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I quattro cavalieri alla conquista dei cieli d’Europa

I quattro cavalieri alla conquista dei cieli d’Europa

Un mercato da 820 milioni di passeggeri all’anno sta muovendo le grandi compagnie verso fusioni e concentrazioni. Ma c’è anche il potere di Bruxelles a pesare su operazioni come quella di Ita Airways con Lufthansa o sul ruolo delle low-cost… Ecco come cambierà la mappa del trasporto aereo nel Vecchio continente. E dove i viaggiatori saranno spinti a imbarcarsi.


Alla fine le bandiere non sono certo sparite. Sono solo diminuite. Nell’Europa di oggi, ancor più in quella di domani, i vessilli che sventolano sul trasporto aereo sono quelli di Londra, Parigi e Berlino. E ognuna ha le sue sfere di influenza su altri Paesi, come Italia, Spagna, Portogallo, Olanda o Svezia. Un consolidamento spinto dal mercato, certo, ma anche dall’Unione europea, che in materia di compagnie aeree è più di un arbitro. In queste settimane va in scena per ordine di Bruxelles la nuova privatizzazione di Tap, la compagnia portoghese, cui è in pole position Air France, che ha appena preso anche il 19,9 per cento della scandinava Sas, soffiandolo a Lufthansa. I tedeschi però si stanno rifacendo in Italia, dove rileveranno il 40 per cento di Ita Airways, mentre a febbraio gli inglesi di Iag hanno comprato la spagnola Air Europa, che piaceva ai francesi. Insomma, nei cieli d’Europa c’è una battaglia che andrà avanti per anni.

Se per un attimo ci si astrae dal business specifico e dal fatto che si stanno portando i passeggeri europei verso gli scali di Parigi, Londra, Amsterdam e Francoforte, questa polarizzazione su Regno Unito, Francia e Germania, con gli altri stati ridotti a satelliti, diventa anche l’emblema molto concreto di una nuova Europa. E non può essere ignorato che dopo un 2022 di rialzi, i prezzi dei voli sono saliti di oltre il 25 per cento nel corso dell’estate appena passata. Il consolidamento europeo delle compagnie è stato incoraggiato con la scusa di copiare il Nordamerica e favorire la concorrenza, ma finora i passeggeri non hanno avuto molti benefici concreti e non si può dare sempre la colpa dei rincari al petrolio. Dieci anni fa, nel 2013, il 70 per cento del traffico passeggeri in Europa era rappresentato da Germania, Regno Unito, Francia, Spagna e Italia, con Fiumicino che era il settimo aeroporto del Continente per numero di passeggeri. Il 57 per cento del mercato era in mano alle low cost, mentre Star Alliance (United Airlines, Lufthansa, Scandinavian Airlines) aveva il 15 per cento, Sky Team (Delta, Air France, Klm) il 7 e One World (American Airlines, British Airways, Iberia) il 10.

Oggi, secondo i calcoli di Eurocontrol sul 2022, le compagnie low cost sono scese al 32,3 per cento e le compagnie maggiori controllano il 32,4 per cento del mercato. Se guardiamo il giro d’affari dei quattro big europei, il fatturato di Lufthansa è passato dai 37,6 miliardi di euro del 2013 ai 32,8 miliardi del 2022; Air France è scesa da 32 a 26,4 miliardi; Iag (British-Iberia) è rimasta stabile intorno ai 23 miliardi di euro e Ryanair è salita dai 6,3 miliardi del 2013 ai 10,7 del 2022-2023. Ma il dato più interessante è che in questi anni si è arrivati a sei grandi gruppi che si dividono il 30 per cento del mercato: Ryanair, Turkish Airlines, Lufthansa, Iag ovvero British Airways-Iberia, Air France-Klm e EasyJet. Invece negli Stati Uniti abbiamo solo quattro gruppi (United, Delta, American Airlines e Southwest) che si spartiscono ben il 66 per cento della torta. Il modello è proprio quest’ultimo e spiega le continue acquisizioni dei «big».

I numeri fanno capire anche il paradosso italiano. Quelli che vanno più di moda riguardano il disastro Alitalia. Nel 2020, quando con tre miliardi di euro fu nazionalizzata, il costo dell’ex compagnia di bandiera per lo Stato era arrivato a 12,6 miliardi in 45 anni, secondo i calcoli del Sole 24 Ore. E l’economista Andrea Giuricin, massimo esperto di trasporto aereo, ha calcolato che dal 1946 Alitalia ha perso quasi 15 miliardi di euro. L’anno scorso, il Tesoro ha dovuto far affluire subito 400 milioni di capitali freschi nella neonata Ita Airways, poi si è accordato con Lufthansa per la vendita di un primo 41 per cento della società in cambio di 325 milioni. I tedeschi potranno poi salire, se troveranno tutto in ordine, al 90 per cento entro il 2025, pagando altri 500 milioni di euro. Altri numeri, invece, sono sempre taciuti e sono quelli del traffico passeggeri della Penisola: nel 2007 erano 108,7 milioni; nel 2013 si passa a 115,2 milioni; nel 2018 c’era stato il record di 185 milioni e nel 2022, dopo il Covid, sono stati 164 milioni (fonte: Enac e Assoaeroporti).

