Cuba: l'agonia più lunga
Il dissidente cubano Jose Daniel Ferrer (GettyImages).
Politica

Cuba: l'agonia più lunga

Con l'uscita di scena di Raúl Castro, sull'«isola della rivoluzione» si sta compiendo un passaggio cruciale al vertice. Ancora una volta è trascurata la popolazione, sempre più povera. Che adesso però comincia a protestare.


Raúl Castro, l'ultimo simbolo della rivoluzione castrista, sta morendo, cancro in fase terminale. Notizie raccolte da Panorama confermano ciò che da tempo si mormora all'Avana: ovvero che il primo segretario del Partito comunista cubano, il vero capo che detta la linea all'Avana tramite suo figlio Alejandro, è ricoverato da settimane in una casa-ospedale per cure segrete, e al capezzale, sempre più sovente, c'è la figlia Mariela.

La notizia naturalmente non è confermata dal regime di Cuba, ma gira con sempre più insistenza tra chi segue con attenzione tanto il Venezuela quanto Cuba, due Paesi che in realtà sono una sola cosa, soprattutto se si tratta di gestire «notizie riservate» e «propaganda».

«Le mie fonti cubane mi hanno segnalato che c'è uno strettissimo riserbo sullo stato di salute di Raúl Castro, che sarebbe molto grave a causa di un cancro in stadio avanzato» scriveva su Twitter il 13 ottobre scorso Nelson Bocaranda, autorevole giornalista venezuelano che già una decina di anni fa fu il primo a svelare al mondo un analogo tumore che di lì a poco si sarebbe portato via l'allora presidente del Venezuela Hugo Chávez, ricoverato in gran segreto proprio all'Avana. All'epoca il suo fu uno scoop che fece il giro del mondo e Bocaranda ci scrisse il libro Il potere dei segreti.

Certo, ufficialmente il capo di Cuba è il presidente Miguel Díaz-Canel, l'uomo che nel 2018 aveva firmato uno storico accordo con Google simile a quello siglato con la Cina anni fa dal moloch del web, che cancella i canali YouTube sgraditi a Pechino; ma di fronte all'agonia di Raúl, i gruppi di potere della quinta dittatura più longeva del mondo da oltre un mese stanno facendo di tutto per mantenere la «barra dritta» e salvare il potere assoluto conquistato nel 1959.

Solo Paesi come Arabia Saudita (1932), Corea del Nord (1948), Cina (1949) e Vietnam (1954) governano con un partito unico i loro abitanti/sudditi da più tempo del castrismo, che continua a detenere il potere reale all'Avana. Fino a ieri con Raúl Castro, anche se Fidel è morto quattro anni fa, proprio a novembre, in coincidenza con le elezioni statunitensi che nel 2016 portarono Donald Trump alla Casa Bianca. Ora (casualmente sempre in coincidenza con le presidenziali Usa) il potere sull'isola dei Caraibi lo ha in pugno la cosiddetta «triade» che copre con coriacea ostinazione le notizie sullo stato di salute dell'89enne fratello minore di Fidel.

A mantenere il segreto di Stato più ferreo sull'agonia di Raúl è il vice ammiraglio Julio César Gandarilla Bermejo, il primo esponente della triade, membro di quella potente leadership militare che comanda davvero Cuba, e da ben prima del 2017, quando fu nominato ministro degli Interni. È Gandarilla a dirigere il controspionaggio che in questi giorni veglia su Raúl, supervisionato a sua volta dal figlio Alejandro Castro Espín, il coordinatore dell'intelligence e del Paese.

È lui il secondo esponente della triade, la pedina più importante per organizzare le manovre dei generali, decisive per il futuro della più antica dittatura delle Americhe, oggi in difficoltà come non accadeva dal crollo dell'Unione Sovietica. Una crisi figlia della pandemia ma, soprattutto, delle politiche di Donald Trump che hanno cancellato l'apertura voluta da Barack Obama nel 2015 con la mediazione di Papa Francesco. Apertura definita dall'oppositore José Daniel Ferrer, «un disastro».

