Nessuna sorpresa; Macron viene rieletto (ma perde un milione di voti)

Alla fine non ci sono state sorprese. Emmanuel Macron è stato rieletto presidente. Negli scorsi giorni, i sondaggi avevano del resto dato avanti l’inquilino dell’Eliseo al ballottaggio, mentre Marine Le Pen si è ritrovata probabilmente azzoppata (anche) da una scarsa performance durante il dibattito televisivo di mercoledì: una performance che ricordava quella –altrettanto deludente– da lei registrata nel 2017. Un fattore, questo, che suscita forti dubbi sull’effettiva volontà della leader del Rassemblement National di arrivare alla presidenza francese. Certo: queste elezioni hanno confermato che la Francia ha un elettorato di destra numericamente significativo. Ma se tale elettorato non riesce a compattarsi e non trova una leadership adeguata –una leadership, cioè, che si prepari seriamente a governare– continuerà a restare inesorabilmente fuori dai giochi.

Macron si avvia insomma a un secondo mandato. Ciononostante ha ben poco da cantare vittoria. L’affluenza ha registrato cifre bassissime: un simile record negativo al secondo turno non si verificava assai probabilmente dalle presidenziali del 1969. Un dato, questo, che evidenzia l’impopolarità dell’attuale presidente. Non è un caso che, appena lo scorso 31 marzo, Politico fotografava un tasso di disapprovazione per lui del 54%. Non dimentichiamo d’altronde che, in questi cinque anni, le sue politiche hanno presentato dei significativi limiti: dai problemi nella gestione della sicurezza alle gravi tensioni socioeconomiche, passando per una politica estera fondamentalmente velleitaria e, in alcuni casi, addirittura fallimentare (si pensi solo ai disastri in Mali o al vano protagonismo diplomatico nella crisi ucraina). La vittoria di Macron dipende insomma più dagli errori e dalle divisioni degli avversari che da meriti propri. La sua presidenza si avvia quindi ad essere piuttosto debole nel contesto più generale di una classe politica – quella francese – che mostra sempre più evidenti segnali di crisi.

E attenzione anche ad un altro errore. La riconferma del presidente francese ha già scatenato alcuni settori politici italiani che inneggiano alla vittoria dell’europeismo e dell'atlantismo. Eppure bisognerebbe andarci piano con simili giudizi. Siamo realmente sicuri che la rielezione di Macron sia un’ottima notizia per l'Ue e per le relazioni transatlantiche? Non è affatto detto. Certo: i principali rivali di Macron proponevano alcune tesi notevolmente controverse (Zemmour e Melenchon volevano uscire dalla Nato, mentre la Le Pen si è mostrata troppo ambigua sulla Russia). Tuttavia, dall’altra parte, associare Macron a europeismo e atlantismo lascia francamente un po’ perplessi. Innanzitutto, Macron non ha mai effettivamente mostrato alcuna solidarietà europea (soprattutto nei confronti dell’Italia), concependo sostanzialmente l’Ue come un amplificatore degli interessi nazionali francesi: una strategia, questa, che ha cercato di far leva su Brexit e sull’uscita di scena di Angela Merkel. In secondo luogo, Macron – nei fatti – ha spesso remato contro l’Alleanza atlantica. Nel 2019 la definì “in stato di morte cerebrale”, mentre non ha mai concretamente spiegato come le sue idee di difesa e autonomia strategica europee dovrebbero armonizzarsi con la stessa Nato. Tutto questo, senza dimenticare che è sotto la sua presidenza che i rapporti tra Francia e Stati Uniti hanno raggiunto probabilmente il punto più basso da svariati decenni a questa parte: qualcuno si ricorda la crisi dei sottomarini dello scorso settembre?

Anche sulla Russia poi c’è qualcosa da dire. Si è molto parlato della (indubbia) ambiguità di Marine Le Pen nei confronti di Mosca. Tuttavia, dall’altra parte, non è che, in questi cinque anni, Macron abbia nei fatti tenuto chissà quale linea dura verso il Cremlino. Certo: l'attuale inquilino dell'Eliseo ha condannato l'invasione dell'Ucraina. Tuttavia Disclose ha riferito che la Francia ha continuato a vendere armi alla Russia fino al 2020, mentre fu Macron – appena lo scorso gennaio – a invocare un “nuovo ordine di sicurezza” da negoziare con Mosca, irritando i Paesi dell’Est Europa (e probabilmente gli stessi Stati Uniti). Per non parlare della Libia, dove l’attuale presidente francese ha spalleggiato per diverso tempo il generale Khalifa Haftar: figura a sua volta sostenuta proprio dalla Russia. La verità è che Macron – come tutti i suoi predecessori all’Eliseo – ha sempre puntato a indebolire le relazioni transatlantiche, con l’obiettivo di vedere un’Europa occidentale progressivamente sotto la leadership francese. Strategia velleitaria e pericolosa: la Francia è infatti sempre più un gigante dai piedi d’argilla e queste mosse rafforzano indirettamente Mosca e (soprattutto) Pechino. Quella stessa Pechino con cui Parigi ha rafforzato i legami commerciali proprio con Macron nel 2019: quell’anno, il presidente francese siglò infatti ben 40 accordi con la Repubblica popolare. I macroniani nostrani, notoriamente avvezzi a distribuire patenti di atlantismo a chicchessia, queste cose non le sanno? Quegli stessi macroniani nostrani che sono sempre in prima fila nel riempirsi la bocca di diritti e liberaldemocrazia, ma che adesso fingono di dimenticare che, nel 2020, il loro beniamino d'Oltralpe conferì la Legion d'Onore al presidente egiziano, al-Sisi.

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