Visto che nel 2022 Eurostat ha censito 820 milioni di «volatori» in tutta Europa, vuol dire che l’Italia pesa per il 20 per cento del mercato del continente. Al di là di Alitalia e del fatto che non abbiamo saputo gestirla (né il pubblico né i privati), per i signori del volo siamo un bel boccone e anche a prezzi di saldo. In Italia, il primo operatore è Ryanair, low cost con una quota di mercato ormai al 40 per cento. In Europa, la sua capacità (il totale dei posti offerti a ogni volo, moltiplicato per il numero dei km volati) nell’anno fiscale 2023 ha toccato il 115 per cento di quella pre-pandemia 2019. L’aumento più significativo, dal 26 al 40 per cento, è arrivato dal mercato italiano. Insomma, quando Ryanair parla della privatizzazione di Ita Airways, certo non lo fa in modo imparziale e negli anni ha dimostrato di saper usare la polemica come arma di marketing.

Però questa profezia di Michael O’Leary, a.d. della compagnia irlandese andrebbe comunque registrata: «Lufthansa farà con Ita la stessa cosa che ha fatto con le acquisizioni in Belgio, Austria e Svizzera: tutte le promesse scompaiono e l’Italia sarà usata per portare i passeggeri verso gli hub di Francoforte e Monaco». Era il 31 maggio scorso e il manager, in conferenza stampa a Bruxelles, per la cronaca definì il mercato italiano «vibrante». Insomma, siamo più importanti di quello che ci raccontiamo, ma rischiamo di farci fregare. Il governo italiano, il mese scorso, ha protestato per i tempi lunghi con cui Bruxelles sta esaminando l’operazione con Lufthansa e anche da parte tedesca, sui giornali, è filtrato il sospetto che la Direzione Concorrenza della Commissione, con il belga Didier Reynders, sia un po’ troppo francofila. Sospetto che è venuto persino a inglesi e spagnoli, visto che pure il via libera all’acquisto di Air Europa da parte di Iag è fermo da mesi su qualche scrivania.

La protesta dell’Italia per Ita è comprensibile, ma nel 2022 la compagnia ha registrato una quota di mercato in Europa dell’1 per cento e dell’8 in Italia. Davvero poco. Il problema vero, per il nostro esecutivo, è di far pesare quei 164 milioni di passeggeri che partono e atterrano negli scali della Penisola. Ormai è evidente che il destino dell’Italia, come quello di Spagna, Portogallo e tanti altri Paesi europei, è rinunciare alla compagnia di bandiera e portare soldi e turisti a inglesi, francesi e tedeschi. Ora tocca a Lisbona, porta d’accesso per tante destinazioni in America latina. Nel 2013 era già stata costretta dall’Europa a privatizzate la sua Tap, ma poi l’aveva rinazionalizzata nel 2020 per salvarla durante la pandemia cinese, con un piano di salvataggio da 3,2 miliardi di euro. Ora Bruxelles ha intimato una nuova vendita ai privati entro il 2024 e per Tap sono in lizza i tre big, ovvero francesi, anglo-spagnoli e tedeschi, con quest’ultimi visti però come sfavoriti perché «distratti» dall’Italia.

In realtà, questa storia della «distrazione» riportata sulla stampa economica europea fa sorridere. Il sospetto è che ci siano aree di influenza più o meno prestabilite e flussi previsti di viaggiatori da un dato Paese a un dato hub continentale, come in sostanza fanno capire le parole del gran capo di Ryanair. Ovviamente non c’è alcun Grande Vecchio dell’aviazione civile, ma visto il ruolo giocato dalla Commissione Ue nell’autorizzare le fusioni e le acquisizioni, imponendo qua e là anche privatizzazioni e riparazioni antitrust, viene il dubbio che Bruxelles voglia stare al consolidamento delle compagnie aeree in Europa come la Bce sta alla vigilanza delle banche del Vecchio continente. E che in futuro, a parte Ryanair, avremo solo tre grandi gruppi, potentissimi. Anzi, per tornare alle bandiere (che non se ne sono mai andate) e guardare alla sostanza dei rapporti di forza, dovremmo chiamare i vincitori con il loro vero nome: British Airways, Air France-Klm e Lufthansa. Noi, dobbiamo soltanto continuare a volare.

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