Bilancio di un anno di emergenza Covid. Che non può dirsi positivo per i politici e i cosiddetti esperti.
È passato un anno da quando il mondo scoprì il Covid-19, misteriosa malattia registrata a fine 2019 nella città di Wuhan, in Cina. Le autorità di Pechino ne diedero ufficialmente comunicazione all’Oms il 31 dicembre, ma forse distratti da brindisi, cin cin e fuochi d’artificio, i funzionari dell’organizzazione non si curarono molto di quell’annuncio.
Ci volle qualche settimana per capire che ciò con cui presto avremmo avuto a che fare era una pericolosa epidemia, ma anche quando fu chiaro che il virus circolava da un pezzo e che il regime di Xi Jinping ci aveva nascosto informazioni decisive per bloccare la pandemia, le misure prese per contrastare il Covid-19 furono scarse e confuse. Ci sarà tempo per accertare come gli errori dell’Oms, le sottovalutazioni dei singoli Paesi e l’approssimazione delle autorità sanitarie abbiano consentito la diffusione di una malattia che a oggi ha provocato quasi 2 milioni di morti. Tuttavia, per parte nostra, abbiamo riavvolto il nastro di ciò che è accaduto in Italia, rileggendo le dichiarazioni degli ultimi 12 mesi.
Mario Giordano ha passato al setaccio le frasi dimenticate dei virologi, ossia di quei presunti esperti che ogni giorno dai talk show di prima e seconda serata dettano legge. Da Roberto Burioni a Maria Rita Gismondo, da Walter Ricciardi a Massimo Galli, da Fabrizio Pregliasco ad Alberto Zangrillo, per rimanere ai più noti. Tutti, anche coloro che non avevano alcuna competenza specifica in materia di virus, in favore di telecamere si sono trasformati in docenti e dall’alto della loro cattedra si sono sentiti in dovere di impartire lezioni agli italiani. Le stupidaggini sono scritte nero su bianco nelle interviste ai giornali, registrate alla radio o nelle trasmissioni tv e ce n’è per tutti i professori, sia per quelli che pendono a destra sia per quelli dichiaratamente di sinistra.
Non meno incompetenti però si sono dimostrati i politici, in particolare quelli a cui la Costituzione affida la tutela della Salute dei cittadini. Per carità di patria non intendo infierire sull’incapacità di un ministro che a settembre ha dato alle stampe un libro autocelebrativo in cui dava praticamente per superata l’emergenza coronavirus. Appena arrivato in libreria, il volume è stato velocemente tolto dagli scaffali e fatto sparire a causa dell’aumento dei contagi. L’imbarazzante gaffe ha dimostrato come a fine estate, cioè dopo decine di migliaia di morti e centinaia di migliaia di malati, Roberto Speranza avesse completamente sottovalutato il pericolo di una seconda ondata dell’epidemia. Ma se il ministro della Salute era impreparato, perché avrebbero dovuto esserlo gli italiani?
Luca Ricolfi, sociologo abituato a far parlare i numeri e spesso a fustigare la classe politica, prima di Natale ha scritto un editoriale sul Messaggero per difendere il popolo dei cosiddetti indisciplinati. Secondo il commentatore, che i lettori conoscono bene in quanto per molti anni ha scritto per Panorama, non si può sempre scaricare le colpe sui cittadini. «Da giorni e giorni il ritornello è sempre lo stesso: voi vi assembrate e noi siamo costretti a chiudervi». Tuttavia, la storia è molto diversa da quella che ci viene raccontata. È vero, ci sono stati anche comportamenti indisciplinati, ma riguardano una minoranza di persone. La maggioranza degli italiani invece ha rispettato i divieti, chiudendosi in casa quando le è stato ordinato, rinunciando alla vita sociale, indossando le mascherine e privandosi di quella libertà, di movimento e di studio, che la Costituzione garantisce. Ciò che non è stato rispettato sono le promesse del governo.
Antonio Rossitto ha ricostruito le molte frasi dette in conferenza stampa e nelle interviste da Giuseppe Conte e dai suoi ministri. Per mesi sono state sparse parole tranquillizzanti. Per mesi si sono spacciate certezze che non c’erano. Il vaccino? Avrebbe dovuto arrivare a dicembre. I soldi? A breve e direttamente sul conto corrente. I nuovi posti letto in terapia intensiva? Già pronti. Così come i banchi a rotelle, le mascherine, i bonus, le automediche, il personale sanitario. Un anno di balle, senza mai nessuna autocritica, senza mai alcun ravvedimento operoso. Anzi: la responsabilità è sempre nostra, siamo noi i sudditi indisciplinati. I meriti invece sono sempre loro.
«Siamo un esempio in Europa, addirittura nel mondo» disse, molte decine di migliaia di morti fa, Conte. Un esempio che nonostante le misure draconiane (in altri Paesi il lockdown non è stato così duro), la chiusura di tutte le scuole e il fermo di centinaia di migliaia di imprese, ha registrato il più alto numero di decessi nella Ue. Nella lugubre classifica delle vittime superiamo la Gran Bretagna, che pure, per i tentennamenti iniziali di Boris Johnson, è stata citata spesso come cattivo esempio di gestione della pandemia.
Sì, è passato un anno e la tranquillità esternata a gennaio scorso dal presidente del Consiglio si scontra oggi con la contabilità dei malati e il disastro economico. Verrà il tempo di valutare errori e impreparazione del nostro sistema, ma 12 mesi credo siano già sufficienti per tracciare un bilancio. E il primo sotto il segno della pandemia non può dirsi positivo per la classe politica e anche per quella dei cosiddetti esperti.