39 sottosegretari per Draghi e per far contenti (più o meno) tutti

Nove giorni di trattative (soprattutto interne ai partiti), tre ore di Consiglio dei Ministri ad alta tensione, la conoscenza perfetta del Manuale Cencelli. È quanto servito, assieme a tanta pazienza, al neo premier Draghi per comporre la squadra di sottosegretari del suo esecutivo. Una squadra che per poter accontentare tutti i partiti e le loro correnti interne, è arrivata quasi al numero massimo previsto: 39. Le divisioni sono state fatte con il bilancino: 11 al Movimento 5 Stelle, 9 alla Lega, 6 rispettivamente a Forza Italia ed al Pd, 2 di Italia Viva, uno ciascuno per Centro Democratico, Leu e +Europa.

Stupisce la conferma a Vice Ministro della Salute per Pierpaolo SIleri e non tanto perché ci si aspettasse un altro nome, tutt'altro, ma per il fatto che questo nuovo governo ha alla fine confermato il triumvirato Arcuri-Speranza-Sileri, gli uomini in prima linea del Conte-Bis contro la lotta alla pandemia (con tutti i problemi, errori, sprechi di cui erano stati responsabili).

Per il resto ogni singolo partito può cantare vittoria: i grillini hanno visto accontentate entrambe le loro anime, le filo governative ma anche quelle contro Draghi. La Lega ha ottenuto un'altra poltrona di peso, portando Molteni al Viminale accanto a Luciana Lamorgese, per far pesare il più possibile le posizioni saliniate sugli sbarchi, ad esempio. Il Pd, dopo le polemiche sulla composizione della squadra di ministri tutta al maschile ha lasciato ampissimo spazio alle quote rosa. Forza Italia invece, dopo le polemiche interne sui ministri (soprattutto Brunetta e Carfagna considerate anime ribelli ad Arcore) si è affidata ad uomini più in linea con il partito (su tutti, Giorgio Mulé alla difesa). Matteo Renzi alla fine non è riuscito a piazzare Maria Elena Boschi nell'esecutivo; un nome ancora troppo scomodo. Al suo posto il due riconfermato Bellanova-Scalfarotto.

Ci sono poi due notazioni politiche che vanno sottolineate: la prima è la scelta di un non politico (l'unico quindi elemento «tecnico») per la delega ai Servizi Segreti, affidata al Prefetto Gabrielli, già Capo della Polizia. La seconda è che ancora resta vuota la casella della delega allo Sport. Qualcuno sperava nel M5S nella riconferma di Spadafora, il Ministro che ammise nel giorno della crisi di governo, di «non sapere nulla di Sport».

Questo quanto, per un governo che doveva cambiare tutto ma che alla fine sembra sempre più targato Prima Repubblica.

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