In prima linea ci sono i servizi segreti di Recep Tayyp Erdogan, così come quelli dei regimi di Russia, Iran e Cina. Fanno operazioni e raccolgono informazioni in tutto l’Occidente. E l’Italia è un Paese cruciale.
Un governo straniero ha solo un modo per ottenere informazioni sulle indagini dei magistrati italiani senza passare per i canali ufficiali: spiare. In Lombardia, grazie ad alcuni consulenti che si occupano dei servizi di interpretariato turco-italiano per Digos e Procure, il Mit, ovvero Millî Istihbarat Teskilâtı, l’agenzia d’intelligence di Ankara, sarebbe riuscito a conoscere notizie riservate in tempo reale. Gli agenti del controspionaggio italiano, che stavano monitorando gli spostamenti in Italia di alcuni turchi in fuga perché nemici di Recep Tayyip Erdogan (appena sconfitto alle elezioni amministrative), e di alcuni detenuti per i quali il governo di Ankara chiede l’estradizione, si sono accorti che uno degli interpreti forensi, dopo essere stato negli uffici della Questura, avrebbe contattato un connazionale per riferirgli che sarebbe stato informato sull’evoluzione dell’indagine. E mentre fonti del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza confermano che un rapporto è stato girato ai carabinieri del Ros e agli investigatori della Digos per allertarli su quella che gli agenti del controspionaggio descrivono come «una rete di informatori appositamente attivata in Italia dal servizio d’intelligence turco per svolgere attività di raccolta informazioni […] di natura potenzialmente controindicata per la sicurezza nazionale», i poliziotti hanno subito blindato i fascicoli che potrebbero aver scatenato gli appetiti turchi. Le questioni che potrebbero risultare d’interesse per il governo di Erdogan, infatti, potrebbero essere svariate.
A partire dall’arresto di due coniugi, due professionisti di Istanbul – lui ingegnere lei insegnante di geografia (condannata al carcere per reati politici) – che verso la metà di febbraio sono atterrati allo scalo di Orio al Serio con passaporti falsi. Si è scoperto che avrebbero voluto raggiungere la Germania per chiedere asilo politico. In tribunale hanno spiegato di essere degli attivisti del partito di Fethullah Gülen, nemico numero uno di Erdogan e indicato come l’organizzatore del fallito colpo di Stato di otto anni fa, e di sentirsi dei perseguitati per questo motivo. Ma ci sono almeno altri quattro personaggi sui quali, stando alle valutazioni degli analisti del controspionaggio italiano, il Mit avrebbe potuto puntare i propri radar. Uno si chiama Baris Boyun, curdo, militante di un partito filo curdo, è stato arrestato a Rimini perché indicato come ricercato dall’autorità giudiziaria turca e sospettato di essere un esponente della mafia. I giudici italiani, però, hanno negato l’estradizione ritenendo che «potesse essere sottoposto a trattamenti inumani per motivi politici». Del suo caso si occupa la Procura generale di Bologna. Che ha in carico un altro caso simile: Yildirim Kaya, anch’egli curdo, rifugiato politico dal 2001, è ricercato da Ankara con l’accusa di terrorismo. Ugualmente, i magistrati italiani hanno negato l’estradizione: il reato di cui è accusato ha connotazione politica e pertanto, se rientrasse in Turchia, potrebbe essere perseguitato.
Il terzo «target» si chiama Mehmet Diniz, curdo residente in Germania, finito anche lui nei guai a Bologna. Lo scorso agosto è stato arrestato mentre si trovava in un hotel. I turchi lo accusano di «attacco alle forze di sicurezza, rapimento, possesso di dinamite, armi ed esplosivi». Per la quarta persona, invece, occorre spostarsi in Sardegna: Devrim Akcadag, cittadino tedesco di origini turche, di professione ricercatore universitario e traduttore, è stato arrestato a Sassari la scorsa estate su richiesta delle autorità di Ankara che lo accusano di essere un terrorista del Pkk, il partito dei lavoratori curdi. Anche per lui è stata negata l’estradizione.
A preoccupare il Mit, inoltre, stando a quanto ha confidato a Panorama un alto funzionario di un servizio segreto del Nord Europa, sarebbero «alcune importanti inchieste sul finanziamento al terrorismo» che toccherebbero «direttamente importanti personalità turche». Come alcune vicende relative al traffico di armi. E a Milano un’inchiesta ha svelato che dal «compro oro» di un gioielliere turco partivano quintali di metalli preziosi provento di ricettazione che, dopo un passaggio in una fonderia svizzera, arrivavano in Turchia sotto forma di lingotti.
