Arranca il 5G, ma grazie ai militari potremo avere il 6G entro quindici anni

Mentre nell’autunno che sta per arrivare vedremo diventare più popolari le comunicazioni 5G, ai militari serve ormai il 6G e per questo, il 2 agosto, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (DoD) ha dichiarato di aver impegnato 1,77 milioni di dollari per la cooperazione tra industria e università per lo standard Open 6G, che rappresenterà la base per lo sviluppo, le prove e l'integrazione della prossima generazione delle reti di radiocomunicazione aperte. Fino a oggi il DoD si è assicurato circa 338 milioni di dollari per il 5G e ne ha richiesti 250 per l'anno fiscale 2023.

Tra i fondi previsti e quelli straordinari dettati dall’evoluzione delle minacce informatiche degli ultimi dieci anni, nel 2020 il Dipartimento aveva annunciato un investimento di 600 milioni di dollari nei test 5G concentrati in una manciata di installazioni militari statunitensi. Ora il nuovo progetto rientra nel programma “Innovate Beyond 5G” ed è gestito direttamente dal sottosegretario alla Difesa per la ricerca e l'ingegneria. “Il Dipartimento della Difesa ha un interesse vitale nel far progredire le tecnologie wireless 5G-to-NextG e le sue dimostrazioni concettuali”, ha dichiarato Sumit Roy, direttore del programma, che spiega: “Questi sforzi rappresentano i nostri continui investimenti attraverso la collaborazione del settore pubblico e privato sulla ricerca e lo sviluppo di tecnologie abilitanti critiche per le comunicazioni oltre il 5G, che consentiranno di realizzare operazioni di rete ad alte prestazioni, sicure e robuste, per l’ambiente di combattimento”.

A lavorare direttamente a Open 6G è il Kostas Research Institute della Northeastern University di Bedford, Massachusett, insieme al Laboratorio di ricerca dell'esercito americano. Il lavoro sarà ospitato presso l'Institute for Wireless Internet of Things dell'università, centro specializzato in comunicazioni ad alte prestazioni, intelligenza artificiale, machine learning e sistemi aerei senza pilota sia per uso civile sia militare. Riguardo le prestazioni, quando si parla di 6G si intendono sistemi in grado di trasmettere alla velocità di un Terabit (1000 Gigabit al secondo), un salto di tre ordini di grandezza rispetto a quanto si possa fare oggi.

Il Dod investe da anni nel 5G per comprenderne le potenzialità oltre l’uso commerciale; tuttavia, le infrastrutture sono oggi ritenute costose, invasive, difficili da implementazione e generatrici di problemi di sicurezza informatica. Una nuova generazione potrebbe risolvere in parte queste criticità e come avvenne per il Gps, le ricadute commerciali dovranno essere superiori all’investimento fatto, sia per il mercato militare, sia per quello civile. E secondo gli analisti il 6G porterà un mercato di quasi 1.800 miliardi di dollari entro il 2035.

Ma al momento quasi la metà dei brevetti internazionali sul 6G appartengono ai cinesi, che dal 2020 hanno in orbita il satellite 6G Tianyan 05, mentre il 30% è legato a ricerche americane e circa il 10% delle tecnologie è giapponese. Le Forze armate di tutto il mondo hanno finora accolto e promosso il 5G come mezzo per migliorare i collegamenti sul campo di battaglia e trasmettere informazioni vitali, oggi il cardine di ogni sistema di comando e controllo. A livello civile, oggi nel mondo soltanto l’11% degli utenti di telefonia mobile usa il 5G, mentre la stragrande maggioranza delle comunicazioni consumer utilizza ancora reti e apparati 2G-3G, considerando che la velocità di dati ricevuti e trasmessi tra l’uno e l’altro sistema è stata moltiplicata per circa 50 volte, fatto che ha consentito di passare dall’invio di un messaggio di posta elettronica alla navigazione sul web da mobile.

L’Europa, e in particolare l’Italia, è mediamente più avanti della media con oltre il 90% di apparati che funzionano sulle reti 3G e 4G e con l’evoluzione di quest’ultima (4.5G). Ma le reti 5G italiane stanno funzionando con connessioni di circa 200 Mbps quando il colosso Qualcomm (Usa) ha già dichiarato di poter raggiungere i 10Gbit (un salto di altre 50 volte). Significa che un vero e proprio 5G in senso prestazionale in Italia ancora non è fruibile a livello popolare, e stante la necessità di installare antenne e sistemi per creare l’infrastruttura, difficilmente lo potremo usare appieno prima di tre anni. Ma all’arrivo del 6G, cose finora viste al cinema come la presenza in ologramma, oppure la guida autonoma dei veicoli terrestri e aerei potrà concretizzarsi e costituire lo standard. Anche se l’inseguimento della Cina comporterà giocoforza dover rivedere i programmi europei del settore telefonia, che risultano troppo lenti e farraginosi per potersi dimostrare competitivi.

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