Altro che arieggiare: al Policlinico di Milano le finestre sono bloccate
Nell'ambulatorio dell'ospedale milanese dove i pazienti sospetti vanno a fare il tampone non c'è ricambio d'aria. Questo nonostante le raccomandazioni di Oms, Ministero della Salute, Istituto superiore di sanità, Direzione generale della Sanità francese... E persino di Angela Merkel.
Il 29 settembre, Angela Merkel ha sottolineato l'importanza di aprire le finestre in funzione anti-Covid. «È forse uno dei modi più economici ed efficaci per contenere la diffusione del virus» ha detto la Cancelliera tedesca che, da buona laureata in fisica, si è distinta per le sue capacità divulgative in tema di pandemia. Lo stesso giorno, il governo federale tedesco ha ribadito: «Una regolare ventilazione in tutti i locali privati e pubblici può ridurre notevolmente il rischio di infezione».
Il 9 ottobre, in Francia, la Direzione generale della Sanità ha segnalato che «la buona aereazione dei locali è una misura importante per limitare la diffusione del virus negli spazi chiusi». Ma sull'importanza del ricambio d'aria sono intervenuti da tempo anche il ministero della Salute italiano, l'Oms e l'Istituto superiore di sanità.
Ho ripensato alle parole di Frau Merkel stamattina, quando ho portato mio figlio Federico all'ospedale Policlinico di Milano a fare il tampone. Al liceo Parini ha un compagno di classe positivo e per poter tornare a scuola dopo la quarantena deve presentare un test negativo.
Questa mattina a Milano faceva caldo, intorno ai 17 gradi, tanto che siamo andati in via Pace 9 in bicicletta. Di fronte all'ambulatorio tamponi, in cortile, si snodava una lunga fila: c'erano molti ragazzi accompagnati dai genitori e anche qualche bambino. «Perfetto» ho detto a mio figlio. «Essendo all'aria aperta siamo relativamente protetti». A Milano il Covid ha ripreso a colpire duro: 604 i nuovi contagi nella giornata di ieri, con l'indice Rt stabilmente sopra il 2.
La coda nel cortile del Policlinico di Milano per fare il tampone la mattina del 17 ottobre 2020.
Dopo poco più di un'ora, abbiamo raggiunto la porta d'ingresso, che dava su uno di quei grandi corridoi che collegano i vari padiglioni del Policlinico. All'interno, un'altra coda portava a un punto in cui c'erano alcune infermiere. Memore delle parole della Cancelliera, non sono entrata immediatamente nel corridoio. Con mio figlio, abbiamo aspettato il nostro turno fuori. Temevo che qualcuno dietro di noi si lamentasse, ma nessuno ha detto niente.
Poco dopo essere entrati, l'infermiera ci ha consegnato dei moduli da compilare e ci ha mandato nel corridoio successivo. Dopo aver riempito i formulari, ci siamo messi ad aspettare il nostro turno. Guardandomi attorno, mi sono resa conto che in uno spazio non grandissimo c'erano parecchie decine di persone. Tutte potenzialmente infette, molte non rispettavano il distanziamento sociale.
Visto che nel corridoio c'erano parecchie finestre, ho cercato di aprirne una. Niente. Ho provato con un'altra. Anche in quel caso niente da fare. Alla terza ho capito che era impossibile. A quel punto ho visto che nel corridoio successivo c'era una finestra aperta e ci ho trascinato mio figlio. Oltre a noi, non c'era nessuno.
Quando siamo stati chiamati per il tampone, ho intercettato una dottoressa. Bionda, di mezz'età, aveva l'aria un po' tesa. «Mi scusi» le ho detto un po' titubante, «ma una misura chiave per combattere il virus è arieggiare i locali. Qui è tutto chiuso». La dottoressa ha scosso la testa: «Ha ragione, ma le finestre sono bloccate. Se vuole fare reclamo, si rivolga all'Urp».
Se la dottoressa non se ne fosse subito andata, le avrei chiesto se era così difficile chiamare un manutentore a cui fare sbloccare le finestre. Sconsolata, ho telefonato al dottor Andrea Mangiagalli, il leader dei Medici in prima linea con cui Panorama ha organizzato la petizione per chiedere all'Aifa di autorizzare l'uso dell'idrossiclorochina.
Anche Mangiagalli è rimasto sorpreso: «Ma il Policlinico, come tutti gli altri ospedali, ha avuto sei mesi di tempo per prepararsi alla seconda ondata... Avrebbe almeno potuto focalizzare l'attenzione sui punti in cui si raccolgono i pazienti sospetti in attesa di fare il tampone». Allora gli ho chiesto perché è così importante arieggiare le stanze. Ecco la risposta: «Il ricambio dell'aria abbatte il numero di particelle virali eventualmente sospese. In belle giornate come questa, l'effetto dei raggi violetti ha poi un'azione minimamente disinfettante. Per vivere, il Covid 19 ha bisogno di ambienti umidi e i raggi ultravioletti lo inattivano. Il principio è un po' quello delle lampade a raggi Uv usate dai parrucchieri per disinfettare forbici e rasoi».
Conclusione del dottor Mangiagalli: «Se andiamo avanti così, sarà molto difficile vincere la battaglia contro il Coronavirus. Sono i singoli dettagli a fare la differenza. E il virus, come il diavolo, si nasconde nei dettagli».