, a questi dati va aggiunto che il costo medio di una mastoplastica additiva, che insieme ai filler è tra gli interventi più richiesti, varia tra i 5.500 e i 9.500 euro, ma sul web ci sono medici che propongono pagamenti a rate o interventi in Turchia o Albania a un terzo del costo.
È ovvio come sia complicato, se non impossibile, fare un’analisi preventiva sull’affidabilità di questi luoghi e di questi centri perché, generalmente, chi ci arriva non è in grado di stabilire in modo scientifico se siano adatti a questo tipo di interventi oppure no, se siano dotati della strumentazione adeguate nel caso in cui si presentino problemi gravi che per esempio richiedano la rianimazione. Cioè, se abbiano o no quelle dotazioni che sono presenti in un centro specializzato o una clinica che pratica questi interventi. Intendiamoci, Margaret non è morta dopo un’operazione in Albania o in Turchia, ma dopo un intervento in Italia perché questa pratica schifosa di attrarre giovani donne, a volte poco più che bambine, magari all’insaputa dei genitori, o talora con la loro complicità perché a loro volta malati, prospera purtroppo anche nel nostro Paese. È un fenomeno che si va espandendo e assume dimensioni molto preoccupanti come abbiamo visto nei numeri sopra citati.
Spesso accade che anche un piccolo intervento al viso non riesca - o che il risultato si alteri nel tempo - e non soddisfi più la ragazzina che si è sottoposta ad esso, e allora inizia quella spirale diabolica del ritocco, del «ritocchino». Il quale generalmente, poiché eseguito da mani inesperte, peggiora la situazione fino a rendere quei volti deformi e con scarse possibilità di tornare indietro. Anche perché, tornare indietro significherebbe affidarsi a chirurghi estetici professionisti che sono molto costosi, opzione impossibile per la maggior parte di queste giovanissime donne.
Come ha spiegato bene la psicologa sociale presso l’Università di Padova, Ines Testoni: «Le bambine stanno interiorizzando un modello femminile di costruzione del proprio corpo e della propria identità secondo canoni irrealistici di superdonne. Imitano un modello che nega l’invecchiamento, la fragilità, la “non idoneità” sociale». Continua la psicologa: «L’angoscia del preadolescente che vive la trasformazione del proprio corpo e quella dell’adulto che invecchia non sono poi così diverse». Con queste affermazioni l’esperta mette il dito nella piaga: ovvero come e perché questi modelli inculcati dai social colpiscono e fanno sbandare anche coloro che dovrebbero educare le ragazzine - gli adulti, o presunti tali - a non lasciarsi condizionare da modelli impossibili, ingiusti, inutili e pericolosi.