No, la salute non ha età
L'editoriale del direttore, in risposta alla lettera di una lettrice.
Caro Belpietro,
ho letto attentamente l'editoriale «Io sto con gli anziani» e questa volta non sono d'accordo con lei. E posso permettermelo: ho passato i 70 e quindi appartengo alla categoria che lei premurosamente difende. No, Belpietro, se ci sono un trentenne e un ottantenne e un solo posto in terapia intensiva, ci deve andare il trentenne. Non è vero, come dicono i miei coetanei, che giovani e vecchi hanno tutti lo stesso diritto di vivere: noi vecchi abbiamo potuto tranquillamente studiare, sposarci, mettere al mondo figli, lavorare a lungo e spesso - come me - con soddisfazione, viaggiare e conoscere un po' il mondo... ed è giusto, doveroso, che i giovani abbiano le stesse chance. Per noi comunque, virus o meno, il prossimo traguardo è la morte, abbiamo comunque finito di «fare», se non a livello di hobby o passatempo. E i nonni che badano ai nipotini? I miei figli lavorano lontano, hanno bambini, ma non nonni... e si arrangiano, spendendo sicuramente di più, perché il grande pregio dei nonni sta nel fatto che sono gratis. Sono una cinica? Sì. Giorni fa, un ventenne mi ha detto che lui comunque alla sera esce e va con gli amici al pub, tanto questa è una cosa da vecchi, muoiono loro, se la prendo io, poi guarisco. Ha ragione.
Cordialmente,
Emanuela Bragolusi