La vicenda Air Italy e la fine del nostro trasporto aereo passato da 20 a 4 compagnie
L'Enac ha sospeso la licenza per la ex Meridiana. La parola fine ad una storia uguale a tante altre che chiama in causa i vertici del paese
Fine dei giochi, anche sul piano formale. L'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) ha sospeso la licenza di trasporto aereo della compagnia Air Italy, ovvero l'ex Meridiana che due anni fa fu riportata in azione con un nuovo vestito e il capitale di Qatar Airways. La società, in liquidazione dall'undici febbraio scorso, dal 25 agosto scorso non ha più facoltà di trasportare passeggeri e merci.
Il provvedimento è necessario per legge qualora la compagnia non possa più dimostrare di poter mantenere i presupposti tecnici, finanziari e organizzativi per poter dare continuità alla licenza di trasporto aereo, in primis rispettando le procedure di sicurezza scritte nel proprio manuale organizzativo e in quello operativo. Il progetto di Air Italy prevedeva di portare le finanze in attivo e trasportare diversi milioni di passeggeri entro il 2022, ma se il primo anno di operazioni si era chiuso con 164 milioni di perdite, nel secondo queste erano arrivate a quasi 200, complici alcune scelte poco prudenti sul piano strategico, l'eccessiva esposizione per il lancio di nuovi voli a lungo raggio, la sfortuna per il blocco dei tre Boeing 737Max presenti nella flotta e infine per l'assurda battaglia sindacale interna del personale per fare di Olbia l'hub della compagnia. Almeno ufficialmente, Alisarda e Qatar a quel punto avrebbero dovuto accordarsi per ricapitalizzare, ma non trovando una soluzione tra loro eccoli arrivare alla messa in liquidazione dell'azienda e licenziare 1.453 lavoratori, restituire la flotta ai legittimi proprietari e liberare (ma per la vendita bisogna aspettare la liquidazione), gli slot presso gli aeroporti di Milano Malpensa e di New York Jfk.
A valle degli eventi resta difficile comprendere come si potesse pensare di guadagnare denaro con una flotta per medio e lungo raggio noleggiata (Boeing 737 e Airbus 330), operando su rotte nazionali e intercontinentali in concorrenza con vettori (e accordi tra compagnie), ben più grandi e strutturati, soprattutto senza il carico fiscale italiano.
Ecco quindi che un altro operatore italiano scompare dalla scena dopo Ernest (fermata nel gennaio scorso), facendo dell'Italia un Paese aeronauticamente sempre più povero, se non ormai ridotto al lumicino. Le "nostre" compagnie attualmente sono soltanto quattro: Alitalia, che sappiamo essere un problema nazionale da sempre, Neos appartenente al gruppo Alpitour, Blue Panorama (Uvet) e Air Dolomiti (che però è di Lufthansa). Se consideriamo che alla fine degli anni Novanta i vettori italiani erano 16, siamo di fronte a uno stillicidio continuo operato, prima che da sconsiderate scelte manageriali e crisi pandemiche, da uno Stato killer in materia di aviazione commerciale.
Quanto al caso Air Italy, Qatar Airways avrebbe anche messo altri soldi nell'impresa, ma così facendo avrebbe superato la quota azionaria del 50%, limite fissato a livello europeo per consentire a vettori comunitari di operare in Europa. Una sorta di "protezione" che nel mondo della quinta libertà dell'aria (legge che permette a un vettore di una nazione di operare anche tra altri due Stati), non ha più alcun senso se non impedire gli acquisti di compagnie europee da parte di cinesi e (ormai anni fa) dagli operatori arabi.
Sta di fatto che con la fiscalità attuale e le leggi europee in materia di trasporto aereo, una Air Italy che fosse operativa, ma anche Alitalia, per guadagnare denaro dovrebbero alzare i prezzi almeno del 40%, oppure pagare le stesse tasse dei vettori esteri (irlandesi e inglesi in primis). L'unica soluzione per risollevare il comparto è dunque dotarlo di una fiscalità speciale, possibilmente uguale in tutta Europa ma in senso migliorativo.
Tra le scuse con le quali si è cercato di far passare per inevitabile il salvataggio di Air Italy, nei mesi scorsi c'era la vicenda del rinnovo della convenzione per la continuità territoriale. Si trattava di garantire ai sardi l'acquisto di biglietti a prezzo calmierato dallo Stato, operazione che tuttavia nel 2018 (quando in parte il servizio era coperto da Alitalia e Air Italy), aveva portato perdite per 6,5 milioni. Ma oggi, e senza aiuti pubblici, la continuità territoriale di fatto è assolta da EasyJet e Ryanair, mentre con sussidio statale da Alitalia dopo il rinnovo della convenzione. Dunque qualsiasi altro operatore volesse prendersi una fetta del mercato interregionale italiano (che oggi è coperto da Alitalia, Volotea, Ryanair e altre), dovrebbe abbassare i prezzi al punto di rendersi concorrente a chi, invece, ha già da tempo un sistema di flotte mono-aeroplano, piloti che non devono dormire fuori sede e che offre costi tutto sommato accessibili. Non abbiamo quindi altra soluzione se non modificare radicalmente il peso del "fare impresa", anche perché in questa vicenda, pur con tutti i suoi limiti, Enac con Air Italy ha fatto la sua parte, ovvero far rispettare norme europee pubblicate da Easa, l'autorità aeronautica comunitaria. Questo momento storico, con gli effetti della crisi pandemica che hanno messo in ginocchio anche i vettori sani o presunti tali (British Airways con Iberia, Air France-Klm), è perfetto per rinnovare le regole del gioco rivedendo i carichi fiscali e i costosi meccanismi normativi del trasporto aereo, finendo di mettere ordine al comparto come si è cercato di fare imponendo alle low cost straniere di applicare contratti nazionali ai loro lavoratori italiani. Se invece il Governo rispolverasse l'idea di mettere insieme ciò che resta di Air Italy (quasi nulla) con quanto è oggi Alitalia (poco), inevitabilmente si tornerebbe da capo, non sapendo su quali rotte concentrare il traffico, stante che la domanda è fortemente condizionata dalla minaccia di limitazioni alla circolazione delle persone e di lockdown.
Intanto per Air italy si torna a trattare sui licenziamenti al tavolo ministeriale perché i liquidatori, falliti i colloqui con i sindacati, chiedono un intervento del Governo. I ministri del Lavoro, dello Sviluppo economico e dei Trasporti potrebbero accordare altri dieci mesi di cassa integrazione per i dipendenti, azione che però rimanda il problema senza risolverlo, seppure Air italy si sia resa disponibile a pagare l'anticipo del Tfr qualora fossero smaltite le ferie. I sondacati sono contrari ai licenziamenti sostenendo che nel frattempo potrebbero apparire altre possibilità, che però con gli effetti della Pandemia nessun analista riesce a immaginare. Soprattutto perché ci manca da sempre una politica di sviluppo dedicata al trasporto aereo, tanto che la nostra fragilità, unita al masochismo di darsi regole killer come certe norme europee, accettate più per ideologia che per competenza, trasformano un problema aziendale in un disastro nazionale.