I 70 anni della Repubblica e l'Italia del 1946

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Le prime pagine dei quotidiani celebrano la nascita della Repubblica Italiana
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Bimbi per strada con una copia de "L'Unità" con i risultati del referendum del 2 giugno 1946.
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Manifesto di propaganda a favore della Repubblica. Maggio 1946
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La scheda elettorale del referendum del 2 giugno 1946
Francobollo emesso dall'amministrazione alleata per la promozione turistica della Sicilia.
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Un bimbo ospite di un orfanotrofio nutrito con una razione dell'UNRRA nel 1946.
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Guardie armate al porto di Civitavecchia a protezione di un carico di farina per evitare episodi di contrabbando e borsa nera. Marzo 1946.
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La ricostruzione del Teatro alla Scala nell'aprile 1946. sarà inaugurata dal Maestro Toscanini poco prima dell'esito del referendum.
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Panorama della Milano del 1946. Il trenino delle macerie e un tram ancora privo dei vetri. La miseria fece da sfondo al referendum
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Il socialista Giuseppe Romita, ministro dell'Interno, legge i risultati del referendum all'indomani dello spoglio delle schede a Montecitorio
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2 giugno 1946. L'ultimo re d'Italia Umberto II vota al referendum che sancirà la fine della monarchia.
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Giugno 1946: i Carabinieri, svincolati dal giuramento al re, lasciano il Quirinale mentre la polizia occupa la sede monarchica.
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Vittorio Emanuele Orlando apre i lavori dell'Assemblea Costituente.
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il primo corteo del Presidente provvisorio dello Stato Enrico De Nicola. 28 giugno 1946.
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Benedetto Croce, Liberale e monarchico con Enrico De Nicola, primo Presidente provvisorio della Repubblica
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Una scena di Sciuscià (1946) di Roberto Rossellini, padre del neorealismo italiano
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La ricostruzione della copertura della stazione Centrale di Milano, distrutta dai bombardamenti
Enzo Barbieri, rappresentante della mala milanese a capo della rivolta del carcere di S.Vittore del 21 aprile 1946 nota come la "Pasqua rossa"
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Rina Fort, la "saponificatrice". La serial killer che riempì le cronache per la serie di omicidi compiuti nel 1946.
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Marzo 1946. Manifesti filotitini nella Trieste della zona "B" amministrata dai sovietici. I Triestini furono esclusi dal voto del 2 giugno
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Alcide De Gasperi. Segretario della DC, primo ministro e capo ad Interim dello Stato nei giorni successivi al referendum
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Palmiro Togliatti durante un comizio a Roma.
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7 luglio 1946. Il primo Giro dell'Italia repubblicana è vinto da Gino Bartali
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Il pugile Primo Carnera testimonial degli aiuti della Croce Rossa Internazionale fotografato nel maggio del 1946
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Guglielmo Giannini, fondatore del Fronte dell'Uomo Qualunque, primo esempio di formazione antipartitica nata con la Repubblica.
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Il titolo del "Corriere della Sera" il giorno seguente ai risultati del referendum
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Copertina allegorica de "Il Travaso" sul referendum del giugno 1946
La formazione della Sampdoria, nata nel 1946 dalla fusione della Sampierdarenese con l'A.Doria
Il Grande Torino, campione d'Italia nel primo campionato del dopoguerra, quello del 1946-47
Ufficio Stampa Quirinale
La prima bozza del nuovo simbolo della Repubblica Italiana
Ufficio Stampa Quirinale
La seconda bozza tra i disegni in concorso nel 1946
Ufficio Stampa Quirinale
Il logo definitivo della Repubblica Italiana
Ufficio Stampa Quirinale
Il professor Paolo Paschetto, insegnante di Belle Arti. Suo il bozzetto che diventerà il simbolo definitivo della Repubblica Italiana dal 1948.

Era il 25 giugno del 1944 quando Umberto di Savoia, Luogotenente del Regno d'Italia , aveva firmato di suo pugno il Decreto 151 che stabiliva la scelta popolare della forma istituzionale italiana per mezzo di un referendum. Appoggiato in toto dagli Americani, Alcide De Gasperi fu il più convinto promotore del voto popolare, come garanzia contro l'ingerenza dei partiti a loro volta spaccati tra monarchici e repubblicani.

Il dibattito referendario si svolse in un'Italia allo stremo, prostrata dagli esiti di una guerra persa. Distrutta nel tessuto industriale, affamata dal carovita, distrutta dai bombardamenti. 

