La Valle D'Aosta ha perso il treno
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Inchieste

La Valle D'Aosta ha perso il treno

Rimpiazzare un servizio riconosciuto e apprezzato dalla popolazione con una alternativa «verde» costosa e con limitatissimi vantaggi. Così la politica della Regione autonoma si è spaccata.

Il treno dei desideri nei loro pensieri all’incontrario va... Versi di Paolo Conte che essendo di Asti qualche volta quella tratta deve averla pure fatta. Azzurro è diventato l’inno dei pendolari della Valle d’Aosta che per tre anni restano a piedi. È una piccola grande storia di scelte ideologiche, di follie green applicate al Piano nazionale di ripresa e resilienza che, se tutti i progetti sono così, pare la sceneggiatura di Ecce Bombo di Nanni Moretti «vedo gente, faccio cose...». Spendendo 110 milioni (ammesso che bastino), piantando una «foresta» di tremila pali che rovina il paesaggio delle montagne più belle d’Europa, si consente ai passeggeri di guadagnare 20 secondi netti sulla tratta Aosta-Torino di circa 130 chilometri. Ne vale la pena, viene subito da chiedersi? Ma andiamo con ordine. Siamo al tempo del secondo governo Conte. Viceministro ai Trasporti è il pentastellato (oggi Forza Italia) Giancarlo Cancelleri. Unico deputato aostano in Parlamento è Elisa Tripodi, pentastellata pure lei. L’assai traballante giunta regionale della Valle si regge grazie all’appoggio del gruppo dei Verdi, disposto a fare il diavolo a quattro pur di avere il trenino elettrico.

Ecco, è in questo assetto politico che parte la gara d’appalto e Rete ferroviaria italiana come d’obbligo assegna il progetto: 66 chilometri da elettrificare nel tratto Aosta-Ivrea. Poco importa se nel frattempo, anno 2020, la giunta regionale cambia dopo le nuove elezioni: quel che è fatto è fatto. E qui sorge un primo - tutt’oggi insormontabile problema - a Ivrea la linea ferroviaria scorre sotto una strada, ma se i treni diventano elettrici necessitano allora di pantografo per l’alimentazione e non riescono più a passare. Dunque bisogna scassare corso Nigra, deviare il traffico, c’è una certa preoccupazione per il lungofiume Dora e ci sono sicuramente almeno otto mesi di disagio per la città. Ma i veri nodi sono venuti al pettine quando si è cominciato a fare di conto sull’intervento varato con il Pnrr in nome della transizione verde a ogni costo. L’attuale assessore ai trasporti e vicepresidente della giunta regionale Luigi Bertschy (Alliance Valdôtaine - Vallée d’Aoste Unie) ha tenuto il punto sull’elettrificazione dicendo che comunque - come recita il Piano nazionale - è un’occasione di sviluppo per la regione che conta circa 125 mila abitanti.

Nell’Union Valdôtaine, che resta il partito di maggioranza relativa, gli entusiasmi si sono assai raffreddati e c’è aria di (alta) tensione sui binari. Perché i nuovi treni elettrici porteranno appunto a un risparmio di tempo per i pendolari tra i 20 e i 30 secondi su un paio d’ore di viaggio. Per arrivare a tale traguardo, per tre lunghi anni, i valdostani dovranno viaggiare in pullman. Il vantaggio stimato di non far più andare su e giù per la Valle i treni alimentati a gasolio è di circa lo 0,4 per cento delle emissioni totali, ma nel frattempo ci saranno gli autobus, tanti autobus almeno 300 al giorno, che andranno a spasso per 36 mesi. Nel primo giorno di stop ai treni, il 4 gennaio scorso, tutto è andato bene ma l’assessore Bertschy ha messo le mani avanti: «Vedremo tra alcune settimane, con le scuole a pieno regime, cosa succederà». Si aspettano i numeri definitivi anche se Trenitalia ha fatto fino in fondo il suo dovere.

Ma il punto vero è un altro. La Valle d’Aosta nel 2018 ha investito 43 milioni di euro con fondi del Comitato interministeriale per la programmazione economica destinati all’acquisto di cinque treni bimodali, cioè che vanno a gasolio fino a Ivrea e poi verso Torino alzano il pantografo e sono elettrici, e altri tre treni per 29 milioni di cui 25 dello Stato dello stesso tipo e progettati apposta per la rete della Valle sono stati comprati nel 2021. I trenini rossi sono anche diventati un’attrattiva turistica e sono nuovissimi. Ma vanno in pensione perché ha prevalso il verde. In totale sono i soldi ora finanziati dal Pnrr per l’elettrificazione. Però la ferrovia resta comunque a binario unico, i passaggi a livello sono ancora sorvegliati dai casellanti, i raggi di curva non consentono alte velocita e le longherine non sopportano carichi rilevanti. Dunque, anche una volta elettrificata la rete, non potrà sopportare treni come quelli che sono normalmente in servizio. Sono questi conti che fanno dubitare gli aostani che aver perso i loro trenini rossi per tre anni, in attesa di un mondo più verde, non valga la pena.

Chi la pensa decisamente così è il direttore della Banca d’Italia Simone D’Inverno, che manifesta più di una perplessità. «Le chiusure per lavori del traforo del Monte Bianco e della linea ferroviaria, oltre agli svizzeri che minacciano la chiusura del traforo del Gran San Bernardo per un contenzioso finanziario, sono fattori che possono davvero creare qualche problema, anche al turismo. Le attese sull’elettrificazione sono molto positive, però è da considerare il momento in cui le vie di comunicazioni diventano molto difficili e sono sature». E ha aggiunto: «Temo che si percepisca la Valle come isolata: del resto da Quincinetto a Verrès è una coda continua. Va considerato che ci sono solo la statale 26 e l’autostrada, per arrivare in Valle. Credo che a giugno avremo la possibilità di dire qualcosa sulla base di dati». I valdostani insistono anche per la riapertura di una ferrovia locale: la Aosta-Pré St. Didier. La paura è di aver perso il treno dello sviluppo. E sarebbe un assurdo pensando al Pnrr.

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Carlo Cambi

Toscano di nascita e di formazione (economico-giuridica) diventa giornalista professionista a 23 anni. Percorre tutto il cursus honorum a Repubblica fino a dirigere le pagine di economia. Nel 1997 fonda I Viaggi di Repubblica - primo e unico settimanale di turismo - che dirige fino al 2005 quando sceglie di vivere a Macerata insegnando marketing del territorio e incontra Maurizio Belpietro col quale stabilisce un sodalizio umano e professionale. Autore radiofonico e televisivo continua a occuparsi di economia ed enogastronomia. Ha scritto una trentina di libri. Il suo best seller? Il Mangiarozzo.

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