Nell’inchiesta sono finiti anche alcuni ’ndranghetisti della cosca Gallace di Guardavalle (Catanzaro). Coincidenza: uno dei grandi affari che i Gallace si portano nel curriculum criminale è un traffico di armi, scoperto nel 2002, tra Italia e Confederazione Elvetica. Dal dossier del controspionaggio italiano si apprende anche che a vari traduttori nell’orbita Mit sarebbero stati offerti altri incarichi da parte di Procure del Meridione, sempre per attività di interpretariato. E, così, si sono intensificati i timori sull’esistenza di una rete di spionaggio manovrata dal Mit che ha la sua sede in un gigantesco palazzo a Etimesgut (Ankara).
Le spie turche non sono certo le sole che si occupano di raccolta informazioni in giro per il mondo (università comprese): iraniani, russi e cinesi non sono certo da meno. Il servizio segreto iraniano Vevak (Vezarat-e Ettela’at va Amniat-e Keshvar) diretto da Mahmoud Alavi, che risponde direttamente al presidente iraniano Ebrahim Raisi e alla Guida suprema Ali Khamenei, è particolarmente attivo in Stati asiatici e Medio Oriente ma anche in Germania, Svezia, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti e anche in Italia. In Occidente le rappresentanze diplomatiche iraniane si occupano sì di monitorare le attività dei politici stranieri, ma anche quelle dei connazionali che avversano il governo; in alcuni casi, si è addirittura ricorsi al rapimento e all’omicidio.
Ultimo episodio è accaduto a Londra lo scorso 29 marzo, quando il giornalista e conduttore iraniano Pouria Zeraati è stato accoltellato fuori dalla propria casa finendo in ospedale in gravi condizioni. La polizia metropolitana non ha ancora diffuso informazioni sugli autori del reato, ma è da notare che Zeraati lavora per la testata indipendente Iran International che monitora la diaspora dalla Repubblica islamica: più volte minacciata, la redazione ha cambiato sede riparando temporaneamente a Washington, dopo che negli ultimi due anni i servizi segreti di Teheran hanno tentato di assassinare altri due colleghi di Zeraati. Dall’inizio del 2022 sono stati sventati 15 tentativi di rapimento o omicidio di dissidenti iraniani residenti nel Regno Unito.
Gli iraniani hanno imparato queste tecniche dai migliori sul campo: i sovietici. L’attività d’intelligence all’estero del Cremlino oggi è affidata a due agenzie, una civile l’altra militare. La prima è il Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa, l’ex Kgb oggi con la sigla Fsb, la cui sede è rimasta il Palazzo Lubjanka a Mosca. Più aggressiva poi la Direzione generale per le informazioni militari, in sigla Gru, il servizio situazioni operative delle forze armate russe che opera sotto la misteriosa sigla «Unità 29155». Esiste una lunga casistica dei tentavi russi di sovvertire l’ordine democratico: non solo intercettazioni e hackeraggi, che avvengono tramite le (troppo) potenti antenne che dominano ogni ambasciata d’Europa. Uno dei più efficaci è la corruzione di politici, giornalisti e militari, come dimostra il caso del capitano di fregata della Marina militare italiana Walter Biot, condannato a quasi 50 anni di carcere per aver venduto notizie coperte da segreto militare a un funzionario del governo russo. Specialità del Gru sono rapimenti, avvelenamenti e omicidi di ex agenti o dissidenti in fuga dalla Russia putiniana. Anche per questo motivo, dall’inizio del 2022 circa 400 diplomatici di Mosca sono stati espulsi da vari Stati europei, un record.
Meno visibili ma forse più micidiali sono i servizi segreti cinesi, attivi in tutto il mondo e impegnati in numerose attività di spionaggio militare e industriale (spesso tra loro collegate). L’ultimo caso ha coinvolto il sergente Korbein Schultz, analista dell’intelligence militare statunitense, che lo scorso 7 marzo è stato arrestato con l’accusa di aver venduto alla Cina informazioni sensibili sulla difesa nazionale: munito di autorizzazione di sicurezza top secret, Schultz avrebbe trasferito a un contatto di Hong Kong documenti, mappe e fotografie sulla difesa Usa a partire da giugno 2022. Come compenso avrebbe ricevuto 42 mila dollari. Secondo un rapporto del 2020 dell’Office of the National Counter Intelligence Executive (Oncix), solo agli Stati Uniti la Cina sottrae ogni anno proprietà intellettuali e tecnologia per un valore compreso tra 200 e 600 miliardi di dollari. Non esiste una stima altrettanto precisa per il nostro Paese: ma basti dire che grazie alla legge sull’intelligence nazionale del 2017, Pechino può obbligare cittadini e aziende cinesi all’estero – Italia compresa – a collaborare con le strutture di intelligence del partito comunista, coordinate dal ministero della Sicurezza. La ragion di Stato deve vincere sempre.