Così come era stato diviso durante i 600 giorni di Salò, il Paese si ritrovava nuovamente tagliato in due dalla scelta tra Repubblica e monarchia. Fu soprattutto al Sud che la casa Savoia trovò il maggior numero dei suoi sostenitori, soprattutto per la continuità istituzionale rappresentata dall'effimero Regno del Sud nato durante l'avanzata alleata nella penisola. Al Nord invece, l'esperienza resistenziale fece la differenza. I governi locali in mano al CLN, a forte dominanza comunista, avevano espresso chiaramente la loro avversione alla monarchia, rea di aver lasciato soli gli italiani nell'ora più grave e alleata del fascismo. Gli Alleati erano a loro volta divisi sul futuro istituzionale dell'ex nemico. Se gli Americani avevano fin dall'inizio appoggiato la soluzione repubblicana, gli Inglesi per voce di Churchill si erano pronunciati a favore della continuità monarchica al fine di evitare la possibile caduta dell'Italia verso la deriva socialista, fatto che in quelle ore stava accadendo sulle montagne della Grecia. La sconfitta del primo ministro britannico alle elezioni politiche fece sì che la casa Savoia perdesse buona parte del sostegno internazionale. 

Alla vigilia del voto a suffragio universale, l'unico partito tra quelli nati dalla resistenza a schierarsi per la monarchia fu il Partito Liberale dominato dal pensiero di Benedetto Croce, mentre la Democrazia Cristiana era il partito più diviso al suo interno dalla scelta del referendum. Sotto la guida di De Gasperi, il partito mantenne una sostanziale neutralità lasciando libertà di coscienza ai suoi elettori. La scelta fu dovuta anche al fatto che i democristiani erano da una parte pressati dagli Americani, decisamente a favore della Repubblica e dall'altra legati al Vaticano. La Chiesa, seppur vedesse con timore la possibile vittoria comunista in caso di vittoria repubblicana, non aveva mai avuto un rapporto privilegiato con i Savoia sin dai fatti del 1870. Il Concordato del 1929 era stato siglato con l'Italia fascista e la Real Casa aveva avuto un ruolo sostanzialmente marginale. 

Il referendum fu fissato per domenica 2 giugno 1946, in concomitanza con le elezioni politiche per l'Assemblea Costituente. Il mese precedente il vecchio re Vittorio Emanuele III aveva ufficialmente abdicato in favore del figlio Umberto, nel tentativo estremo di recuperare la credibilità dei Savoia perduta negli ultimi due anni di guerra. Alle urne si recò l'89% degli aventi diritto, pari ad oltre 24 milioni di Italiani e Italiane, esclusi quelli ancora sotto l'amministrazione alleata o sovietica come Trieste e l'Istria, oltre che ai prigionieri di guerra. Gli esiti, divulgati nei giorni successivi all'apertura dei seggi il 2 e 3 giugno, videro una vittoria della Repubblica per 2 milioni di voti, un margine più stretto di quanto previsto.  Le schede erano state spogliate a Montecitorio alla presenza della Cassazione e degli Alleati. 

I problemi più gravi avvennero all'indomani della votazione quando la Cassazione, ancora alle prese con le schede nulle, si comportò ambiguamente. Pur avendone dichiarato il vantaggio, la Repubblica non fu istituita con effetto immediato. La carica di capo provvisorio dello Stato fu affidata al primo ministro Alcide De Gasperi, decisione che fece urlare i monarchici all'incostituzionalità e al broglio. Lo stesso Umberto II protestò vivamente e a Napoli, città a schiacciante maggioranza monarchica, scoppiarono gravi tumulti repressi con le armi dalle forze dell'ordine. I morti furono 9 e i feriti 150. 

Il 13 giugno il Re di maggio si imbarcava a Ciampino su un volo diretto in Portogallo, sciogliendo definitivamente i rappresentanti dello Stato dal vincolo del giuramento al re. Dopo aver inteso dagli Americani che questi non lo avrebbero protetto neppure in caso di minaccia diretta alla propria incolumità, Umberto II e la Casa Sabauda sparirono definitivamente dall'assetto istituzionale del Paese. Italia che aveva scelto di rendere vero il sogno di Mazzini e Cavallotti ancora una volta nettamente divisa in due.

Il 18 giugno 1946 la Cassazione respingeva i reclami giudiziari dei monarchici e 10 giorni dopo veniva nominato dall'Assemblea Costituente il Presidente provvisorio della neonata Repubblica, Enrico De Nicola.

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