Lifestyle
November 28 2014
Prendete tre delle vette più leggendarie del Vecchio Continente – Monte Rosa, Monte Bianco e Breithorn –, da scalare senza l’aiuto di impianti, e poi aggiungete una discesa adrenalinica a metà tra lo sci e il volo in parapendio. Ecco spiegata in poche parole l’impresa compiuta da Aaron Durogati nel Red Bull Peaks Trilogy, la sfida creata appositamente da Red Bull per mettere alla prova le capacità tecniche e la passione del 28enne sciatore, ma anche alpinista, e campione del mondo di parapendio. A lui chiediamo com’è andata…
Aaron, com’è nata l’idea di una sfida che unisse alpinismo, sci e parapendio, su tre delle montagne più alte d’Europa?
“L’idea mi è venuta durante una tappa della “Red Bull x alps, che partiva da Salisburgo con traguardo a a Montecarlo. Attraversando la Svizzera e scendendo montagne come il Cervino e il Monte Bianco, dal quale ho fatto un volo di 220 chilometri, ho cominciato a fantasticare che non sarebbe stato male discenderli in speed riding…”.
Speed riding?
“In pratica è la disciplina che unisce sci e parapendio. A dire il vero in questo caso la vela è più piccola (8 metri quadri contro i 23 di quella per il parapendio) e quindi permette di volare molto meno e sciare dove la montagna non presenta rocce o crepacci. La cosa veramente difficile è proprio riuscire a rimanere a contatto con la neve e sciare. Serve un grande allenamento”.
Come fai a capire quando sciare e quando “volare”?
“E’ tutta una questione di linee di discesa. Se arrivo in un punto, magari un crepaccio, in cui non si può sciare utilizzo la portanza della vela e mi alzo in volo. In caso contrario invece la tecnica di sci è quella dello sci fuoripista ma ti devi coordinare con la vela, e quindi far andare le mani in maniera indipendente rispetto alle gambe”.
E decidi tutto al momento?
“Governare la vela è abbastanza è intuitivo: giri a destra e lei va destra e coì via. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi. Prima della discesa si studiano le mappe, così da arrivare il più preparati possibile, ma durante la discesa devi saper improvvisare e adattarti in funzione del vento, della luce, delle condizioni della neve, ecc..”.
E’ pericoloso?
“La velocità di discesa è molto elevata, anche oltre i 100 all’ora quando vado a mani alte, ovvero diminuendo al minimo la resistenza della vela. Anche per questo non posso dire che è lo speed riding sia lo cosa più sicura del mondo, però io me lo sento cucito addosso”.
Come hai fatto a prepararti per una disciplina così particolare?
“Diciamo che è stata la mia vita ad allenarmi. Per tanti anni sono stato maestro e poi allenatore di sci, e da quando ne avevo quindici, grazie alla passione di mio padre, sono stato in grado di uscire da solo con il parapendio. E poi se non avessi fatto parte del gruppo alpino di Merano, la città dove sono nato, non sarei stato in grado di raggiungere la vetta di montagne del genere”.
Sì perché prima della discesa c’è la salita, senza elicottero o altri mezzi artificiali…
“Tutte le salite le ho fatte io, da solo, salendo dal fondo valle fino in cima senza l’aiuto di impianti o di elicotteri. D’altra parte lo spirito della sfida era proprio questo: mettere l’uomo al centro di tutto”.
Cosa ti è rimasto di questa esperienza?
“La partenza è sicuramente il momento più emozionante perché finche la vela non si gonfia può succedere di tutto e l’adrenalina è davvero mille. Sul Monte Rosa e sul Monte Bianco la discesa iniziava in maniera molto dolce per poi diventare una parete verticale di oltre 200 metri. Del Breithorn invece ricorderò sempre la consistenza della neve di giugno, troppo bella da sciare, e che mi faceva sorridere a ogni curva”.
Hai già in mente qualche nuova impresa per il futuro?
“Al momento a dire il vero sto recuperando da un piccolo incidente e quindi sono concentrato sul rimettermi in forma. Però sono sicuro che qualche idea mi verrà”.
Magari in volo…
“Esatto”.