Il braccio armato della legge
stanza l'articolo del Vate della sinistra? Perché a proposito di magistratura, se qualche cosa è cambiato lo è in peggio; nel senso che se all'epoca un ascoltato opinionista poteva criticare e addirittura sollecitare sanzioni contro giudici, che a suo parere avevano ingiu-stamente arrestato importanti esponenti delle istituzioni, ora a discutere dell'operato di alcune toghe si rischia la condanna al risarcimento del danno e si ottiene l'apertura di una pratica a tutela non della persona a torto messa in galera, ma del magistrato. Tuttavia, l'aspetto più interessante dell'editoriale del fondatore di Repubblica è un altro. Scalfari, infatti, rivendica la supremazia della legge sul giudice. È colui che amministra la giustizia a doversi attenere alla legge (in questo caso a quella bancaria) e non viceversa. E un anno dopo, quando Baffi e Sarcinelli furono prosciolti da ogni accusa, Barbapapà (era questo il soprannome del giornalista) si chiedeva: «Il giudice che sbaglia e, sbagliando causa danni irreparabili, non soltanto alle singole persone coinvolte ma, quel che più importa, al funzionamento del sistema, può andar esente da ogni responsabilità e sanzione?»
Come detto è trascorso mezzo secolo, ma la domanda posta allora da Scalfari si può ripetere ora, con l'aggiunta di altre due. La prima è se la nostra sia ancora una Repubblica (nel senso di istituzione, non di giornale) democratica e non sia ormai una Repubblica giudiziaria. La seconda discende direttamente dall'editoriale con cui Barbapapà dava voce al popolo della sinistra: quand'è che quest'ultima, da ga-rantista che era, è diventata manettara? Forse da quando ha scoperto che i magistrati sono o possono essere il suo braccio armato per far cadere il governo?