Ucraina, più che le armi possono le urne
Il tempo gioca contro di noi. In un anno possono mandarci più carri armati e anche gli F-16, ma la popolazione russa è 3,5 volte la nostra. Non abbiamo abbastanza riserve umane per combattere per sempre» ammette l’esperto di sicurezza ucraino Anton Gerashchenko.
Sul campo gli ucraini sono riusciti ad avanzare appena 18 chilometri in oltre due mesi sulla direttrice principale della controffensiva a Sud. «Un’avanzata importante, che li ha portati a contatto con la seconda linea di difesa russa, ma siamo già alla guerra di attrito, che andrà avanti fino a quando uno dei due eserciti sarà sfinito» osserva una fonte occidentale a Kiev. L’arrivo dell’inverno, il mezzo milioni di morti e feriti di entrambe le parti (70 mila caduti per gli ucraini secondo stime americane) e tre elezioni cruciali il prossimo anno in Russia, per il parlamento europeo e soprattutto per la Casa Bianca, potrebbero influenzare il conflitto più dei proiettili.
«Se la guerra non si esaurisce prima per logoramento il cambiamento arriverà dalle elezioni americane» afferma Aldo Ferrari, direttore dell’Istituto di studi di politica internazionale per la Russia, Caucaso e Asia centrale.
Gli ucraini hanno conquistato Robotnye, nella provincia di Zaporizhzhia, riuscendo ad avanzare una media di 111 metri al giorno in tre mesi in un inferno di campi minati, trincee, bunker sotterranei e trappole per i carri. Per arrivare a Melitopol, primo obiettivo che spezzerebbe in due la linea del fronte russo ci sono oltre 80 chilometri. E in mezzo una piazzaforte come Tokmak, che sarà un incubo espugnare. I corpi speciali ucraini hanno piantato la bandiera anche a Dachi sulla sponda sinistra del fiume Dnipro, di fronte a Kherson, ma al momento rimangono inchiodati lì. I russi premono su Kupiasnk, il lato nord-est del fronte, per distrarre parte dell’esercito ucraino da sud.
«Il negoziato arriverà per stanchezza e sfinimento» prevede Lamberto Zannier, ex segretario generale dell’Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa. «Ho parlato sia con i russi sia con gli ucraini, ma al momento le precondizioni per trattare sono talmente incompatibili che non esistono grandi spazi di manovra. Al Cremlino verrà riconfermato Vladimir Putin, salvo colpi di scena, per le elezioni europee non vedo una marcia indietro troppo vistosa sull’Ucraina, ma il voto negli Stati Uniti potrebbe avere un impatto».
Il capo del Cremlino, si sta già preparando alle presidenziali di marzo facendosi vedere in mezzo alla gente. Il primo test sono le regionali russe fra l’8 e il 10 settembre, che si terranno anche nei territori occupati in Ucraina. E si voterà pure a Mosca, per la probabile quarta volta del sindaco Sergey Sobyanin vicino a Putin. Il Cremlino è convinto di avere la strada spianata per una rielezione bulgara alle presidenziali di marzo, ma la guerra in Ucraina potrebbe giocare qualche scherzo. I russi hanno fallito nella marcia su Kiev e non sono neppure riusciti a conquistare tutto il Donbass. Il presidente non osa dichiarare un’altra mobilitazione dopo 120 mila morti e 170 mila feriti.
«La Russia punta sulla guerra di logoramento e un cessate il fuoco sulla base delle posizioni raggiunte» sostiene Aldo Ferrari. «Per Mosca sarebbe una sconfitta comunque, ma dagli ucraini e anche per la narrazione occidentale verrebbe letta nella stessa maniera».
Una fonte europea a Kiev non esclude «uno scenario coreano. Un rallentamento del conflitto che alla fine arriverà al congelamento della situazione». Una prospettiva vista come fumo negli occhi dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che non vuole perdere territori. E propone come massima apertura: «Quando saremo ai confini amministrativi della Crimea, penso che sia possibile forzare politicamente la smilitarizzazione della Russia sul territorio della penisola».
L’avversità di una parte dell’opinione pubblica europea a continuare un conflitto senza fine peserà sul rinnovo del parlamento di Strasburgo ai primi di giugno. Se le elezioni si tenessero oggi, i conservatori e riformisti europei di destra (Eco) diventerebbero il terzo gruppo europarlamentare. La destra punta a scalzare i socialisti dalla stanza dei bottoni, ma bisogna tener conto degli umori nei confronti della Russia. «L’opinione pubblica polacca e delle nazioni scandinave oltre a quella dell’Est Europa sono schierate con l’Ucraina. Faglie interne si registrano nei tre Paesi principali, Germania, Italia e Francia. Ma alla fine, dopo il voto, i partiti hanno a che fare con la realpolitik e sul conflitto la linea di generale supporto a Kiev non verrà messa in discussione» spiega Marco Gombacci, docente di negoziazioni e diplomazia all’Università europea di Valencia. Il senatore repubblicano Lindsey Graham è la punta di lancia americana che vorrebbe spingere Zelensky a tenere le elezioni presidenziali alla normale scadenza nel prossimo anno. La legge marziale prevede il rinvio e il presidente ucraino ha fatto notare che il voto sarebbe complesso, sotto bombe e missili, e dovrebbe essere finanziato dall’Occidente. La popolarità di Zelensky è sempre alta e avrebbe la vittoria in tasca, ma l’«infowar» russa sta fabbricando materiale su un presunto «accordo segreto» tra il sindaco di Kiev, Vitaliy Klitschko, e rappresentanti repubblicani Usa per sostenerlo nelle elezioni presidenziali.
La vera chiave di volta per il conflitto sarà il voto per la Casa Bianca nel novembre 2024, tenendo conto che è sempre lo Zio Sam a sostenere il peso maggiore dell’appoggio a Kiev con oltre 75 miliardi di dollari di assistenza non solo bellica all’Ucraina. In giugno 89 membri repubblicani del Congresso hanno votato per tagliare 300 milioni di dollari di aiuti militari. Il 16 luglio Donald Trump ha spiegato in un’intervista: «Direi a Zelensky: “Basta. Devi fare un accordo”. Direi a Putin: “Se non si trova un accordo daremo molto di più (all’Ucraina ndr). Concluderò l’affare in un giorno».
A parte le sparate del probabile candidato repubblicano, anche il presidente Joe Biden, in vista della campagna elettorale, sarà cauto sulla guerra. Secondo alcune indiscrezioni vorrebbe presentarsi alle primarie benedicendo un piano di pace concreto per l’Ucraina. Non a caso il generale dei marines a quattro stelle, Mark A. Milley, capo di stato maggiore Usa, ha incontrato Papa Francesco in Vaticano il 21 agosto scorso. E hanno discusso molto di Ucraina. «Anche se vincesse Biden dovrà considerare due anni di guerra e spese militari enormi» osserva Aldo Ferrari. «Se tornasse Trump ha già detto che metterà fine al conflitto. In ogni caso potrebbe vedersi una luce in fondo al tunnel».