Due volte prigioniero politico della dittatura, l'ultima volta lo scorso aprile (quando è stato incarcerato e torturato) Ferrer coordina l'Unione patriottica di Cuba (Unpacu), il maggiore movimento sociale che si oppone alla dittatura con migliaia di membri e decine di migliaia di simpatizzanti.

Persone per la maggior parte umili e di origini contadine ma stanche dei soprusi e che, sempre più spesso, affrontano con coraggio i crimini dei servizi di intelligence guidati da Alejandro Castro. «Per questo abbiamo lanciato la Rivoluzione dei Girasoli, che sta raccogliendo sempre più appoggio da parte di una popolazione allo stremo (95% di povertà tra la popolazione, stipendio medio 30 dollari al mese, ndr), e stanca delle bugie del regime. Grazie a Trump la nostra lotta si è rafforzata - Obama, invece, si era persino rifiutato di incontrarci - e il suo sostegno al popolo cubano e la sua mano ferma contro la tirannia che ci opprime è stata decisiva. Di questo l'ho ringraziato».

Di certo c'è che le proteste pubbliche sull'isola sono raddoppiate a ottobre, secondo il rapporto dell'Osservatorio cubano sui conflitti (Occ). Un totale di 88 contestazioni, dovute alla fame e alla beffa della «dollarizzazione» praticata dalla dittatura con l'apertura di decine di negozi di regime, dove non manca nulla ma si può pagare solo in valuta statunitense. Un sogno per oltre il 90% dei cubani.

In realtà, le agitazioni sono molte di più di quelli denunciate dall'Occ. Come, per esempio, il caso della famiglia di Fidel Batista Leyva, perseguitata solo per aver appoggiato la Rivoluzione dei Girasoli con una foto online. «Hanno appiccato il fuoco alla cucina, ci hanno distrutto porte e finestre. Con i nostri due bambini ci siamo salvati fuggendo dal tetto mentre gli sgherri del regime, armati di machete e sbarre di ferro, distruggevano ogni mobile e oggetto. Hanno spaccato tutto». Tutto questo per una foto. «Personaggi del genere sono infiltrati nei movimenti antifascisti delle Americhe» denuncia Ferrer.

E di infiltrazioni castriste ovunque in America latina, e anche negli Stati Uniti, se ne intende la terza figura importante della transizione che verrà dopo la morte di Raúl Castro, il terzo membro della triade: il generale di brigata Luis Alberto Rodríguez López-Calleja. Per anni marito della figlia di Raul, Déborah, ma soprattutto lo zar economico del castrismo degli ultimi 15 anni. Sanzionato lo scorso settembre dagli Stati Uniti per «gravi violazioni dei diritti umani contro il popolo cubano», López-Calleja è il capo del consorzio cubano di proprietà militare Grupo de administração empresarial SA (Gaesa), che gestisce di fatto tutta la ricchezza economica del paese caraibico, a cominciare dai settori delle comunicazioni, del turismo e del commercio.

«Il reddito generato dalle attività economiche di Gaesa è usato per opprimere il popolo cubano e finanziare il dominio parassitario e coloniale di Cuba sul Venezuela», ha denunciato il segretario di Stato americano Mike Pompeo, qualche settimana fa.
E proprio López-Calleja sarà decisivo nella transizione della Cuba che verrà, non foss'altro perché fu lui ad accompagnare Miguel Díaz-Canel nel settembre 2018 nella sede di New York di Google, per incontrare le principali aziende di tecnologia del globo, con in testa i «big boss» di Twitter e Facebook, su invito diretto di Eric Schmidt, il presidente di Alphabet, la società che gestisce Google. Come sempre, a seguire il percorso dei soldi si comprendono molte cose.

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Paolo Manzo