L’uscita di scena di Andrea Agnelli ha rimesso il club sotto il controllo di John Elkann e dei suoi uomini. Ma pesano i costi di campagne acquisti spericolate e gli accertamenti Consob. Con un debito che fa ancora paura, almeno quanto la nuova inchiesta di Torino.
Per la Juventus la Quaresima quest’anno è arrivata in anticipo. In poco più di una settimana, tra domenica 4 e lunedì 12 febbraio, sono piovute due sconfitte con Inter e Udinese, che hanno sancito il probabile addio ai sogni scudetto, e lo shock dell’inchiesta penale per il suo proprietario John Elkann e per il presidente, Gianluca Ferrero. Ovvero, gli uomini della svolta dopo la discussa gestione di Andrea Agnelli. L’ultima indagine della Procura di Torino non ha nulla a che fare con la quotidianità del club bianconero, ma per un complicato gioco di incastri e catene azionarie può rimettere in discussione l’eredità di Gianni e Marella Agnelli e il controllo della holding Exor, giù giù fino alle quote di controllo della Juve. Ma intanto, tifosi e azionisti della Vecchia Signora si chiedono se John Elkann avrà con sé stesso, e con il suo commercialista di fiducia piazzato a guidare il club, la medesima implacabile severità dimostrata un anno e mezzo fa con Andrea, all’epoca solo indagato per il caso plusvalenze.
Il 28 novembre del 2022 il figlio di Umberto Agnelli lascia la presidenza della Juventus, con l’azione a 2,8 euro e alla vigilia dell’ennesimo aumento di capitale da 200 milioni, diligentemente sottoscritto dall’olandese Exor, che della società ha il 64 per cento. Dopo aver mandato un manager capace e stakanovista come Maurizio Scanavino a fare l’amministrator delegato, John Elkann spedisce Ferrero come presidente. Un anno dopo, alla vigilia di un nuovo aumento di capitale da 200 milioni, le azioni della società valgono 2,4 euro, ovvero il 14 per cento in meno, e la capitalizzazione di Borsa al 14 febbraio è di 620 milioni. Le perdite però si sono ridotte dai 239 milioni dell’ultimo bilancio firmato da Agnelli, ai 123 milioni del bilancio 2022-2023 (i conti chiudono al 30 giugno), che per quattro mesi è ancora imputabile alla vecchia gestione e per otto ai risanatori. Il primo trimestre dell’esercizio 2023-2024 però non fa presagire nulla di buono, perché le perdite sono già a quota 75 milioni. L’indebitamento finanziario netto è esploso dai 153 milioni del bilancio 2021-2022 ai 339,9 del bilancio 2022-2023. Il motivo è stato spiegato a maggio dalla gestione Scanavino-Ferrero nella nota esplicativa della semestrale chiusa il 30 dicembre 2022: «L’incremento dell’indebitamento è correlato solo in parte minoritaria alla gestione operativa corrente». E come cause del boom del debito venivano indicati i pagamenti delle campagne acquisti precedenti, l’acquisizione di immobili e i flussi negativi della gestione operativa.
Nel giro di un anno e mezzo è stato fatto grande ordine e le scelte di Andrea Agnelli e della sua corte un po’ improvvisata sono state ribaltate. È stato chiuso il disastroso dossier della SuperLega europea, sul cui fallimento la Juve ha perso 4,5 milioni, ma che è stato in qualche modo rivalutato dalla sentenza del 21 dicembre scorso con cui la Corte di Giustizia Ue ha sancito che Uefa e Fifa non potevano vietare nuove competizioni. Poi, la Juve di Ferrero ha patteggiato (assai bene) sulle inchieste sportive per il caso plusvalenze e per la «Manovra stipendi» e ha ottenuto che il processo penale finisse a Roma.
Andrea Agnelli è rimasto completamente solo al primo avviso di garanzia ed è stato messo alla porta dalla Juventus. Poi, ha voluto lui, con orgoglio, uscire anche dai cda di Exor e Stellantis, dove naturalmente il cugino John lo ha sostituito con un francese. Ora vive ad Amsterdam e agli amici, quando ha saputo della notizia delle perquisizioni della Guardia di finanza per l’eredità Agnelli, ha solo raccontato che gli dispiace per l’amata Juve. Che non c’entra niente, ma comunque è controllata da Exor e si ritrova nuovamente un presidente indagato. Un presidente che di calcio era digiuno, ma era pur sempre la mente finanziaria di una successione che ha consegnato l’impero di Gianni Agnelli ai fratelli Elkann.
Uno dei problemi della Juve, che ha elevate probabilità di tornare in Champions League il prossimo anno (significa ricavi aggiuntivi per 60-70 milioni), è che continua a essere nel mirino della Consob. Lo scorso 28 ottobre, l’organismo che vigila sulla Borsa ha contestato ancora 16 operazioni di compravendita di giocatori «incrociate». Come ai vecchi tempi, verrebbe da dire. Quindici potrebbero aver abbellito i bilanci 2019-2020 e 2020-2021 e una riguarda l’esercizio 2022-2023. Secondo la Consob, il bilancio al 30 giugno 2022 e la semestrale al 31 dicembre 2022 non sarebbero regolari. La Juventus si è detta pronta a collaborare, ribadendo però di aver rispettato tutte le norme previste.
Tornando al drammatico avvicendamento del novembre 2022, nel pieno delle inchieste penali e sportive, va detto che John Elkann e i suoi consiglieri avevano probabilmente una grande paura: che la magistratura torinese decidesse a tambur battente il commissariamento della Juventus, con tanto di nomina di un amministratore esterno. Con le dimissioni immediate di Andrea Agnelli e dei vecchi vertici, questo rischio è stato evitato. Solo che adesso, con i cascami avvelenati della battaglia per il controllo di Exor, gli avvisi di garanzia ai simboli del nuovo corso bianconero non sono meno imbarazzanti di quelli che spinsero il cugino Andrea fuori dalla porta.